Jeanneau Sun Odyssey 410

Jeanneau Sun Odyssey 410

Jeanneau Sun Odyssey 410, l’evoluzione della barca a vela da crociera

Barca a vela

22/05/2019 - 14:42

I velisti più… velisti, quelli che «in barca a vela si fa fatica, si girano le maniglie e si regolano le vele senza abbittare mai una scotta», storceranno un po’ il naso appena a bordo del Sun Odyssey 410. Con buona pace di questa esigua (ma rumorosissima) minoranza, però, le scelte messe in atto per la coperta dell’ultima creatura di Jeanneau destinata alla crociera pura, vanno a vantaggio di tutta l’altra schiera di diportisti che, non ci dimentichiamo, per la maggior parte sfruttano le opportunità del charter o comunque navigano un numero limitato di giorni. Preferiscono quindi la comodità e la praticità d’uso alle regolazioni raffinate ma complesse e spesso poco percepibili su una barca che non ha come fine ultimo le prestazioni.

Detto in altri termini, Jeanneau, ha chiesto al designer Marc Lombard, molto attivo con progetti destinati a regate oceaniche, di impostare 12 metri in modo che anche chi è meno esperto si senta al sicuro e si diverta a navigare a vela. E questo è un vantaggio se porta un crocerista in più su una barca a vela invece che su un mezzo a motore, almeno in termini di emissioni nell’atmosfera. Lo scafo ha la caratteristica di avere un baglio massimo molto avanzato, circa all’altezza delle lande, soluzione che oltre a dare stabilità di forma aumenta anche i volumi interni.

Comunque, dal punto di vista velico il Sun Odyssey 410 è una barca abbastanza leggera e non molto invelata. Ciò comporta che le manovre siano più leggere da gestire perché gli sforzi sono ridotti. Questo ha fatto sì, per esempio, che sul modello in prova ci fosse un solo winch delle drizze sulla tuga, con quello di dritta sostituito da un crossover che rimanda le manovre al verricello di sinistra: risparmio di costi e di peso.

Seconda evidenza: via i carrelli, la scotta della randa rinuncia al trasto. Altra scelta condivisibile, spesso estremamente ridotto e posizionato sulla tuga per avere il pozzetto libero diventava più un orpello estetico che un reale ausilio. Anche qui via il peso e il costo. Sparisce anche la rotaia del punto di scotta, sostituita da un barber regolabile dal pozzetto. Sistema che consente a chi sa come usarlo di regolare comunque l’angolo di incidenza della scotta rispetto alla bugna e quindi la tensione da dare alla balumina del genoa al 110%, ma togliendo peso e costi, sia in termini di acquisto sia di manodopera per l’installazione.

In ogni caso, per chi lo desidera, con la versione Performance si hanno vele appena più grandi ma in laminato, tornano i carrelli del genoa, le sartie diventano in Dyform (più leggere grazie alla particolare forma dei fili di acciaio) discontinuo, le manovre in Dyneema, e le ruote del timone in composito invece che in acciaio. Disponibile anche il fiocco autovirante o il Code 0 con avvolgitore sia per chi sceglie l’albero standard sia, ovviamente, per chi vuole l’albero allungato. E viste le prestazioni che questa vela consente è davvero consigliabile inserirla nella dotazione di bordo.

Altra nota interessante è l’accesso ai passavanti, che all’altezza delle panche in pozzetto rimangono molto alti a vantaggio della protezione dagli spruzzi e dall’acqua che sale in coperta a prua: impossibile che entri dentro il pozzetto in navigazione. Il passaggio verso prua, infatti è caratterizzato da un cambio di flesso: parte da dietro al timoniere allo stesso livello del pozzetto e chiuso dall’impavestata, poi procedendo verso prua si alza in maniera graduale. Per chi è abituato a scavalcare dal passavanti al pozzetto il paramare potrà sembrare un po’ alto (e lo stesso andando nel verso contrario) in realtà l’impedimento è più immaginato che reale, i vantaggio sono concreti e basta abituarsi a passare a poppavia del timoniere per uscire ed entrare in pozzetto se non si vuole fare la fatica di alzare i piedi oltre a quello che si fa quando si compie un passo. Unico vero limite è la posizione del timoniere che ha la seduta un po’ sacrificata come superficie d’appoggio: ci si sente sempre seduti “in pizzo”, o sullo spigolo, se preferite. Per il resto il pozzetto è un classico dei progetti da crociera, con l’alzata della tuga che ospita due aperture luminose che servono il quadrato.

