Giovanna Vitelli, presidente del Gruppo Azimut/Benetti

Giovanna Vitelli, presidente del Gruppo Azimut/Benetti

Azimut/Benetti, leadership e visione: l’era Vitelli prosegue con Giovanna

Editoriale

02/09/2025 - 09:59

Per il venticinquesimo anno consecutivo, Azimut/Benetti è il primo gruppo mondiale per la costruzione di yacht oltre i 24 metri. Una supremazia non solo quantitativa – 167 unità per oltre 6.000 metri lineari varati – ma culturale e strategica, sostenuta da una leadership imprenditoriale solida, familiare e oggi sempre più globale.

Fondata nel 1969 da Paolo Vitelli, figura chiave nella storia della nautica italiana, l’azienda è presente in 80 Paesi, con 138 punti vendita e assistenza. Oggi è guidata da Giovanna Vitelli, figlia del fondatore, che ne ha raccolto l’eredità industriale e valoriale, orientandola verso la sostenibilità, l’innovazione e una governance moderna. Di seguito l’intervista che ci ha concesso in esclusiva.

Paolo e Giovanna Vitelli

PressMare – Come si è svolto il passaggio di consegne tra lei e suo padre Paolo Vitelli? Ricordiamo che è improvvisamente e tragicamente scomparso, lo scorso 31 dicembre.

Giovanna Vitelli – Il passaggio era iniziato molto prima ed è stato naturale e profondo. Mio padre era figlio di un’epoca pionieristica in cui si guidava tutto con visione e intuito. Quando però l’azienda ha superato il miliardo di fatturato e i 2.500 dipendenti, ha capito che serviva una struttura. Mi disse: “Io la parola governance non so nemmeno cosa significhi, quindi occupatene tu”. Così è iniziata una vera trasformazione organizzativa, che ci ha resi più solidi, internazionali, strutturati.

Giovanna Vitelli inaugura la rinnovata sede di Azimut Yachts ad Avigliana, progettata da Amdl Circle e Michele De Lucchi

PM – Un gesto raro, riconoscere il momento di lasciare spazio.

GV – È stata una grande prova di intelligenza. In una sua intervista disse: “La terza fase della nautica premierà chi saprà trasformare l’amore per il prodotto in qualità, in organizzazione, in continuità familiare e managerialità”. È una frase che tengo nel cuore. Incarna perfettamente il senso della sua visione e la fiducia nel futuro.

PM – Come è stato il suo ingresso operativo in azienda?

GV – Lavoravo come avvocato in uno studio internazionale occupandomi di M&A, un’attività che mi piaceva molto. Stavo per partire, per trasferirmi negli Stati Uniti per seguire la mia professione, quando, sempre dopo un incontro con mio padre, che mi comunicava l’intenzione di vendere, decisi di restare in azienda. Inizialmente mi occupavo delle marine, un’area separata. In seguito è arrivato il momento in cui ho capito che il cuore vero dell’azienda era il prodotto e da lì ho cominciato un percorso immersivo, prima in silenzio, soprattutto osservando, poi con responsabilità diretta sullo sviluppo. E mio padre mi ha dato fiducia piena.

Benetti Oasis 40M

PM – È lì che nasce il vostro sodalizio sul piano strategico e creativo?

GV – Assolutamente. È stato un patto basato su ascolto e autonomia. Mi ha lasciato decidere, anche quando non era del tutto convinto. Così sono arrivati i primi progetti di rinnovamento stilistico, l’apertura ai designer esterni come Achille Salvagni, e l’idea di raccontare un lusso nuovo, più esperienziale. L’Oasis 40M di Benetti ne è il simbolo.

Benetti Oasis 40M

PM – Andando a memoria, il primo modello sul quale lavorò fu il primo Magellano, che è stata probabilmente anche la prima barca sul mercato che affrontava le tematiche ambientali con tecnologie ad hoc…

GV – È vero ma del Magellano 74 me ne occupai solo marginalmente. In realtà quello fu un modello fortemente voluto da mio padre ma sicuramente il lavoro fatto sui contenuti green della barca fu importantissimo per me e per l’azienda. La prima barca che seguii proprio da cima a fondo fu invece l’Atlantis 45. Era un momento difficile, Atlantis aveva bisogno di imboccare una strada nuova, la nautica era in difficoltà per il problema degli stock e per uscire da quell’impasse bisognava creare qualcosa di realmente nuovo, che potesse portare al rilancio del brand. Fu un grande lavoro, commercialmente un grande successo e di questo sono tuttora molto orgogliosa.

