Fabio Ermetto: La forza di Baglietto è l’evoluzione coerente del prodotto
Con oltre 170 anni di storia, Baglietto rappresenta uno dei nomi più autorevoli e conosciuti della cantieristica italiana, sinonimo di qualità costruttiva, innovazione e design nel segmento degli yacht in acciaio e alluminio tra i 35 e i 65 metri. L’azienda, che ha saputo rinnovarsi mantenendo intatta la propria identità, concentra oggi la produzione su unità full custom e semi-custom sotto la soglia dei 499 GT, distinguendosi per l’approccio ingegneristico, la cura del dettaglio e la capacità di evolvere costantemente i propri modelli senza snaturarne il DNA. Tra i progetti più rappresentativi figurano la fortunata piattaforma dei 52/54 metri e la linea DOM, divenuta un riferimento per volumi, luminosità e integrazione tra spazi interni ed esterni.
A guidare la strategia commerciale del cantiere è Fabio Ermetto, Chief Commercial Officer dal 2020. Ingegnere navale, Ermetto unisce una formazione tecnica solida a un’esperienza di almeno cinque lustri nel mercato internazionale del diporto di alta gamma, maturata in realtà di primo piano come Camper & Nicholsons, Fraser Yachts, Benetti Yachts e Heesen Yachts. La sua visione, fortemente orientata alla coerenza del prodotto e all’ascolto del mercato, ha contribuito a consolidare il posizionamento di Baglietto tra i protagonisti della cantieristica mondiale, proiettando il brand verso nuove sfide legate all’efficienza, alla sostenibilità e alla personalizzazione estrema. Di seguito l’intervista che ci ha rilasciato dopo il Ft Lauderdale Boat Show, appena conclusosi.

PressMare - Partiamo dalla stretta attualità, la vendita del nuovo Baglietto 48m, un progetto full custom che avete annunciato poche ore fa, durante il più importante boat show americano. Che barca è?
Il nuovo 48 metri, lo scafo Baglietto numero 10277,è la sintesi tra la tradizione costruttiva, la capacità di fare yacht di qualitàche mette in campo il nostro cantiere, la visione tailor-made di Floating Life, che rappresenta l’armatore, e l’innovazione tecnologica di Volvo Penta che fornisce per la barca il sistema propulsivo IPS Professional.

Il progetto nasce dalla precisa volontà dell’armatore di disporre di un’imbarcazione dalle spiccate caratteristiche nautiche, capace di affrontare lunghe navigazioni, fino al giro del mondo: una dichiarazione di intenti che ha orientato tutte le scelte progettuali.
Il design degli esterni e degli interni, firmato da Floating Life in sinergia con Satura Studio, si distingue per un dialogo continuo tra spazi interni ed esterni: ampie vetrate panoramiche a 360° sul main deck, un lower deck privo di interruzioni e collegamenti trasparenti tra i diversi livelli definiscono un rapporto diretto con il mare e la natura circostante. Materiali caldi e naturali, effetti materici e grande attenzione al comfort concorrono a un’eleganza sobria e raffinata.
Lo scafo e l’ingegneria navale, sviluppati da Floating Life e aggiornati in collaborazione con Zero13 sotto la supervisione di Baglietto, sono progettati per ottenere la classificazione ICE CLASS 1D, che consentirà di estendere le lunghe crociere in ambienti estremi e a latitudini elevate. La carena ottimizzata riduce la resistenza all’avanzamento, assicurando un’autonomia superiore alle 5.000 miglia nautiche e un risparmio di consumi fino al 30%.
La propulsione sarà affidata alla Volvo Penta IPS Professional Platform, il sistema più avanzato attualmente disponibile nel settore dei superyacht in termini di efficienza, prestazioni e controllo, con funzioni intelligenti come la Eco Mode, che ottimizza automaticamente i consumi riducendo emissioni e rumorosità.
Questo nuovo progetto conferma la grande flessibilità di Baglietto, capace di affrontarela costruzione di imbarcazioni su misura ad altissimo contenuto tecnologico e l’adozione della piattaforma Volvo Penta, un sistema propulsivo all’avanguardia, sottolinea ulteriormente questo aspetto.

