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L'evoluzione della chiglia: struttura e caratteristiche

Didattica e tecnica

18/10/2017 - 18:56

L'evoluzione della chiglia
L'evoluzione della chiglia

Il termine chiglia indica l’elemento principale dell’ossatura longitudinale di una nave, ma qui m’interessa invece indicare un’appendice ben separata dallo scafo: la pinna che porta la zavorra.  La chiglia svolge un doppio ruolo, quello di contrastare lo scarroccio e quello di abbassare il baricentro della barca.

La configurazione di carena degli yacht nel dopoguerra è passata dalla chiglia integrata con lo scafo, a quella con chiglia e timone separati. Alcune nozioni aereonautiche, e in particolare il rapporto diretto tra allungamento ed efficienza dell’ala, hanno contribuito alla specifica forma allungata odierna che, per mitigare lo scarroccio, massimizza il rapporto tra lift e drag (portanza e resistenza) delle appendici immerse.

Abbassare il baricentro nave, la seconda funzione della chiglia, ha come effetto primario quello di aumentare la stabilità trasversale a grandi angoli di sbandamento, tra settanta e centoventi gradi.

Il passaggio dalla barca pesantemente zavorrata a quella odierna attraverso il “dinghy approach”, è stato parecchio complicato. Se guardiamo, infatti, alle barche del passato recente, ad esempio le barche da regata IOR attorno al 1980, vediamo che i progettisti, considerati gli angoli di sbandamento superiori ai 50° inusuali, diminuirono la percentuale di zavorra e alzarono il suo posizionamento fino alla soglia della instabilità. Dopo le batoste del Fastnet del 1979 (“HORROR ON HIGH SEAS” titolò il DailyTelegraph) e della Sydney Hobart del 1998 (6 vite perdute) la comunità dei regatanti, e in particolare i progettisti, fecero un “mea culpa”, dichiarando che avevano progettato barche poco robuste, poco stabili, che non tenevano il mare. Le modifiche alla stazza e il siluro in fondo alla pinna, vennero a sanare questa situazione, ma non scomparvero gli uomini sempre in falchetta usati come zavorra (atteggiamento assai poco marinaro) perché queste barche, benché più sicure, non erano abbastanza potenti. Ai regatanti e a un più largo pubblico di esperti velisti, interessava e interessa avere più potenza a disposizione per aumentare la velocità o affrontare il mare grosso, e a questo scopo l’intervenire sulla zavorra non è la strada giusta.

Supermaxi Comanche
Supermaxi Comanche

Spostare il baricentro sopravvento, come fanno i derivisti al trapezio, è la soluzione. Per un certo periodo si sono viste le barche “spinte” con grandi quantità di sfiati sui lati della coperta, per consentire di respirare ai serbatoi situati in falchetta, i famosi water ballast, che raddoppiavano il peso dell’equipaggio/zavorra. Serbatoi per zavorre liquide erano già stati sperimentati da Tabarly col Pen Duik V e, nonostante i perfezionamenti, i ballast rimasero poco marini e il travaso macchinoso poteva mettere in difficoltà la barca, ad esempio se le vele prendevano a collo. Così il loro uso si ridusse ed emerse una nuova soluzione: la canting keel. La chiglia basculante, infatti, sposta il baricentro sopravvento dando maggiore stabilità alla barca appena questa sbanda e il suo azionamento è assai più rapido di quello dei ballast. Questa stabilità si trasforma immediatamente in maggiore potenza, come capacità di portare più vela. Ogni medaglia però ha il suo rovescio e la canting keel, quasi parallela all’acqua, perde buona parte della sua funzione di deriva così saranno i canard (derive prodiere) ed altre appendici a spingere la barca controvento, vedi Comanche.

La chiglia di Australia 2
La chiglia di Australia 2

Fino qui si è parlato delle chiglie in relazione alle prestazioni della barca non bisogna tuttavia trascurare gli sforzi fatti per la diminuzione del pescaggio. A partire dalla mitica chiglia di Australia 2, le alette sono diventate un sistema efficace per aumentare la portanza a barca sbandata quindi fare bolina senza aggiungere pescaggio a barca dritta.

Il sistema 'Keel Servant'
Il sistema 'Keel Servant'

Tra tutti i sistemi per andare in spiaggia, interessantissime le tradizionali tween keels, di sapore Bretone o olandese, che non hanno comunque prestazioni esaltanti se non quella di poter rimanere in secca sulle proprie gambe (chiglie), le classiche derive mobili e l’innovativa chiglia telescopica azionata da un meccanismo semplice e robusto messo a punto da una azienda italiana: il “keel servant”. The “Keel Servant” è un sistema brevettato, di sollevamento chiglia telescopica per barche da dodici a diciotto metri . Mosso da un martinetto a vite senza fine ad azionamento elettrico, consente di sollevare , per una corsa di 1,2 metri, la parte inferiore dotata di siluro.

Michele Ansaloni

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