Il legno nelle costruzioni nautiche: tecnologia militare

Storia e Cultura

09/04/2022 - 10:22

In questo momento si fa un grande parlare di guerra. Le attività di predazione e difesa sono connaturate alla specie umana, talvolta l’intelligenza mitiga l’aggressività talvolta purtroppo l’amplifica.

Dato che, come sapete, sono appassionato di barche e navi, e in particolare di quelle in legno, volevo sottolineare che per qualsiasi progettista è impossibile fare a meno delle esperienze sviluppate nel settore della marina militare.

Certo, per trovare navi maggiori della marina in legno bisogna risalire a parecchi anni fa: la goletta Chioggia ad esempio, costruita all’Arsenale di Venezia allora Regio, nel 1876/77, aveva lo scafo completamente in legno, con rivestimento in rame: lunga 41 metri e larga 6 con 3,5 m di immersione, dislocava ben 535 tonnellate. Dotata di motore, disponeva di soli 292 cavalli che consentivano alla nave una velocità di 5 nodi, mentre l’elica girava a 35 (non è un errore proprio 35!) giri al minuto. Ultima base a La Spezia, venne radiata dopo 30 anni di servizio durante i quali fu sempre ritenuto un vascello robusto, marino e di buona velocità, superando spesso a vela i 10 nodi.

Non sarebbe pratico oggi andare in giro sulla Chioggia, lo fanno i cadetti delle marine italiana ed estere, e qualche associazione di appassionati di tall ship spesso connessi alle marine militari, quindi un nucleo esiguo di persone.

Le unità minori del naviglio militare, assomigliano invece molto di più agli yacht, ad esempio quelle usate dalla Guardia di Finanza, spesso alla avanguardia della tecnologia. Mentre oggi si assiste al fenomeno dei grossi cantieri di yacht che forniscono talvolta imbarcazioni di derivazione diportistica ai militari, in passato era più usuale che i cantieri di medie dimensioni crescessero tecnologicamente nel rispetto dei rigidi capitolati militari che, compilati dalla elite tecnica militare, detenevano e in parte distribuivano il know how.

Queste imbarcazioni avevano una vita molto dura e venivano rimotorizzate diverse volte durante gli anni di servizio. Attraverso questo logoramento se ne scoprivano meglio i limiti, quali elementi funzionassero e quali no. Coperte di alluminio su scafi di legno, fasciami di legno su ossature metalliche, colle resorcinoliche e colle epossidiche, elastomeri a base di butyle e poliuretani. Anche dettagli minori ricevevano una grande attenzione come il giunto tra scafo e coperta o quello tra fasciame e chiglia, i pattini e le fondazioni dei motori. Una cosa che emerge chiaramente è l’uso del compensato attraverso il quale si arriva a realizzare strutture tecnologicamente avanzate, leggere ed elastiche, molto adatte alle alte velocità.

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