Qualche settimana prima, dopo il MYS,avete annunciatola vendita del primo Baglietto di 54 metri, un bel segnale per iniziare bene il nuovo anno nautico 2026...
Fabio Ermetto - Il primo Baglietto 54 era una barca costruita on spec, su cui ponevamo molta fiducia perché è lo sviluppo del 52 metri, barca di grande successo, ne abbiamo vendute 9 e consegnate 7. L’idea di passare al 54 metri nasce da due considerazioni: il 52 era il più grande 499 GT sul mercato; alcuni altri cantieri hanno iniziato a seguirne la scia, noi abbiamo deciso di cambiare modello per continuare a offrire “il più grande 499 GT”, allungandolo a 54. In più volevamo inserire migliorie già sviluppate come modifiche per i clienti, rendendole soluzioni strutturate, soprattutto a livello di layout. La piattaforma tecnica, il progetto navale resta praticamente lo stesso, con una rivisitazione degli spazi. La prima unità ha consegna 2027, una tempistica interessante per un contratto firmato adesso, e abbiamo già avviato la seconda che sarà pronta per il 2028.

PM - Cosa ha convinto l’armatore a scegliere il 54?
FE - Il volume. Il cliente stava valutando barche simili, anche usate, ma trovava compromessi troppo importanti nel layout. Quando gli abbiamo presentato il 54, al 95–99% rispondeva già alle sue richieste. La consegna aiuta, ma conta solo se il prodotto è valido: ci sono esempi di barche “pronte” a 5 mesi dal varo che restano invendute. Devi avere il prodotto giusto...
PM - Come si “calibra” un progetto perché sia valido, venduto in costruzione ma ben prima della consegna?
FE - Non puoi esserne certo. Ti basi sull’esperienza del team, del designer, crei qualcosa di innovativo ma non “troppo nuovo”: linee eccessivamente aggressive invecchiano presto, fai una o due barche e poi svaniscono. Devi progettare pensando di voler abbracciare il mercato più ampio possibile: un compromesso intelligente, basato su mercato, designer e parte tecnica. L’errore è partire dal gusto di un singolo cliente: uno, due o cinque clienti non fanno il mercato. Serve la “chimica” giusta degli elementi. L’abbiamo trovata nel 54 e nel DOM 133 per il quale abbiamo appena firmato la dodicesima unità.

PM – Il 52 metri dalla prima unità all’ultima come si è evoluto?
FE - Non facciamo “model year”: il prodotto evolve mentre costruiamo. Il metallo, rispetto alla vetroresina che necessita di stampi per la costruzione, consente di implementare più facilmente le migliorie emerse con i clienti e portarle a standard. Così il modello non “invecchia”, non togli valore all’armatore che lo ha acquistato per primo e lo tieni più a lungo sul mercato. Nelle 9 unità del 52 si vedono soluzioni nate da input dei nostri clienti che hanno poi ispirato il progetto del 54 metri.
PM – Quali le principali differenze di layout del 54 rispetto al 52? Me ne dica due o tre, le più significative.
FE - Abbiamo “standardizzato” implementazioni già richieste su alcuni 52, come la palestra con accesso dalla piattaforma di poppa, ristudiata in modo più razionale.
Abbiamo rivisto la ventilazione di sala macchine, punto sempre delicato: serve il giusto compromesso tra spazi del main deck (salone in primis) e un’affidabile ventilazione che non alzi eccessivamente le temperature in esercizio. Inoltre, offriamo di serie la posizione dei tender a prua del main deck. Sul 52 alcuni lo avevano nel garage, altri hanno preferito il posizionamento sul ponte principale, dove sul 54 si possono alloggiare fino a due tender da 7,5–8 m, impossibili da collocare dentro un 500 GT. In questo modo abbiamo liberato ulteriore volume interno per gli ospiti.
PM – Comunque, oltre alla piattaforma navale, su questi Baglietto non c’è nulla di standard…
Sui 52m non esistono due layout identici (designer interni diversi e alta capacità di customizzazione). Anche sul 54 possiamo applicare varianti, tutte quelle che vuole il cliente, specie se il contratto viene firmato a inizio costruzione.
PM – In questa evoluzione dei 52 metri, in sala macchine c’è stato un particolare impatto dovuto all’adozione degli SCR (sistema di riduzione catalitica selettiva dei gas di scarico, conforme alla normativa IMO Tier III ndr.)? Siete dovuti intervenire in qualche modo?
FE - La sala macchine del 52m è nata già con gli SCR e la predisposizione per la versione ibrida. Se non installi l’ibrido, la engine room risulta molto ampia, un riferimento per barche simili che, invece, dedicano più spazio alla palestra. Ricordiamoci che parliamo di navi che devono navigare: manutenzione e impianti sono il cuore del sistema. Non è una casa. Preferiamo una sala macchine ampia, con spazi corretti per manutenzione e smontaggi tipici di un 50 m.
PM – Poi c’è un’altra novità, un Baglietto di 60 metri che non abbiamo ancora visto in acqua…
FE – Di 60m abbiamo vendute due; stiamo costruendo la terza, sempre speculativa. Una l’anno: la prima consegna 2026 quindi, varo per l’anno prossimo, la seconda nel 2027…

