Officina Italiana Design: Sergio Beretta, a sinistra, e Mauro Micheli. Ph Alberto Merisio
Officina Italiana Design: Disegnare un Riva è come scolpire un’emozione
Conversazione con Mauro Micheli e Sergio Beretta: 40 anni di Riva, 31 di Officina Italiana Design e una sola grande musa ispiratrice: l’arte. Articolo tratto da Nautica Casarola Magazine 2025.
Dall’Accademia di Brera alla prua di un Aquariva, dalle gallerie d’arte alla sala modellazione 3D, dal silenzio meditativo della Grecia alla potenza plastica di un 68’ Diable: la storia creativa di Mauro Micheli e Sergio Beretta, fondatori di Officina Italiana Design, è il racconto di un metodo progettuale unico, dove il gesto artistico e il rigore del design si fondono per dare vita a oggetti senza tempo. Icone galleggianti, che parlano con il linguaggio della creatività.
L'inizio di un'eredità estetica: la scuola di Gervasoni e Barilani
Mauro Micheli, oggi considerato una delle firme più riconoscibili del design nautico mondiale, nel 1984 è entrato in Riva.
“Avevo poco più di vent’anni, al cantiere di Sarnico cercavano un giovane da inserire nell’ufficio di progettazione. Partecipai alla selezione ma senza sapere nulla di barche, del mondo nautico… fu Gino Gervasoni a scegliermi. Era il cognato di Carlo Riva, un uomo dal tratto inconfondibile. Mi volle nel team Riva e fu una vera scuola, affiancato a Giorgio Barilani, l’architetto che aveva lavorato fianco a fianco con Carlo Riva.
Lavorare con chi aveva tra le mani il destino di un marchio così iconico, fatti di barche emblematiche dell’eleganza senza tempo, significava capire che ogni linea non nasce da un’intuizione casuale, ma da un pensiero estetico coerente. È lì che ho appreso l’armonia dei volumi, il ritmo tra superfici concave e convesse. In Riva ho imparato il rispetto per le proporzioni, il valore del dettaglio e soprattutto il silenzio del disegno. In quell’ambiente ho capito che una barca non si disegna per stupire, ma per durare”.
Questa idea della “longevità stilistica” è diventata la cifra di Officina Italiana Design, fondata nel 1994 insieme a Sergio Beretta, manager e mente imprenditoriale dello studio, ma anche collezionista d’arte e viaggiatore sensibile. Da allora, tutte le imbarcazioni Riva sono nate dalla matita di Mauro Micheli e il suo team, o meglio, dalla loro sensibilità estetica.
Arte, architettura e memoria visiva: il metodo OID
Parlare con Micheli e Beretta significa immergersi in un universo culturale ricco e stratificato. L’arte è una presenza costante, non come decorazione ma come fondamento concettuale. Micheli (un diploma di liceo artistico e con un’esperienza presso l’Accademia di Belle Arti di Brera), si definisce un “istintivo razionale”: “Non cerco significati nascosti in un’opera, ma quello che mi restituisce all’istante. Mi colpiscono le opere iper-minimaliste, dove tutto è ridotto all’essenza, o quelle dove l’artista lascia un segno materico forte. È una questione di equilibrio visivo e tensione emotiva, che trasferisco nelle linee delle barche.”
Della stessa opinione è Sergio Beretta, che aggiunge: “Ogni progetto nasce da un’intuizione, ma viene nutrito da un bagaglio che si forma nel tempo. Mostre, architetture, città, chiese, viaggi. La Grecia per noi è un luogo di rigenerazione spirituale, dove il silenzio e la luce ci riportano al senso originario delle forme.”
Dallo schizzo al varo: l’anatomia del progetto Riva
Il processo creativo all’interno di Officina Italiana Design parte sempre dal gesto libero del disegno a mano. “Con la matita traccio la linea madre, quella che contiene già la direzione della barca,” spiega Mauro Micheli. “È un momento quasi emotivo. Se non funziona lì, non funzionerà nemmeno in 3D.”
Dallo schizzo si passa a una fase di modellazione digitale, dove il tratto si confronta con l’idrodinamica, i vincoli strutturali e le esigenze tecniche. Il team lavora con software CAD e sistemi 3D avanzati, in costante dialogo con gli ingegneri navali del cantiere Riva. “Ma la forma non viene mai sacrificata,” precisa Beretta. “La sfida è mantenere l’identità estetica all’interno dei requisiti industriali. Un Riva deve essere un oggetto emozionale e al contempo perfettamente funzionale.”
Ogni linea, ogni raccordo tra parabrezza e scafo, ogni relazione tra luce e superficie è studiata come se fosse una scultura. L’obiettivo? Raggiungere quella sintesi formale che, come avviene in un’opera d’arte, parli a sensibilità diverse.
Aquariva: il classico moderno che sfida il tempo
Nel 2000 nasce l’Aquariva, runabout moderno ma dal DNA classico, interamente firmato da Officina Italiana Design. “È l’imbarcazione che più ci rappresenta,” dice Micheli. “Dovevamo reinterpretare la tradizione Riva in chiave contemporanea. L’equilibrio tra nostalgia e innovazione era delicatissimo. Ma ci siamo riusciti.”
A distanza di 25 anni, l’Aquariva è ancora in produzione. “Non è cambiato nulla, o quasi. Ed è questo il punto: un design riuscito è come un’architettura che resiste al tempo. Non ha bisogno di essere aggiornato, è già completo,” aggiunge Beretta.
Progetti culturali, collezionismo e materiali che raccontano
L’amore per l’arte ha spinto Mauro Micheli e Sergio Beretta a sostenere attivamente iniziative culturali. Dal progetto fotografico B&CxR, con scatti di Gabriele Basilico e Mario Cresci che raccontano poeticamente i Cantieri Riva, fino al recente supporto alla produzione dell’artista Davide Allieri, che ha trasformato la vetroresina — materiale nautico per eccellenza — in elementi espressivi per una mostra prima a Palazzo Monti di Brescia e di recente per un’esposizione presso la Triennale di Milano.
“Il materiale tecnico può diventare arte,” sottolinea Micheli. “E noi viviamo in bilico tra queste due dimensioni. Disegniamo oggetti funzionali ma carichi di significato. E il bello, in fondo, è proprio questo.”
Una visione che guarda avanti
Officina Italiana Design continua il suo percorso di ricerca, all’interno di Ferretti Group, ma con piena autonomia stilistica. Le nuove linee, come quelle del Rivamare, del 68’ Diable oppure del 82' Diva, proseguono nel solco della tradizione Riva, ma sempre con un tocco di attualità, e dell’essenzialità plastica: “due segni perfetti e nulla di più”, come dice Micheli. Perché la vera difficoltà oggi è dire molto con poco”.
E il futuro? “Vorremmo osare ancora di più sul minimalismo,” conclude Beretta. “Ma sappiamo anche che il nostro lavoro è trovare quell’equilibrio tra bellezza e mercato, tra emozione e funzione. E farlo sempre con coerenza.”
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