Stefano Lenarduzzi, ingegnere meccanico con una lunga esperienza nel settore metalmeccanico, è stato recentemente nominato CEO di Quick Group, realtà italiana leader nella componentistica per la nautica.
Azienda fondata a Ravenna dalla famiglia Marzucco nel 1992, oggi Quick Group è un gruppo internazionale, con sedi in USA e UK, che raggruppa i marchi Quick Nautical Equipment, Xenta, Sanguineti, Nemo, Quick Marine Lighting ed MC². Nel settembre 2022 Fondo Italiano d’Investimento e Armònia SGR hanno acquisito una quota di maggioranza dalla famiglia fondatrice, con l’obiettivo di supportarne la crescita internazionale e il consolidamento.
Abbiamo incontrato Lenarduzzi al Salone Nautico di Genova 2025, dove ci ha raccontato il suo percorso professionale – dalla progettazione all’imprenditoria, fino alle esperienze nei fondi e più recentemente in Maschio Gaspardo, gruppo industriale italiano specializzato in macchine agricole – e la sua passione personale per la navigazione. Con lui abbiamo parlato delle prospettive di Quick Group in un mercato tornato ai livelli pre-Covid, delle sfide poste da dazi e cambio dollaro, delle opportunità negli Stati Uniti e nei mercati emergenti, del ruolo della Ricerca e Sviluppo e della convivenza tra produzione seriale e soluzioni custom.
Uno sguardo al futuro che, secondo Lenarduzzi, vedrà nel 2027 un anno di rilancio per l’intera filiera nautica.
PressMare – Stefano Lenarduzzi, qual è la sua esperienza professionale?
Stefano Lenarduzzi – Sono un ingegnere meccanico. Ho iniziato come progettista, poi sono passato alla produzione, quindi alla gestione dei processi produttivi e infine alla direzione generale. Vengo dall’industria metalmeccanica: automazione, macchine e impiantistica; in seguito mi sono spostato sulle macchine utensili. Ho avuto una lunga esperienza in questo ambito: sono stato dirigente 29 anni in FPT Industrie come direttore operations e, dopo tre-quattro anni, direttore generale. Sono cresciuto con l’azienda, passata da 30 a 120 milioni: internazionalizzazione, nuove tecnologie, meccatronica, applicazioni per l’aerospazio. È stata una bella avventura.
PM – Ha provato anche la strada imprenditoriale?
SL – Sì, in un certo momento della mia vita professionale ho scelto di fare l’imprenditore. Ho rilevato un’azienda metalmeccanica di piccole dimensioni, specializzata in design industriale, carpenterie per macchinari e insonorizzazioni. Con esperienza e contatti siamo entrati nell’automotive: l’azienda è diventata un riferimento per le insonorizzazioni delle linee di stampaggio auto. Il mio primo cliente diretto del settore è stato Tesla in California; da lì l’azienda è cresciuta velocemente finché è stata acquisita da un fondo.
PM – Lì ha conosciuto il mondo dei fondi d’investimento?
SL – Sì, li conoscevo: facevo consulenza per vari settori grazie all’esperienza trasversale. Dopo la vendita ho continuato a collaborare con loro, entrando anche in altre società tra packaging, metalmeccanica e meccatronica; poi sono entrato in Maschio Gaspardo nel periodo del rilancio, come direttore generale. L’azienda è cresciuta molto, è uscita dalle difficoltà ed è diventata quella che vediamo oggi. Quando i fondi sono usciti, sono uscito anch’io, continuando però a seguirli sulle attività di acquisizione.
PM – Quando arriva la nautica nella sua carriera?
SL – La passione per la nautica c’era già. Si è incrociata con le esigenze dei soci e con la decisione di Michele Marzucco – fondatore di Quick Group – di inserire una figura nuova in azienda. La mia esperienza nella gestione di aziende medio-grandi si abbina alla passione nautica nata molto prima. Ho lavorato spesso con clienti che operavano sulle barche, soprattutto con chi faceva stampi e componenti. Molte delle macchine utensili di cui mi sono occupato finivano su stampi e componentistica per la nautica.