PM – Costruite unità speculative, non ancora ordinate, è più un rischio o un vantaggio?
FE – Cerchiamo sempre di trasformarlo solo in un vantaggio per l’armatore. Certo, rappresenta sempre una sfida per il cantiere, ma se una barca ha consegna 2 anni anziché 4, il suo appeal diventa molto più interessante, le chance di vendita aumentano. Costruire barche speculative dà una spinta, ma se il prodotto o l’approccio sono sbagliati ti resta in casa: magari la vendi solo quando è in acqua e te la sei finanziata tutta. Così, alla fine, non è detto che valga la penamettere in piedi il business.
PM – Gli armatori di un certo tipo di barche spesso sono persone mature, avanti con gli anni, non vogliono aspettare…
FE - Ce ne sono, ma tanti clienti non sono così âgé e hanno fretta anche loro: a 40–50 anni spesso viaggi e ti muovi di più. Sono tendenzialmente più sensibili a ibrido e sostenibilità, prestano attenzione specie in Europa, mentre negli USA oggi la sensibilità per certi temi è sicuramente minore. Negli ultimi 5–10 anni è cambiato l’uso della barca: più in famiglia, più navigazioni lunghe, le rotte sono spesso verso mete nuove oltre le classiche del Mediterraneo, che sta diventando sempre più la meta preferita di armatori americani che vengono nel nostro mare quasi ogni anno.
PM - Quanti clienti del Baglietto 52m hanno scelto l’ibrido?
FE - Due su nove, una unità già consegnata, l’altra in consegna l’anno prossimo…
PM – Perché questa poca attenzione, è una questione di costi?
FE – Quando presentiamo la barca c’è interesse, si chiedono tutte le informazioni per l’ibrido, poi quando si fanno i conti alla fine si opta per le versioni con motorizzazioni tradizionali. L’ibrido ha un impatto finanziario importante: almeno +10% sul costo barca, poi c’è una parte variabile legata alle batterie, più capacità e più autonomia in elettrico = più spazio sottratto alla barca, maggior peso e costo. Chi sceglie l’ibridonon lo fa certo per risparmiare gasolio, perchécerta componentistica costa ancora molto.

PM – Nonostante lo scarso successo di queste tecnologie nella nautica, anche voi però siete andati avanti con la ricerca per utilizzare l’idrogeno a bordo, per generare energia…
FE – Penso che anche noi costruttori di yacht dobbiamo fare la nostra parte, ridurre l’impatto delle attività dell’uomo sul pianeta è un processo necessario e irreversibile. Già da anni ci siamo uniti ad aziende partner per affrontare il tema dei carburanti alternativi nello yachting in maniera molto seria.In cantiere abbiamo una nostra stazione funzionante che produce idrogeno, la “Bzero” (Baglietto zero emission), che saremmo già in grado di replicare per un’installazione on board.
PM – Su quale delle vostre barche?
FE - Stiamo studiando una versione del 60 metri – probabilmente con qualche metro in più – fit for hydrogen: predisposta per integrare, quando troveremo un cliente pronto a sposare il progetto, la quarta componente cioè l’idrogeno, oltre a motori, generatori e batterie. Ovviamente i costi crescono anche più delle soluzioni ibride, ma è anche vero che ci sono armatori “pionieri” che spingono l’industrianautica verso quel tipo di futuro. Si tratta di soluzioni molto interessanti dal punto di vista tecnologico, ma serve l’armatore che accetti la sfida, non possiamo realizzare un’unità speculativa...

