Il momento del decollo di American Magic ripreso in diretta dalla telecamera di bordo

Il momento del decollo di American Magic ripreso in diretta dalla telecamera di bordo

Cicho Cicchetti, il capsize di American Magic vissuto da bordo

Sport

26/01/2021 - 10:11

Di nazionalità argentina, Maciel “Cicho” Cicchetti vive da ormai molti anni sul lago di Garda, ha doppio passaporto e possiamo considerarlo a tutti gli effetti italiano. Ha preso parte due America’s Cup, entrambe su Mascalzone Latino, tre volte alla VOR su Telefonica, Vestas e Brunel. Nella classe TP52 ha regatato e vinto come regolatore del fiocco su Azzurra per passare poi nel 2019 sull’americana Quantum racing, in preparazione a questa sfida di Coppa come trimmer e grinder di American Magic.

Pressmare.it lo ha raggiunto telefonicamente in Nuova Zelanda, per avere la testimonianza diretta della drammatica scuffia che ha fatto il giro del web.

Sappiamo che nessuno si è fatto seriamente male, possiamo immaginare che qualche contusione ci possa essere stata, puoi confermare che tu e i tuoi compagni stiate tutti bene?
Si si, è stata una scuffia brutta, la peggiore che ci è capitata sinora, ma nessuno si è fatto male per fortuna. Siamo rimasti sott’acqua pochi attimi, in meno di 30 secondi eravamo tutti già passati sotto la randa e fuori dal lato di poppa, me compreso visto che lavoro sul lato sinistro, quello sommerso. Va detto che con il 38 piedi (The Mule, la barca laboratorio con la quale il team si è allenato prima che venisse varato il primo AC75) ci siamo ribaltati più volte, queste barche sono come grandi derive, sempre al limite, anche se con un AC75 le conseguenze all’attrezzatura sono molto più importanti che su un 49er. Questa volta una raffica molto forte ha complicato la dinamica della manovra, abbiamo perso il timone e non c’è stato più nulla da fare.

Cosa ti è passato per la testa in quei momenti concitati e in quelli immediatamente successivi?
La testa del regatante è programmata per capire in frazioni di secondo come reagire al meglio, non si hanno grandi emozioni, si continua usare la testa, il raziocinio deve prevalere sull’emotività, ci addestriamo per questo. Immediatamente dopo si pensa a mettere tutti e tutto al sicuro, controllare che nessuno si sia fatto male, ci siamo subito contati. Poi si passa alla procedura per raddrizzare la barca ma abbiamo faticato perché c’era la via d’acqua, normalmente non è difficile, come si è potuto vedere con la recente scuffia dei neozelandesi.

Quando vi siete resi conto della via d’acqua?
Lo sapevamo da subito, meno di un minuto dopo la scuffia un nostro gommone di sicurezza ha trovato un pezzo di carbonio galleggiante, ma non pensavamo che la falla fosse così grossa. Riteniamo sia un cedimento strutturale, nessuna barca da regata sarebbe in grado di sostenere un colpo del genere, sono 6 tonnellate che cadono da 5 metri d’altezza in un punto dove non è previsto si debbano verificare stress del genere.

Tu hai già vissuto un altro naufragio importante, quello di Vestas alla VOR, quale è stato peggio?
Sono due situazioni molto diverse, qui il nostro obiettivo prioritario era di non perdere la barca, ci siamo riusciti grazie anche all’assistenza esterna. Dal punto di vista della sicurezza devo dire di non aver mai pensato di rischiare la vita, bastava tuffarsi in mare e venir recuperati da un gommone. Invece con Vestas eravamo soli, la barca persa e arenata su uno scoglio sperduto nell’oceano, e dovevamo fare attenzione anche agli squali.

Perché non è stato subito abbassato il foil sopravento per raddrizzarla?
Perché essendo entrata acqua le batterie sono andate fuori uso. Abbiamo tentato di farlo manualmente, avrete visto nelle immagini un membro dell’equipaggio che apriva un boccaporto per entrare e tentare la manovra.

Farete delle modifiche alle procedure di sicurezza dopo questa esperienza?
No non credo, nessuno di noi quattro membri dell’equipaggio che siamo rimasti sott’acqua ha avuto problemi, per cui non c’è nulla da modificare, al massimo da migliorare sulla base dell’esperienza. Per esempio, attaccarsi a un respiratore quando il ritmo cardiaco è così alto, come alla fine di una regata, non è un’azione scontata. In ogni caso due giorni dopo siamo tornati a ripetere in piscina gli esercizi di sicurezza, perché essere preparati e avere protocolli da seguire è fondamentale, si tratta di un insegnamento importante da portare a tutti i velisti, non solo a chi fa regate ma anche ai crocieristi.

Come mai non si è scelta la boa di dritta che avrebbe permesso una manovra con la sola poggiata?
Sono scelte tattiche, è stata presa una decisione ed è stata mantenuta come abbiamo sempre fatto in questi tre anni di allenamento.

Il sailing team è attualmente coinvolto nelle riparazioni?
Qualcuno dei velisti a bordo dotato di competenze specifiche aiuta lo shore team, ma il resto sta andando avanti con il planning di sviluppo, anche se la pianificazione è stata necessariamente modificata…

Quale è la tua opinione personale sugli avversari diretti, Luna Rossa e Ineos Team UK?
Siamo tutti molto vicini, tutti stiamo imparando. Abbiamo potuto confrontarci in pochissime regate e ogni giorno si imparano molte cose. Avremo una sfida contro uno di loro nelle semifinali, rispettiamo entrambi ma siamo convinti del nostro potenziale.

Pensi che ETNZ mantenga un grosso vantaggio sul vincitore della Prada Cup, il Challenger?
Loro sono i Defender e saranno difficili da battere, come sempre. Sicuramente hanno fatto un gran lavoro con entrambe le barche, a vantaggio dei Challenger, invece, poter regatare tra noi permette di accelerare lo sviluppo.

Nonostante questo incidente, saresti contento se l’America’s Cup restasse con queste barche o preferiresti un ritorno a qualcosa di più tradizionale?
Qualsiasi tipo di barca in un contesto così tecnologico e innovativo come la Coppa va bene, gli AC75 sono davvero molto complessi ma bellissimi. Più in generale il foil è spettacolare e c’è ancora tanto da sviluppare, penso che il futuro sarà più volante che dislocante.

Vuoi aggiungere altro in conclusione alla nostra chiacchierata?
Si, come ha già fatto pubblicamente Terry, anche io vorrei ringraziare una volta ancora tutti per il supporto ricevuto. Senza la presenza dei gommoni di tutti gli altri team, della Guardia Costiera e dei pompieri di Auckland, avremmo dovuto recuperare la barca dal fondo del mare.

Giuliano Luzzatto
@gluzzatto

PREVIOS POST
La partenza di Msc Grandiosa: Imbarcate circa 90 persone a Civitavecchia
NEXT POST
Tre moschettieri alla conquista del Vendée Globe