Atlantis 45

PM – L’argomento stock sembra essere tornato di grande attualità, ci risulta essere in questo momento una delle maggiori sofferenze per la cantieristica delle produzioni seriali…

GV – Marco Valle, il nostro CEO, in tempi non sospetti, quando tutti parlavano di un mercato ancora in forte crescita, lanciandosi in previsioni poi smentite dai fatti, fu il primo ad annunciare che il nostro Gruppo si sarebbe adeguato a quello che considerava un fisiologico calo della domanda, dunque riducendo i programmi di produzione e organizzandosi commercialmente per non rivivere quello che era accaduto dopo il 2008, con la crisi innescata dal default di Lehman Brothers. Sappiamo che molti cantieri e a cascata i loro dealer hanno un grosso problema con le barche prodotte e invendute, noi in tal senso siamo in una condizione diversa, il fenomeno è molto marginale.

Benetti Yachts B.Now 72M Oasis Deck

PM – Tornando al prodotto, l’Oasis nella nautica, nello yachting, è considerato una svolta di linguaggio. Come è nato il progetto?

GV – Da un’esigenza precisa: dare una visione più giovane, pur mantenendo l’eleganza senza tempo di Benetti. I concept in campo non ci convincevano. Così ho proposto io una lettura diversa. È stato amore a prima vista. Mio padre mi ha sostenuta e da lì è partito un ciclo nuovo, di vera co-leadership.

PM – L’organizzazione manageriale è uno dei cardini della sua guida. Come l’ha impostata?

GV – Ho costruito un sistema di governance moderno, con deleghe chiare, processi, strutture, visione industriale. È un lavoro quotidiano, che porta con sé cultura, metodo e capacità di attrarre talenti. Un’azienda da 1,3 miliardi non si può più gestire con l’intuito: serve professionalità, responsabilità diffusa, attenzione ai mercati internazionali.

Il varo del nuovo Azimut Grande 30M, a Viareggio

PM – La vostra scelta di non quotarvi in Borsa è controcorrente. Come mai?

GV – È una scelta consapevole. Mio padre diceva: “La Borsa è un mezzo, non un fine”. Se hai bisogno di vendere o di risorse esterne, è utile. Ma se sei forte e libero, puoi permetterti di restarne fuori. Abbiamo cassa abbondante e autonomia finanziaria. Possiamo innovare, attrarre talenti, investire… senza sottostare a logiche trimestrali o speculative.

PM – Nonostante ciò, avete aperto a investitori selezionati.

GV – Esatto. Abbiamo sempre avuto soci di minoranza con logiche mirate. Un cliente asiatico di Benetti, una banca come Intesa Sanpaolo, poi Tamburi con il suo fondo TIP. Oggi Tamburi è ancora con noi con l’8%, mentre PIF – fondo sovrano saudita – ha il 33%. È un partner istituzionale, strategico, non speculativo. Avere un alleato forte in un’area in espansione come il Golfo è prezioso.

Il cantiere navale Benetti a Livorno

PM – Quanto pesano oggi le incertezze del mercato americano?

GV – Gli USA valgono un terzo della produzione di Avigliana. I dazi e la svalutazione del dollaro sono problemi concreti. Però ci siamo mossi in anticipo: abbiamo alzato la taglia media dei modelli, aumentato le marginalità, diversificato i mercati. Il Medio Oriente e l’Europa stanno rispondendo bene. L’Asia, più lenta in passato, ora è in ripresa e noi ci crediamo.

PM – Avete confermato anche il modello dealer, anziché puntare tutto sul retail diretto.

GV – Quella di confermare la centralità della nostra rete di dealer è stata un’altra scelta importante nella quale abbiamo sempre creduto. Contiamo profondamente nel valore del concessionario come imprenditore locale radicato, capace di trasmettere il brand e seguire il cliente con continuità. È un modello più umano, più capillare, che in momenti di incertezza fa la differenza.

Azimut Seadeck 6

PM – Parliamo di sostenibilità. Come affrontate oggi la transizione?

GV – Non è marketing, è direzione industriale. Abbiamo 10 yacht ibridi in costruzione, usiamo soluzioni mild hybrid che evitano l’uso di generatori in rada, gestiamo i carichi in modo intelligente, interveniamo su climatizzazione, silenziamento, filtrazione. È un ecosistema integrato, fatto di efficienza e comfort reale. Ho passato la scorsa estate su un Azimut Seadeck 6, realizzato sulla base di questi concetti, che utilizzava le batterie per consentirci di vivere la barca nel pieno comfort, senza generatori accesi ma con tutti i servizi e le tecnologie di bordo disponibili, funzionanti: è stata un’esperienza nuova della quale, una volta provata, è difficile fare a meno, tornare indietro.

PM – Il carburante HVO sembra essere la soluzione pronta per ridurre da subito l’impronta dello yachting sull’ambiente…

GV – Assolutamente. I motori che utilizziamo sulle nostre barche sono HVO compliant, anche quelli dei generatori, ma manca la rete di distribuzione di questo carburante nelle marine. Servono politiche pubbliche, serve pressione del settore. È una battaglia giusta, concreta. Non ci servono annunci per utilizzare l’idrogeno fra 10 anni, ci servono soluzioni praticabili oggi.

