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La politica ha sistematicamente impedito lo sviluppo della nautica in Italia, a partire dalle scelte sulla portualità. Renzi, serve discontinuità

Editoriale

13/10/2017 - 15:44

La Francia nell’immediato secondo dopoguerra aveva da risolvere un problema enorme: quello di valorizzare le sue coste mediterranee e atlantiche. Ha investito sulla portualità turistica e ha richiamato investitori e molto turismo nautico, che hanno fatto da volano all’arrivo di correnti di turismo internazionale. Negli anni sessanta è stata imitata dalla Spagna, sempre con grande successo, che ha trasformato le Baleari in culla della nautica. La Slovenia, la Croazia e il Montenegro hanno continuato la politica di Tito di valorizzazione delle coste adriatiche e hanno puntato con successo prima sugli anziani e il turismo dell’Est, e poi sul richiamo e contributo economico e occupazionale della nautica da diporto, emulate da Grecia, Turchia e Tunisia e più recentemente addirittura dall’Albania.

Solo il terrorismo ideologico mussulmano ha impedito all’Algeria di ottenere il medesimo successo, mentre Malta in questi decenni ha monopolizzato tutto il turismo nautico britannico diretto in Grecia e Turchia. Se in Libia non ci fosse stato Gheddafi, anche lì avrebbero costruito porti turistici e nonostante la guerra civile e gli Hezbollah qualcosa si è fatto anche in Libano.

Solo l’Italia è riuscita a contrastare sistematicamente la costruzione di darsene ed è riuscita a far emigrare i suoi diportisti e quelli stranieri in Corsica, in Costa Azzurra e in Adriatico verso la costa istriana e dalmata, fino alla lontana Turchia, regalando la più che tangibile ricchezza delle attività nautiche ai concorrenti mediterranei. Pensate quanti miliardi di lire e poi di euro dagli anni ’50 a oggi l’Italia, anzi, chi l’ha governata ha regalato agli altri paesi mediterranei. Una ricchezza letteralmente buttata nel cesso! Caro Matteo Renzi, la parola d’ordine è discontinuità

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