Easily Driven Hull Form: un’alternativa possibile alla "barca caravella”

Didattica e tecnica

25/11/2025 - 17:10

La forma della barca da diporto è forgiata da innumerevoli fattori, l’industria detta uno dei più potenti. Sono convinto che l’innovazione, foil, propulsione elettrica e nuove forme di godimento, potrebbero portare a Easily Driven Hull Form cioè barche lunghe e leggere più economiche e meno energivore.

Ma andiamo per gradi e scusate le generalizzazioni: l’industria nautica ha trovato un suo equilibrio nel soddisfare parte della domanda. Tolti catamarani e derive da regata che fanno un campo a sé, la barca a vela più piccola è ben 10 m perché il cabinato deve essere anche una villetta al mare, mentre la barca a motore, gommone o scafo rigido, deve fare almeno una trentina di nodi di velocità e avere una motorizzazione cospicua per confrontarsi con l’auto in termini prestazionali. Tutto il resto non esiste, semplicemente rimane fuori dal sistema diporto. Questa omologazione dell'utenza riduce le potenzialità della nautica. Bisognerebbe pensare di più alle “altre” barche.

Dal punto di vista delle forme il problema è quello della lunghezza. Nel diporto si dice proprio una barca di 10 m, cioè si omettono due dimensioni su tre, perché c’è una omologazione delle forme che comunque debbono “riempire” il posto barca del marina. Il posto è 8,5 x 3 compresi i parabordi.

La barca 8.1 x 2,7 cioè avrà la larghezza 1/3 della lunghezza. Questo di per sé genera una “caravella” cioè una barca pesante che ha bisogno di molta forza motrice. Per le barche a motore col fondo a V (da 15° a 24°) infatti, data la larghezza, l’immersione, cioè la terza dimensione, si ricava facilmente. Le barche a motore, sono quindi larghe e pesanti e per planare si moltiplicano i cavalli.

Gli utenti della barca a motore saranno costretti a essere attenti ai consumi, con duecento cavalli 60 litri/ora sono la normalità e, col costo odierno del carburante, una gita di 4 ore diventa economicamente impegnativa.

Il velista invece adora la barca leggera, che non è male per andare veloci, ma se facciamo una barca larga e leggera non è una barca, ma una scarpa che, piatta di sotto, batte orribilmente, non ha stabilità né direzionalità. L’industria risponde accoppiando al fondo piatto appendici (bulbo, timone, deriva, canard) con rapporti “spinti” di allungamento (tra lunghezza e area) che costringono anche barche “piccole” a usare posti barca con parecchio fondale, a issare molta vela quando c’è poco vento e a fare una bolina scomoda.

Una carena lunga stretta e leggera invece, ha molti vantaggi: batte meno sull’onda, oltre alla buona direzionalità se plana non impenna e ha un assetto più regolare, se non plana e ha abbastanza potenza, può superare il limite della navigazione a dislocamento e se va piano ha una superficie bagnata ridotta e continua a muoversi anche con poca spinta, come a remi o a vela con poco vento.

Ma ovviamente si preferisce, come si suol dire, buttare la palla fuori campo ed ecco che, nella ricerca di sempre maggiore potenza, emerge lo yacht a propulsione nucleare. Sappiate gente che è roba degli anni 50 da lasciare ai rompighiaccio e alle portaerei! Anche la nautica che è un'attività ludica andrebbe meglio distribuita non per giustizia ma perchè altrimenti, come dice J. Stigliz (parlando della economia in generale), appassisce.

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