Porto turistico

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Affaire porti turistici: a rischio fallimento di Stato

Portualità

27/05/2019 - 16:30

L’emendamento parlamentare che avrebbe chiuso a stralcio i contenziosi di 25 porti turistici con lo Stato - riguardano l'applicazione retroattiva dell'aumento fino al 400% dei canoni demaniali, non è stato inserito nella Manovra 2019. Ne parliamo con Maurizio Balducci, Vice Presidente UCINA Confindustria Nautica con delega alla fiscalità e alla normativa, in campo su questa questione anche sotto le feste.

Balducci, leggendo il comunicato stampa rilasciato contestualmente al voto di fiducia sulla Legge di bilancio, la delusione di UCINA Confindustria Nautica è netta.

Non poteva essere diversamente. Innanzitutto per l’incapacità di comprendere che la mancata approvazione dell’emendamento proposto da UCINA per risolvere il contenzioso ultradecennale dei porti turistici con lo Stato mette a rischio 2.200 posti di lavoro.

Sono molti...

Secondo l’Osservatorio Nautico Nazionale, fonte di dati accreditata presso il MIT, ogni marina turistico genera 89 posti di lavoro fra diretti e indiretti. In ballo ci sono anche migliaia di posti barca, perché se le società che hanno costruito i porti saltano per una “indebita appropriazione” da parte dello Stato, le concessioni vengono revocate e addio ormeggi. Ma soprattutto in gioco c’è la reputazione del Paese di fronte agli investitori, nazionali ed esteri. Chi più rischierà qui i suoi capitali se lo Stato cambia le regole del gioco, retroattivamente, a partita già iniziata e, se anche se la Corte Costituzionale gli dice che non lo può fare, ti manda l’Agenzia delle Entrate a riscuotere gli importi non dovuti? Da parte del “governo del cambiamento” non ci saremmo aspettati la conferma di un vero e proprio “scippo” firmato dall’esecutivo Prodi nel 2006.

UCINA cosa aveva proposto?

Abbiamo lavorato con il Sistema Confindustria e in coordinamento con Confcommercio- Assonat a un emendamento che - nonostante l’evidente ingiustizia subita - prevedeva comunque un aumento dei canoni di ben il 70%. Questo riduceva moltissimo l’impatto economico per il bilancio pubblico. Anche se queste somme fino a oggi non sono mai state incassate, né mai lo saranno se i porti falliranno, sono formalmente iscritte come ricavi e devono quindi essere coperte.

Cosa è successo?

A differenza di molti altri, l’emendamento alla Legge di bilancio è stato dichiarato ammissibile, sia alla Camera, sia al Senato, incluso fra i cosiddetti “segnalati” e accantonato in attesa della discussione.

Che non c’è stata, essendo stata integralmente sostituita dal maxi emendamento del governo...

La soluzione per i porti è stata fortemente sostenuta dai parlamentari del Gruppo Lega. Ringrazio in particolare l’on. Giorgia Andreuzza, firmataria dell’emendamento alla Camera, e il sen. Paolo Tosato, relatore del provvedimento al Senato. Leggendo il testo finale non è difficile capire quale componente del governo ha sposato la causa dei taxi, chi quella dei balneari e via dicendo. Come ho detto, evidentemente sui marina turistici è mancata sensibilità politica.

Cerchiamo di ricapitolare per chi non conosce tutti i fatti.

Fino al 2006 esisteva una norma specifica per quantificare il canone demaniale dei porti turistici, sia in considerazione del grande valore degli investimenti, sia del fatto che, una volta spirata la concessione, le infrastrutture divengono patrimonio dello Stato. Il calcolo prevedeva anche un meccanismo premiale che riduceva proporzionalmente il valore a mq del canone all’aumentare degli investimenti.

Nel 2006 arriva Prodi...

Si, o meglio, arriva la legge finanziaria che, dal 2007, cancella la normativa sui porti e li equipara alle concessioni delle spiagge.

Oltre alle evidenti differenze, quali sono quelle di natura giuridica?

Rilevanti. Nel primo caso si tratta di concessioni di beni demaniali, nel secondo di concessione-contratto. Per la prima, il privato riceve una superficie nuda dallo Stato; per il secondo assume una serie di obblighi vincolanti, che sostanzialmente riguardano l’impegno a costruire e gestire l’infrastruttura a proprie spese per tutta la durata della concessione.

La legge Prodi cosa comporta?

L’assimilazione alle spiagge e la cancellazione del meccanismo premiale generano un aumento immediato dei canoni demaniali fino al 400%, ma, soprattutto, l’applicazione retroattiva ai contratti già in essere senza possibilità di recesso per il privato (che perderebbe tutto e non ha alcun diritto di indennizzo, ndr).

E’ il fallimento.

Si, di Stato. Per scongiurarlo 26 marina ricorrono ai TAR, poi al Consiglio di Stato, che gli dà ragione e rinvia tutto alla Corte Costituzionale. Qui si costituisce in giudizio anche UCINA, a difesa di uno snodo fondamentale del turismo nautico e della filiera. La Corte dice due cose: che gli aumenti sono in astratto legittimi (la Finanziaria 2006 non viene cassata), ma non possono essere applicati automaticamente e retroattivamente ai contratti già in corso.

Insomma, gli importi vanno ricalcolati.

Esattamente. E infatti la prima delle società in contenzioso che riesce ad avere una pronuncia del TAR dopo la Corte Costituzionale (Marina di Portisco, ndr) si vede applicati i soli valori delle superfici nude, proprio con la motivazione che al momento della stipula del contratto lo Stato gli ha concesso quelle, mentre le opere costruite diventeranno pubbliche solo alla fine della concessione.

Sembrava risolto...

Lo sarebbe in qualsiasi paese civile. Invece, anche con i giudizi ancora in corso, l’Agenzia delle Entrate ha inviato una cartella esattoriale (per la riscossione dei canoni retroattivi, ndr) alla prima di queste società, la Marina Blu di Rimini, bloccandole - e questa è la cosa più grave - anche i conti correnti e quindi l’operatività.

Adesso?

UCINA Confindustria Nautica è già al lavoro dal giorno dopo l’approvazione della Legge di bilancio al Senato e continuerà a fare tutto quanto possibile.

Una curiosità, fra le 25 marine in contenzioso con lo Stato ci sono anche aziende che non fanno parte di UCINA...

E’ irrilevante, nel nostro DNA abbiamo la promozione e la difesa di tutta la filiera.

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