PM –Una rete di distribuzione dell’idrogeno nei porti e nelle marine però è ancora lontana…
FE - Siamo partiti proprio da lì. Il nostro impianto produce idrogeno dall’acqua di mare, evitando la dipendenza da un network di rifornimento: prendi acqua di mare, con minima energia (da pannelli fotovoltaici, anche con superfici limitate) scindi ossigeno e idrogeno, stocchi l’H₂ e lo converti in energia elettrica con le pile a combustibile. Sistema indipendente, senza vincoli di bettoline o infrastrutture.
PM –Parliamo di un’altra barca molto significativa che avete presentato recentemente, l’explorer XO disegnato ancora una volta, come molti Baglietto, da Francesco Paszkowski: l’avete venduto?
FE –Stavolta abbiamo provato a lavorare su barca volutamente “di rottura”, diversa rispetto a tutte le altre. Ad oggi non ne abbiamo nessuna in costruzione o venduta: il mercato in questa taglia resta tradizionale. L’abbiamo voluta comunque, perché siamo certi che troveremo un cliente che ne coglierà il senso. Il punto di partenza: molti explorer da 500 GT offrono tanto, ma se sei in Artico e resti in salone, non vedi nulla; a poppa guardi lateralmente e vedi poco. Paszkowskinella sua interpretazione si è ispirato all’iconico treno “Settebello” con la sua inconfondibile bolla panoramica: nasce così la capsula/observation deck a 360°, ideata per godersi lo spettacolo delle coste in climi gelidi o torridi, restando all’interno della barca, nel pieno comfort. Scafo basato sul 52 metri, come detto una piattaforma collaudatissima, grande autonomia, coerente con l’uso, tender enorme, ampi storage e a richiesta anche “ice class” yacht è progettato e costruito rispettando gli standard di sicurezza per navigare in acque con ghiaccio.

PM –Parliamo della linea DOM? Quali sono stati i punti di forza del suo grande successo?
FE –La linea DOM, disegnata da Stefano Vafiadis, è partita col 133 piedi: anche per questo yacht, degna di nota è la grande disponibilità di volume che offre: in 41 metri di lunghezza siamo a 410 GT di stazza.Ciò soprattutto in virtù della larghezza della barca, 8,70 m, quasi come un 50 m. Altro punto forte: le grandi superfici vetrate su main e upper deck, con porte completamente apribili che annullano il confine interno/esterno. “DOM” viene da domus: volevamo la sensazione di casa, della pergola, della veranda, ambienti che segnano la continuità spaziale del progetto. Le linee sono moderne, un po’ più spigolose... Due anni fa abbiamo avviato anche una versione più piccola, da 35 metri: senza presentazioni pubbliche, pochi clienti l’hanno vista in cantiere e ne abbiamo subito vendute due, la terza è sotto offerta. È una categoria interessante: sulla misura dei 35 metri il mercato offre per lo più yacht in vetroresina ovvero produzione standard oppure barche veloci; navette in acciaio a tre ponti, con grandi volumi e costruzione “di un certo tipo”, sono rarissime. Il nostro semi-custom dà molta libertà. Ne faremo al massimo due l’anno: prevedo ci darà soddisfazioni.

PM –Con un mercato dei superyacht meno “spumeggiante” di 2–3 anni fa, il prezzo è più discriminante?
FE - Il mercato è tornato normale; anormali erano i valori che esprimeva due anni fa. Manteniamo la stessa politica: prezzo richiesto realistico e scontistica limitata allora come oggi. Sulle barche “piccole”, in composito sotto gli 80’, in questo momento sisente parlare di sconti del 30%, ma su barche da 30–50 m uno sconto del 20% minerebbe la percezione di serietà. I clienti ormai sanno come approcciare i cantieri: da Baglietto il prezzo apparente può sembrare più alto o più basso, ma la scontistica è ridotta rispetto ad altri. È un approccio più adatto a barche di questa taglia. Qualche cliente lo perdi: c’è chi ragiona solo in termini di sconto, ma forse non è il cliente giusto per noi che produciamo qualità.
PM - Clienti ripetitivi ne avete?
FE - Sì, una buona percentuale. Non tutti restano sempre in Baglietto, ma l’esperienza di costruzione conta molto: deve essere un piacere, non un peso. I momenti difficili ci sono, ma con l’approccio giusto si risolvono. Alla base resta il prodotto: una nave che rispetta la specifica tecnica e le promesse. Se consegni una barca con base solida, anche con piccoli ritardi o dettagli da affinare, il cliente parte e fa la stagione: barca funzionale, manovrabile, comoda, silenziosa. Le assicuro che in questo mondo, tutto ciò non è scontato.

