Pubblichiamo l’intervento in Aula dell’Onorevole Arlotti, a sostegno dell'abolizione della scellerata tassa sulle barche introdotta da Monti

Editoriale

13/10/2017 - 15:50

Povera politica italiana, com’è scesa in basso. Vive solo di sterili polemiche suggerite da occasionali eventi dalla cronaca dai quali ognuno cerca il suo tornaconto, ma dimenticando il bene del Paese, suo ruolo fondamentale in una repubblica democratica.  Blatera e sentenzia invece spesso su argomenti totalmente ignorati. Ne abbiamo già scritto su Pressmare all’indomani della prima approvazione del Decreto di stabilità che eliminava la tassa di proprietà sulle barche. Ci aveva colpito l’ignoranza di chi aveva dichiarato che si trattava, come al solito, di un regalo ai ricchi e fatto proprio da una maggioranza PD. Pensavamo rientrasse nella normale polemica politica dell’opposizione al Governo Renzi. Pura demagogia, pensammo, che perseguita il settore nautico da decenni. Invece, puntuali a ogni passaggio in aula, le proteste si rinnovano, il che significa che anche quelli che vorrebbero innovare portano seco scheletri negli armadi. Quando il Paese fu affidato a Monti, auspicammo che finalmente gli esperti di economia avrebbero valorizzato quei settori che nella loro realtà erano un’eccellenza a livello mondiale. Arrivò invece un’assurda tassa di proprietà sulle barche e proprio nel momento in cui l’Agenzia delle Entrate ne perseguiva il possesso come indice di poca chiarezza fiscale. Com’è noto, è stato un massacro. Un settore che contribuiva al PIL con più di sei miliardi annui di euro, che dava lavoro a 60.000 addetti e almeno altri 100.000 nell’indotto ne uscì polverizzato, dato in pasto all’opportunismo politico. I professori hanno toppato come dei somari e ci sono voluti più di cinque anni per riparare almeno in parte ai loro danni, per avviare un’azione contraria, riportare il maggior numero di unità da diporto possibile perché la loro presenza significa ricchezza per chi le ospita. La tassa ha fruttato un po’ più di sei milioni di euro, il gettito fiscale del settore ancora in attività, anche se colpito dalla sopravvenuta crisi economica, avrebbe portato all’Erario quanto meno qualche miliardo tra unità in esportazione e ritenute fiscali e previdenziali degli addetti alla produzione e ai servizi. Ciò che colpisce dolorosamente è la manifesta ignoranza dei contestatori sulle attività economiche e investimenti che producono quattrini, e le altre che sopravvivono loro malgrado grazie al protezionismo di Stato, spesso drogato – è inutile entrare in dettagli ben noti a tutti – che, esso sì, ritarda la ripresa. Non abbiamo invece sentito proteste su questa parte della Legge di stabilità da parte dei sindaci delle nostre costiere, sui quali si è scaricato lo stillicidio di licenziamenti inevitabili che ha conosciuto il suo apice lo scorso anno. Le piccole aziende nautiche a carattere familiare dedicate all’assistenza alla nautica, sono in Italia decine di migliaia. Dopo l’atteggiamento dei Governi Salva Italia, decine di migliaia di artigiani hanno dovuto ricrearsi un mestiere. Pochi fortunati tecnologici ci sono riusciti, la gran parte di quanti svolgevano attività indotte artigianali e turistiche, un indotto di più di centomila occupati (nei porti e attorno) sono rimasti a spasso. Senza parlare delle decine di migliaia di addetti licenziati, diretti della cantieristica italiana, una perla del made in Italy al pari dei costruttori d’auto, un’eccellenza che nel giro di alcuni decenni aveva conquistato la leadership mondiale, insidiando anche il mercato statunitense. Se qualcuno pensa che anche noi battiamo la grancassa, vada pure a controllare e troverà che anche nel 2015, monostante l’azzeramento totale del mercato interno, italiano, anche quest’anno la nautica ha contribuito al PIL con quattro miliardi e mezzo (dati Istat), praticamente solo in esportazione. L’imbecillità risulta poi massima quando si scacciano i ricchi perché spendano i loro quattrini all’estero,  ma anche quando si rinuncia al gettito fiscale e alla liquidità di uno dei pochi settori produttivi sani del paese, salito ai vertici mondiali solo perché cresciuto nella dura realtà competitiva del mercato globale. Povera Italia.

Con la speranza che sia comunque in atto un vero e proprio ravvedimento da parte della politica rispetto alle scelte scellerate del passato, pubblichiamo volentieri l’intervento in Aula, alla Camera, dell’Onorevole Tiziano Arlotti, a sostegno della scelta del Governo di abolire la scellerata tassa sulle imbarcazioni introdotta da Monti, argomentata da sacrosante motivazioni che noi tutti addetti ai lavori conosciamo bene, finalmente comprese anche nel Palazzo.

 

L.P.

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