Mi piace il motore: sono partito col gommone, poi sono passato alla barca a motore, poi a vela. Ho frequentato marine e porti, ho navigato abbastanza e spero di farlo di più in futuro.
PM – Lei è considerato un manager “operativo”, molto vicino a produzione e prodotto.
SL – Sono nato sul prodotto e l’ho sempre tenuto vicino anche nei ruoli gestionali. Produzione e gestione sono importanti; la parte commerciale è fondamentale. La finanza? L’ho imparata con gli studi post-laurea e con l’esperienza: quando capisci i meccanismi e lavori con persone competenti, diventa la parte più semplice. Ma in azienda prodotto e commerciale vengono sempre prima.
PM – In che situazione ha trovato Quick Group e come descriverebbe il mercato attuale per l’azienda?
SL – Siamo tornati ai livelli pre-Covid. Per il Gruppo è uno stimolo: negli ultimi anni è cresciuto velocemente, si è affermato in un settore competitivo e ha ampliato la gamma anche con acquisizioni. Quick Group copre trasversalmente fasce di mercato e famiglie di prodotto: pochi costruttori di componentistica nautica sono così verticali per segmenti e così orizzontali per ampiezza di gamma. È complesso da gestire: servono investimenti in organizzazione e risorse. Ma è anche un’opportunità per crescere e consolidare quanto fatto.
PM – Di cosa c’è bisogno oggi per il Gruppo Quick?
SL – Professionalità: valorizzare le risorse interne e inserirne di nuove, anche da settori affini, con un corretto trasferimento di conoscenze. La nautica è sempre più complessa e tecnologica, ha bisogno anche di competenze specifiche. Poi serve l’integrazione di Gruppo: siamo più aziende ma dobbiamo operare come fossimo un’unica azienda. Quindi sinergie e cross-selling, cioè vendita incrociata tra aziende del gruppo, riduzione dei costi e vantaggi derivati da acquisti comuni. Infine, un reparto Ricerca e Sviluppo centralizzato e sempre più forte per mettere a fattor comune le competenze.
PM – Il vostro mercato è realmente internazionale?
SL – Ci sono tre aree principali: Italia, mercato chiave, dove i cantieri coprono una quota molto rilevante. Stati Uniti, mercato fondamentale, con tanti cantieri che costruiscono barche piccole e medie; per noi conta sia in termini di OEM (Original Equipment Manufacturer, cioè forniture ai cantieri) sia per l’ambito refit/manutenzione. Il parco è di circa 13 milioni di unità. È rilevante anche per l’assistenza ai clienti italiani che esportano lì, con ricambi e service in loco. Europa e altre aree “a macchia di leopardo”: Regno Unito, Polonia, che fa molta produzione anche per conto terzi, Francia e Germania che ha grandi gruppi da servire con approccio industriale: pre-cablaggio e forniture in kit. Poi si stanno affacciando sulla scena anche altri mercati come Dubai.
Quindi c’è il mondo dei superyacht (Nord Europa e Italia), in crescita grazie all’integrazione di Gruppo – Xenta per i sistemi di governo e manovra, Sanguineti e Nemo per movimentazioni e accessori – e la Turchia, un mercato in forte crescita per dimensione e qualità dei componenti.
PM – Tema attualissimo: dazi negli USA e svalutazione del dollaro, che ne pensa in merito?
SL – È una doppia penalizzazione. Il dollaro ha perso circa il 12% in meno di un anno, e il dazio del 15% incide. Più che sui volumi, pesa sui tempi decisionali: molti restano alla finestra. Nel canale OEM i concorrenti non sono americani, quindi l’effetto è simile per tutti. Per i cantieri italiani che esportano negli USA si vede un rallentamento, soprattutto sulle barche medie e piccole; sulle grandi il meccanismo è diverso perché le bandiere dei superyacht seguono logiche differenti.
