Andrea Pawlotzki 'Io speriamo che me la cavo'

Andrea Pawlotzki 'Io speriamo che me la cavo'

Andrea Pawlotzki: "Io speriamo che me la cavo" e la Mini Transat 2019

Sport

20/02/2018 - 13:57

Un simpatico racconto di un ragazzo Svizzero-Italiano, che con pochi mezzi ma con tanta volontà sta portando avanti una campagna low cost con l’obiettivo di prendere il via della Mini Transat 2019

"Fin da ragazzo ho ammirato profondamente i navigatori solitari e la vela d’altura. C’era un qualcosa nelle abbondanti forme degli scafi dei vari Kingfisher o Aquitaine Innovations che mi affascinava: dei giganteschi laser che planavano sulle onde dell’oceano, con un solo skipper a bordo che bene o male doveva sapersi arrangiare senza l’aiuto di nessuno.

Crescendo la mia passione è maturata e le mie conoscenze di quella strana disciplina che i francesi chiamano la course au large si sono ampliate, ma mi sembrava comunque sempre di avere a che fare con un qualcosa più grande di me, di irraggiungibile. Un fenomeno bellissimo ma intangibile.

Finché alla soglia dei 30 anni mi sono reso conto che non potevo più limitarmi ad essere spettatore; dovevo fare parte di questa cosa, volevo vivere sulla mia pelle tutte le storie che mi ero letto e riletto decine di volte: l’oceano, le onde, i surf, ma anche il freddo, le allucinazioni, la paura. Volevo capire cosa vuol dire essere un navigatore solitario.

E quindi la scelta logica (anche se di logico in tutto questo vi è ben poco) è stata quella di acquistare un mini 6.50 e di prepararmi per la Mini Transat.

Quando si fa una scelta simile ci sono due criteri che vanno considerati: tempo e denaro. Sono le chiavi di volta di, credo, qualunque progetto sportivo, e la regata offshore non fa eccezione. Senza soldi non ci si può comprare l’attrezzatura necessaria, e senza tempo non si può preparare la barca ne allenarsi in vista delle regate.

Be’, nel mio caso sia il tempo che il denaro sono a livelli sensibilmente inferiori alla soglia minima. Come ho fatto quindi a concludere la mia prima stagione in Mini 6.50, effettuando 1000 miglia di navigazione qualificativa e 600 miglia in regata, partecipando alla regata Mini Fastnet? Credo di non saperlo bene neppure io.

Penso che una delle risposte riposi sul fatto che la mia campagna è stata incentrata sul low cost: la mia barca, di serie, non è di certo un modello di ultima generazione, e per quanto sia ben equipaggiata non sfoggia certamente un gioco di vele all’ultimo grido.

Quando sono andato a prendere Safiri (questo il nome del mio Ginto 6.50), lui si trovava sulla costa Basca spagnola, ed il suo proprietario di allora, per quanto se ne fosse preso cura come poteva, non aveva cambiato manco una vela o una manovra corrente dal 2011.

A causa della mancanza dei due succitati parametri è stato quindi più o meno in tali condizioni che ho preso il via del Mini Fastnet, senza dimenticare che sulla barca ci avevo fatto sì e no 80 miglia per trasferirla fino a Douarnenez, luogo di partenza della regata.

Inutile dire che non mi trovavo esattamente nelle condizioni migliori per affrontare 600 miglia di navigazione tra la Manica ed il Mare d’Irlanda. Fortuna che almeno mi ero trovato un valido co-skipper, che non mancava certo di esperienza: il mio amico Federico Cuciuc.

Fine della prima parte

 

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