PM - La solidità dell’azionista che sta alle spalle di Baglietto, la famiglia Gavio, incide sulla scelta del brand da parte dell’armatore?
FE - Molto. Comprare una barca implica creare una “partnership” col cantiere di 2–3–4 anni: gli armatori vogliono poter vivere il piacere di costruire e la sicurezza sull’investimento. Puoi avere tutte le garanzie bancarie, ma se il cantiere salta… Perciò il cliente si informa: nel nostro caso capisce che l’azionista è estremamente solido, senza mire di IPO o stravolgimenti. Siamo chiari su ciò che facciamo, abbiamo una linea, una strategia: facciamo barche 35–65 m in acciaio, niente vetroresina, non faremo mai 6–7 barche l’anno, la tiratura di Baglietto resterà sempre limitata. Il punto di forza che ci dà l’azionista è che reinveste utili e dividendi in azienda: è un fattore di solidità decisivo, soprattutto su costruzioni pluriennali.
PM - Il mercato USA oggi, si è ripreso dopo un 2024 non particolarmente brillante? Avete sentito l’effetto dei dazi?
FE - I dazi in sé non ci colpiscono direttamente; è l’incertezza delle politiche a pesare. Periodi di entusiasmo si alternano ad altri in cui si dice tutto e il contrario di tutto.Le borse dopo reagito pesantemente ai primi annunci, oggi reggono, ma il clima di incertezza spinge sicuramente gli americani e non solo a rinviare l’acquisto della barca: “magari la compro fra sei mesi”. Gli USA restano un mercato fondamentale per la nautica, non solo per Baglietto, ma i tempi decisionali si sono molto allungati.

PM - Con il “One Big Beautiful Bill”, la nuova legge fiscale introdotta dall’amministrazione Trump, è stata varata la detrazione al 100% per l’acquisto degli yacht da charter. Il mercato come ha reagito?
FE - La legge che consente l’ammortamento totale della barca per il charter ha avuto indubbiamente effetti, specie sull’usato: armatori e società cercano barche abbastanza nuove, anche a prezzi alti, purché la compravendita sia fatta subito. Solo chi acquista e mette in servizio un’unità entro il 31 dicembre 2025, infatti, potrà essere certo di poter usufruire del beneficio già nella dichiarazione dei redditi dell’anno in corso.Pertanto sul nuovo, dove ordini oggi e ricevi la barca fra 2, 3 o 4 anni, incide meno perché nel frattempo la regola, così vantaggiosa, potrebbe anche cambiare.
PM - Refit: oggi è una linea di business fortissima nel comparto dei superyacht. Vi interessa?
FE - Al momento in modo estremamente limitato, per pura logistica, non abbiamogli spazi per dedicarci al refit. Abbiamo molte barche che tornano per garanzie e manutenzione ordinaria; spesso preferiscono farla da noi anche a 15 anni di distanza dal varo, però i nostri slot sono pieni. Il refit è un mestiere diverso dalla produzione: servono divisione dedicata, persone con esperienza e aree di lavoro separate. Non puoi far convivere le stesse aree con esigenze produttive che cambiano continuamente. Oggi non è nei piani, per motivi logistici.
PM –Il Salone Nautico è stato spostato a dopo il Monaco Yacht Show: potremo rivedere un Baglietto esposto a Genova?
FE –Lo spostamento delle date potrebbe agevolare. Con Genova a inizio ottobre avrebbe senso esporre un DOM 115 o un 133: in quel periodo le barche sono rientrate e Genova è vicina anche logisticamente al cantiere, in più il Salone su cinque giorni aiuta. Valuteremo bene l’opportunità.
PM – Perché, invece, non avete esposto a Cannes quest’anno?
FE - Lo valutavamo da un paio d’anni. Cannes è un salone eccellente per le barche di produzione seriale e per i grandi gruppi che le costruiscono. Nella sezione superyacht dove avevamo lo stand, vedevamo clienti che guardavano quel tipo di barche e poi venivano a fare una passeggiata sulle grandi in metallo. Per il nostro tipo di offerta e generalmenteper yacht sui 40–50 m allo Yachting Festival commercialmente si raccoglie poco. Poi Cannes è a inizio settembre e per esporre devi togliere la barca all’armatore che la sta ancora usando.Se te la dà a Cannes, non te la dà a Monaco. Abbiamo fatto 1+1 e ci siamo focalizzati su Monaco. Il cliente serio che guarda 35–40 m viene a Monaco due settimane dopo. Abbiamo anche introdotto Palm Beach (grandissimo successo per noi, più di Fort Lauderdale negli anni passati) e lo rifaremo.
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