Marco Valle, amministratore delegato del Gruppo Azimut/Benetti, durante la presentazione del Magellano 60 HVO

PM – Le barche più green restano però quelle a vela. Alcuni dei vostri illustri competitor sono entrati in quel mercato acquisendo marchi di grande blasone, voi seguirete la stessa strada?

GV – I dossier di alcuni dei brand di cui parla, sono arrivati anche sulle nostre scrivanie probabilmente anche in anteprima. Li abbiamo studiati così come abbiamo studiato il mercato della grande vela. Rispetto al motore è assolutamente marginale e negli ultimi anni addirittura in contrazione, per cui abbiamo valutato le acquisizioni poco interessanti.

PM – Come integrate la sostenibilità nella catena di fornitura?

GV – È la sfida più difficile. La filiera nautica è composta da tante PMI, spesso artigiane. Ma stiamo implementando sistemi di tracciabilità, valutazione ESG, supporto operativo. Dal 2026 avremo un monitoraggio completo del ciclo di vita del prodotto. È un lavoro culturale oltre che tecnico.

I tre giga yacht varati da Benetti fra il 2018 e il 2019

PM – Sappiamo che Benetti continua a vendere e costruite tante unità sia in composito sia in metallo. In questo caso avete intenzione di tornare anche nel mercato dei giga yacht cioè oltre i 100 metri di lunghezza?

GV – Le confermo che Benetti nel metallo è molto attiva e che la taglia delle barche che vendiamo è sempre più spesso oltre i 70 metri di lunghezza. L’esperienza della costruzione di tre unità oltre i 100 metri in contemporanea, ci ha dato modo non solo di fare una grandissima esperienza su certe taglie ma anche di strutturare il cantiere Benetti di Livorno proprio per arrivare a quel tipo di costruzioni molto impegnative. Oggi sentiamo che quello è ancora il nostro mercato, possiamo tornare tranquillamente a costruire fino a 110 metri senza problemi. I nostri standard anche su quelle taglie sono altissimi: ordine, controllo, processi. Vogliamo giocarci la partita ad armi pari con la cantieristica del Nord Europa. Qualitativamente siamo ormai ad armi pari, in più noi offriamo flessibilità, disponibilità ad accontentare il cliente anche in corso d’opera, cosa che loro non fanno. Non solo i clienti, ma anche i broker e gli stessi designer ce lo stanno riconoscendo.

Il villaggio di chalet storici a 5 stelle, a Mascognaz

PM – Il vostro impegno, come famiglia Vitelli non si limita alla nautica. Suo padre per tanti anni ha coltivato la passione dell’hôtellerie.

GV – Abbiamo due hotel in Val d’Aosta. Il più prezioso è Mascognaz, un villaggio Walser del ’400 restaurato da mio padre in maniera spettacolare, l’altro è a Chamonix. Di tutto quello che ho fatto assieme a lui, l’unica attività della quale non mi sono interessata era proprio quella dell’hôtellerie, per cui con la sua scomparsa sono dovuta entrare anche in questo mondo che ha subito appassionato anche me. Anche in questo ambito ho trovato manager con grande disponibilità assieme ai quali ho cercato di dare subito un apporto nuovo, una nuova linfa all’accoglienza delle strutture. Un lavoro di grande impegno che ha portato a una prima grande soddisfazione: la struttura di Mascognaz quest’anno ha ricevuto la quinta stella. È stato un traguardo emozionante, costruito con il team, con passione, nel suo nome. Lì c’è tutta l’anima di famiglia.

PM – I suoi figli proseguiranno questa eredità?

GV – Al momento non saprei è troppo presto, ma la vita fa giri strani. Anch’io ero su altre strade, finché mio padre non mi disse: “Se vai, io vendo”. E qualcosa è scattato. Quindi mai dire mai.

PM – Infine, siete rientrati in Confindustria Nautica. Una scelta di peso.

GV – Sì. Mio padre aveva contribuito a renderla un riferimento. Poi se ne era distaccato. Io sentivo il dovere di tornare. Siamo il primo gruppo del settore: dobbiamo esserci, portare idee, dare massa critica. L’associazione ha bisogno di rinnovarsi, di essere più aperta, più rappresentativa. Ma senza una voce comune le grandi battaglie si perdono. E noi vogliamo vincerle.

©PressMare - riproduzione riservata

PREVIOS POST
Eliche di manovra VETUS BOW PRO: controllo proporzionale, motori brushless e integrazione
NEXT POST
Videoworks al Monaco Yacht Show 2025