Il colpo d’occhio generale dall’esterno dà una piacevole sensazione di barca attuale, con linee allungate e con spigoli in evidenza, che oltre a dare un tocco di modernità insieme al dritto di prua rovescio (ovvero lo slancio è negativo: la coperta è più corta del galleggiamento) e alla delfiniera, aiutano anche a aumentare i volumi dello scafo (che ha le murate praticamente verticali), senza influenzare quelli della carena che rimane sottile: un sistema per minimizzare la superficie bagnata (e quindi avere bisogno di meno tela per navigare) ma aumentare i volumi di bordo anche a prua (visto che a poppa e a centro barca ci pensa già il baglio avanzato, come si diceva poco sopra).

E si scende così sottocoperta, dove si nota come siano sfruttati bene questi volumi extra dallo studio Piaton Yacht Design. Il layout è funzionale nelle geometrie e accattivante nelle scelte estetiche, nella versione provata con rivestimenti in teak e pagliolo in rovere scuro.

A colpire è come le geometrie dello scafo abbiano influenzato positivamente gli ambienti. Il baglio massimo avanzato ha permesso di portare verso prua la cucina a C che si trova a sinistra, ma lasciando ancora più a proravia spazio per la dinette, con divano principale sulla dritta e divanetto a sinistra della mezzeria, che entra in funzione per il pranzo quando il tavolo si apre totalmente. Questo slittamento in avanti oltre a rendere il tutto molto funzionale per la gestione di pranzi e cotture varie, ha creato posto subito ai lati della discesa per posizionare, a sinistra, un grande carteggio (non se ne vedevano di così spaziosi su un 12 metri da qualche lustro) e di rimpetto il bagno principale.

A poppa due cabine gemelle con letti paragonabili a un matrimoniale di casa, appena più stretti ai piedi, ma è disponibile anche la versione con una sola cabina e un gavone.  L’armatore alloggia nella cabina di prua, che ha il letto centrale nel caso in cui la pianta preveda un solo bagno, in questo caso, a ridosso della paratia maestra è possibile avere un lavabo con rubinetto nascosto in un armadio. Una soluzione che permette di risparmiare un bagno, ma avere un angolo dove lavarsi comodamente e in completa privacy. L’armatore che invece sceglie di avere il secondo bagno avrà anche il letto ruotato addosso alla murata di dritta.

Provato in condizioni di aria molto leggera il Sun Odyssey 410 è stato piacevole, più di quanto ci si potrebbe aspettare da una barca da crociera. Ci sarebbe piaciuto avere qualche nodo ‘aria in più, ma anche con vento intorno ai 4 nodi, con il Code 0 a riva si navigava ben oltre i 5 nodi. Unica pecca della coperta è il circuito della scotta del gennaker o del code 0. Per arrivare sul winch primario visto che sono rinviate su un bozzello posto al giardinetto, devono per forza attraversare il passavanti sottovento, rendendo un po’ meno agevole il passaggio verso prua. È pure vero che la buona pratica suggerisce di muoversi a bordo passando sempre da sopravento e quindi diciamo che è un incentivo in più a comportarsi in modo corretto a bordo. Sarebbe stato interessante vedere quanto, con qualche nodo d’aria in più, la pala del timone sopravento esce dall’acqua, per capire quanto sia realmente vantaggioso avere due appendici invece di una, ma confidiamo che al di là della moda (che spesso conta più dei manuali e delle prove in mare) la scelta sia stata la più azzeccata.

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