La rotta della Golden Globe Race 2018

La rotta della Golden Globe Race 2018

Golden Globe Race: la vela avventurosa senza età né tecnologia

Sport

11/02/2019 - 13:56

Con l’arrivo di un robusto settantaquatrenne a Les Sables d’Olonne, dopo 211 giorni 23 ore e 12 minuti di mare, la G.G.R. 2018 ha trovato un vincitore. Jean-Luc van den Heede, nato l'8 giugno 1945, francese nonostante il cognome, è un famoso personaggio della vela d’altura. Professore di matematica, vincendo la Golden Globe Race 2019 ha completato il suo sesto giro del mondo. Detiene fra l’altro il record di velocità in solitario nel giro del mondo a vela in senso orario (controvento).

Questa in estrema sintesi la regata: diciotto skipper e diciotto vele dall’Europa al Sudafrica, da lì verso l’Australia, e fino a capo Horn, in Sud America, poi via di nuovo verso l’Europa. 25.000 miglia nei mari più agitati a 5 nodi di media, circa. Due terzi dei concorrenti si sono ritirati, gli immancabili incidenti non sono stati per fortuna gravi, ma un terzo ce l’ha fatta o ce la farà a breve.

La caratterizzazione maggiore della Golden Globe Race sta però nell’essere un giro del mondo in solitario, in modalità “vintage”.

Nel 1968 Sir William Robert Patrick "Robin" Knox-Johnston vinse una regata simile organizzata dal Sunday Times. Nel 2018, in suo onore, si è ripetuto lo stesso percorso con barche ed equipaggiamento simili a quelli del Suhaili, la sua barca di cinquant’anni fa, consegnando alla storia un modo di andare per mare avventuroso e spontaneo, come era quello dei maestri Joshua Slocum, Bernard Moitissier o lo stesso Robin.

Bisogna fare qui una parentesi climatologico/geografica: soprattutto nell’oceano meridionale i famosi “westerlies”, venti di ponente, sono solo una favola. In realtà nel largo canale tra l’antartico e i tre capi, le perturbazioni e le alte pressioni si alternano creando venti poderosi, spesso in direzione nord sud. È solo al margine settentrionale di queste masse d’aria che troviamo i ricercati venti da ponente. Correndo verso levante in questi condizioni, conoscere che tipo di aria ci raggiungerà fa la differenza.

La Golden Globe Race proibisce l’aiuto meteo esterno, proprio mentre i “meteo consiglieri” cioè i routier, stanno diventando delle vere e proprie star delle corse in quei mari, consentendo al concorrente che riesce a disporsi al meglio rispetto alle depressioni, di vincere la regata. Insomma, poter predire il meteo con l’attuale tecnologia dà una mano determinante allo skipper, che lo può mettere nella condizione di correre col vento in poppa, mentre gli avversari fanno più miglia in condizioni peggiori e, magari col vento e mare al traverso, rischiando molto di più.

Anche per questo, bisogna sottolineare quanto sia comunque elevato il rischio in questo tipo di regate. L’epopea delle corse oceaniche è, infatti, punteggiata di incidenti, disalberamenti, scuffie e qualche volta appare anche dalla lugubre sigla L.A.S. (lost at sea).

Ma torniamo alla G.G.R. regata vintage. Per quanto l’idea potesse sembrare semplice, il comitato di regata ha dovuto risolvere diversi problemi. Primo tra tutti quali sono le barche e gli uomini che possano confrontarsi con una sfida come questa. Le barche debbono essere a chiglia lunga e, progettate prima del 1988, debbono trovarsi in “a southern ocean seaworty state”, cioè in uno stato di “marinità” tale da poter affrontare l’oceano meridionale, mentre 8.000 miglia di oceano a vela è l’esperienza minima richiesta agli skipper.

La lista delle cose vietate è lunga e spietata, ma fa specie il fatto che a bordo non ci potessero essere dispositivi elettronici, né materiali “esotici” (kevlar, carbonio, spectra, Vectran), tantomeno il sartiame in tondino. Un “safety pack”, che conteneva l’elettronica di emergenza, era a bordo, ma usandolo si sarebbero infrante le regole e si era costretti al ritiro, bussola, sestante e compasso gli unici strumenti concessi per fare la rotta.

Michele Ansaloni

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