Gianluca D’Agostino - Capitano di Vascello (CP) - Comandante della capitaneria di porto di Olbia e Direttore Marittimo del nord Sardegna
Superyacht in Gallura, estate 2025: facciamo il punto con Gianluca D’Agostino, Guardia Costiera
Venerdì scorso, nella sede milanese di Insula Sardinia Experience, sono stati presentati i dati ufficiali relativi alla presenza di superyacht nelle acque della Gallura durante l’estate 2025 (giugno–settembre), confermando l’area nord-sarda come uno degli snodi principali del turismo nautico nel Mediterraneo. L’analisi statistica, evidenzia un aumento significativo dei transiti e delle permanenze di unità di categoria superyacht (>24 m) rispetto agli anni post-Covid, con una crescita non solo in termini numerici ma anche dimensionali delle imbarcazioni stesse.
Nel corso della conferenza stampa è stato approfondito anche l’impatto delle recenti normative di regolamentazione dell’ancoraggio introdotte dalla Francia in Corsica, che hanno di fatto spostato quota parte del traffico stagionale verso arcipelaghi e porti sardi – in particolare Isole di La Maddalena e Tavolara – con conseguenze operative e gestionali per le autorità marittime locali. Alla tavola rotonda ha partecipato Gianluca D’Agostino - Capitano di Vascello (CP) - Comandante della capitaneria di porto di Olbia e Direttore Marittimo del nord Sardegna, che ha inquadrato il fenomeno non solo come effetto di un trend globale di crescita del turismo nautico, ma anche come stimolo per accelerare la modernizzazione dei sistemi di controllo e delle infrastrutture tecniche delle coste sarde.
PressMare – Comandante D’Agostino, la Direzione Marittima del Nord Sardegna opera in un’area che lei stesso ha definito centrale non solo per l’Italia ma per l’intero Mediterraneo. Che cosa raccontano i dati più recenti sulla presenza dei grandi yacht?
Gianluca D’Agostino – Parliamo di un’area che, nel periodo estivo, diventa oggettivamente uno dei cuori pulsanti del Mediterraneo. Lo studio che abbiamo approfondito assieme all’Ufficio Studi del CIPNES, riguarda gli ultimi due anni, quindi buona parte del periodo post-Covid, e mostra un trend in costante aumento. I fattori principali sono almeno due, forse tre. Il primo è l’attrattività naturale del territorio, che è un dato strutturale. Il secondo è una crescita fisiologica delle dimensioni delle imbarcazioni: ciò che un tempo veniva considerato un grande yacht, diciamo tra i 12 e i 18 metri, oggi rappresenta una fascia quasi di ingresso. Questo dà la misura di quanto il settore stia cambiando.
PM – Oltre alla crescita dimensionale, negli ultimi mesi si è parlato molto dell’impatto delle nuove normative francesi. Che effetto hanno avuto sul traffico nautico nel Nord Sardegna?
GD – L’azione della Francia è stata molto reattiva e, a mio avviso, ben studiata, è il terzo fattore che sta spingendo sempre più barche verso il Nord della Sardegna ma in genere verso tutta l’isola. Per tutelare le praterie di posidonia, fondamentale per l’ecosistema marino e non solo per esso, hanno vietato alle unità oltre i 24 metri di ancorare su fondali inferiori ai 40 metri. Ma il vero salto di qualità è stato l’inasprimento delle sanzioni: si arriva fino a 150.000 euro, con la possibilità di sospensione del titolo professionale del comandante. È un passaggio epocale. Questo ha avuto un impatto immediato e tangibile: le ancore che non sono più state calate in Corsica lo sono state alla Maddalena, a Tavolara e più in generale nelle nostre acque.
PM – Quindi lo spostamento dei flussi è stato previsto e in qualche modo messo in conto dalle autorità francesi?
