Nautica: Stimoliamo il ritorno in Italia delle barche transfughe

Nautica: Stimoliamo il ritorno in Italia delle barche transfughe

Se si vuole rilanciare la nautica il primo atto promozionale dovrebbe essere il richiamo delle barche fuggite all’estero quattro anni fa

Editoriale

13/10/2017 - 15:52

Siamo una grande darsena al centro del Mediterraneo, un mare, diceva Orazio Nelson, sempre navigabile, in tutte le stagioni e anche nella più dura delle tempeste. Allora mettiamo a frutto con buonsenso quelle migliaia di chilometri di coste bellissime, tra penisola e isole, l’unico prezioso dono del Signore. Esse costituiscono i nostri pozzi petroliferi e sono già servite da una rete di porti turistici che, insufficienti negli anni del boom, devono costituire la base di uno sviluppo futuro dell’offerta nautica. E pensare che per un lungo periodo tra Ucina e porti turistici c’è stata addirittura una guerra strisciante sulla posizione espositiva di quest’ultima al Nautico di Genova, querelle a danno di entrambi, mentre nel resto del mondo attività diportistiche e infrastrutture hanno sempre vissuto in simbiosi, l’una stimolando l’altra. Se si vuole rilanciare la nautica, oltre a partire dalla pulizia dell’ambiente e delle acque, dall’offerta a prezzo equo di ogni tipo di tipi di assistenza proponibile al turismo nautico nazionale e internazionale, dalla sistemazione idrogeologica del territorio, il primo atto promozionale dovrebbe essere il richiamo delle barche fuggite all’estero quattro anni fa. Se rientrassero in Italia, sarebbe un affare per tutti. Per ottenerlo non basta aver eliminato la tassa sulle imbarcazioni e navi da diporto, ma occorrerebbe la consulenza legale gratuita delle associazioni di categoria per dirimere eventuali difficoltà contrattuali con il porto estero e possibilmente non la vendetta ma un’offerta speciale di tariffe agevolate per il 2016 da parte dei gestori dei porti, adeguatamente pubblicizzate.

Per attirare invece verso le nostre darsene le barche estere, tutte le componenti del settore devono migliorare l’accoglienza, specialmente burocratica delle autorità portali, con il rilascio di un documenti di controllo valido per tutto il periodo di permanenza nelle nostre acque, restando immutato il diritto di contrasto ad attività illegali. Sarebbe anche auspicabile la pratica di costi di servizi controllabili e comuni a tutte le associazioni di portualità turistica. Insomma, è importantissimo fornire costi certi e uniformi per categoria, a chi, italiano, europeo, diportista internazionale voglia programmare le sue vacanze nelle nostre acque. Un’altra pratica da abbandonare: gli armatori delle barche estere restano scioccati quando sono fermati in acque italiane, ma anche internazionali, semplicemente per trovare eventuali italiani che poi devono giustificare la loro presenza a bordo.

Mentre la portualità turistica tirrenica ha spesso spaventato nei costi i naviganti internazionali, approfittando del maggiore appeal rispetto all’Adriatico, proprio l’imprenditorialità della nostra portualità orientale dovrebbe essere studiata e applicata a livello nazionale, ma anche lo sviluppo di altri servizi per chi ha poco tempo,  il servizio di trasferimento delle unità per conto terzi con skipper professionali o con nave per facilitare il raggiungimento delle darsene meridionali, siciliane e sarde, obiettivo a suo tempo perseguito, forse anticipando i tempi, dal mai troppo rimpianto amico Franco Bechini, tentando di convincere alcune linee di navigazione più lungimiranti.

La soppressa Italia Navigando avrebbe dovuto svolgere proprio questo compito di sviluppo del turismo nautico senza entrare in concorrenza con la portualità privata.

La nautica è una ricchezza e come tale da qualcuno può anche essere politicamente odiata, ma se riuscissimo veramente a diventare la darsena dell’Europa, se quantomeno i diportisti comunitari, invece di schizzarci come fanno attualmente sostando a Malta per raggiungere Grecia e Turchia, venissero nei nostri porti, anche la piccola industria, il grande artigianato di settore, già leader a livello mondiale, troverebbero nuovo spazio, generando preziosa occupazione e gettito fiscale. Ucina e Nautica Italiana, l’altra organizzazione che com’è noto dallo scorso anno rappresenta una parte del settore, hanno ora il dovere di presentare al più presto un progetto di sostegno comune - come richiesto dal Ministero delle Infrastrutture - da concordare tenendo conto delle esigenze di tutti. Pressmare è pronta a dare il suo contributo come libera voce dell’utenza.

L.P.

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