Negli USA oggi il grosso della produzione è su imbarcazioni a console centrale, tipicamente fino a 45–50 piedi. Per questi center console vediamo un’ottima compatibilità con i nostri stabilizzatori giroscopici MC² Quick Gyro: nelle installazioni successive alla costruzione (retrofit) hanno il vantaggio di essere raffreddati ad aria, senza necessità di impianti idraulici dedicati. Sono compatti, installabili in spazi ridotti e con manutenzione a costi contenuti.
PM – Quando lo spazio a bordo è davvero poco, potete lavorare con più macchine in parallelo?
SL – Sì. Spesso ci sono più zone utili ma nessuna adatta a una singola macchina grande. In questi casi utilizziamo da 2 a 4 unità in parallelo, che lavorano in sincrono, ottenendo la stabilizzazione ottimale anche quando gli spazi non permettono un unico giroscopio più grande.
PM – Quick Group unisce produzione seriale e soluzioni su misura: è difficile gestire due logiche così diverse?
SL – Nel segmento alto di gamma, mega e superyacht, e anche sulle barche fino a 24 metri ben strutturate, servono personalizzazioni spinte su componenti come porte, passerelle e gru, con omologazioni diverse da quelle CE (Conformità Europea). Nel gruppo abbiamo stabilimenti e uffici tecnici dedicati che possono arrivare alla personalizzazione di ogni prodotto.
Xenta, ad esempio, propone un mix di soluzioni standard (“a scaffale”) che vanno adattate sulla barca specifica – dimensioni, ancoraggi, elettronica da tarare – con un servizio che comprende commissioning cioè la messa in servizio, e ottimizzazione direttamente a bordo.
Il punto in comune delle due anime è duplice: prestazioni e qualità del prodotto da un lato; un unico interlocutore per il cantiere dall’altro. Ufficio tecnico, acquisti e assistenza dialogano con un solo Gruppo in grado di fornire, ad esempio, dal salpa-ancora alla porta scorrevole fino ai sistemi di manovra.
PM – Se le questioni legate al dollaro e ai dazi peggiorassero, valutereste di produrre negli USA?
SL – Nulla è escluso. In un’esperienza precedente ho finalizzato un’acquisizione per trasferire parte della produzione in loco. Nella nautica però bisogna selezionare i prodotti: non tutti hanno un concorrente locale e, dove non c’è, oggi non vedo esigenza di produrre lì perché gli investimenti in impianti (capex, capital expenditure) e i tempi di rientro non sarebbero giustificati. Diverso è valutare, per alcune linee, una spedizione in kit e assemblaggio locale (CKD, Complete Knock Down), ipotizzabile se i volumi cresceranno molto.
PM – La forza di Quick Group è aver costruito un gruppo di aziende e prodotti. Continuerete con nuove acquisizioni?
SL – Il mondo è grande e il potenziale di gamma lo è ancora di più. Ora però la priorità è stabilizzare funzioni e integrazione, servire il cliente nel miglior modo e sfruttare le sinergie per ottimizzare anche la redditività. Questo ci metterà nelle condizioni di investire in una nuova espansione e, quindi, in nuove aziende.
PM – C’è un’eventuale quotazione in Borsa alla fine del percorso?
SL – No, non è nei piani. Mai dire mai, e non dipende solo da noi, ma oggi non è previsto.
PM – Come vede i prossimi 24 mesi per la yacht industry?
SL – Il 2026 lo vedo simile al 2025, con un accenno di ripresa nella seconda metà dell’anno: i cicli di costruzione hanno inerzia. Il 2027 potrebbe essere un anno buono: si vede che il portafoglio ordini tende a spalmarsi su orizzonti più lunghi per effetto di acquisizioni e progettazione di nuove barche e navi. Alcuni segnali indicano che il 2027 si sta caricando di opportunità che i clienti vogliono bloccare oggi.