GD – Assolutamente sì, sono sempre estremamente oculati nelle loro azioni. Parallelamente al divieto, hanno strutturato un piano nazionale per la realizzazione di campi boe su tutto il territorio, centralizzato, numericamente imponente e progettato in modo intelligente. Questo significa che lo spostamento stagionale che oggi vediamo potrebbe essere temporaneo: una volta completata l’infrastruttura, la Francia potrebbe essere in grado di richiamare rapidamente quelle unità.
PM – In Italia esiste una strategia analoga o una riflessione in corso su questo tema?
GD – Un’azione nazionale non può non esserci. È chiaro che livelli sanzionatori come quelli francesi, da 150.000 euro, non li abbiamo mai visti in Italia, ma posso dire che il tema è all’attenzione delle istituzioni. In urgenza, le Capitanerie di porto e le Aree Marine Protette sono state convocate a Roma pochi giorni fa proprio per analizzare il fenomeno. Sul tema dei campi boe, in Italia il percorso è più complesso perché si tratta di concessioni demaniali, con un iter burocratico importante. Tuttavia, tra PNRR e pressione esterna derivante dal modello francese, è possibile che si arrivi a ripensare l’approccio. L’incontro che ci sarà il 16 dicembre al Ministero dell’Ambiente sarà un passaggio significativo.
PM – Guardando alla stagionalità, si sta realmente allungando la stagione nautica o è ancora un fenomeno episodico legato al meteo?
GD – Maggio 2025 è stato particolarmente favorevole e questo ha inciso sulle presenze, ma se facciamo un’analisi seria, non legata alla singola finestra meteo, siamo ancora distanti da una vera destagionalizzazione. Quello che può realmente allungare la stagione è l’offerta di servizi strutturati, anche semplici, come la possibilità di transiti stagionali o infrastrutture adeguate.
PM – In questo senso, Olbia sta vivendo una fase di trasformazione importante.
GD – Sì, ad esempio al Molo Brin, nel cuore della città, si stanno aprendo banchine per l’ormeggio di imbarcazioni fino a 100 metri, riconvertendo spazi precedentemente destinati al traffico commerciale. Anche la cantieristica sta vivendo uno sviluppo molto forte. Tuttavia, Olbia sconta limiti fisici evidenti: il porto è quello che conosciamo e convive con attività essenziali come la mitilicoltura, che rappresenta un pilastro dell’economia locale. Questo impone una riflessione strategica su dove e come crescere.
PM – Dal punto di vista operativo, quanto è complesso gestire un’area di mare così densamente frequentata?
GD – La difficoltà è legata ai numeri. Sono talmente elevati da rendere impossibile un controllo fisico completo. Per questo stiamo lavorando con l’Area Marina Protetta di Tavolara e con il CIPNES, sull’adozione di strumenti tecnologici avanzati: telecamere, droni, intelligenza artificiale. Oggi può sembrare futuristico, ma in realtà è alla portata. La tecnologia consente di monitorare e intervenire in modo mirato.
PM – La normativa italiana consente già questo tipo di approccio?
GD – Sì, la legislazione italiana in questo senso aiuta. Possiamo già intervenire sulla base delle evidenze fornite dai sistemi di monitoraggio, come l’AIS. Non serve necessariamente la presenza fisica in mare per avviare un’azione sanzionatoria. Considerando anche il numero enorme di piccole unità, parliamo della miriade di natanti con motori da 40 cavalli, è evidente che senza tecnologia nessuna amministrazione potrebbe reggere questi volumi.
PM – In conclusione, che messaggio emerge dal caso Gallura?
GD – La Gallura non è solo un territorio votato al turismo. È un’area che ha la volontà di agire in modo coordinato. Ho usato l’espressione “stessa rotta, stessa velocità” perché ovunque ti giri trovi amministrazioni, privati ed enti statali pronti a collaborare. Investire in idee intelligenti e in soluzioni concrete permette di ottenere risultati visibili. Ed è proprio questo che rafforza il primo elemento da cui siamo partiti: l’elevatissima attrattività del territorio.
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