Massimo Perotti: vent’anni di Sanlorenzo, dal rilancio alla leadership globale

22/08/2025 - 08:40 in Editoriale by Press Mare

Nel 2005 Massimo Perotti acquisiva Sanlorenzo, marchio storico della cantieristica italiana, avviando un percorso di rilancio che in vent’anni ha trasformato l’azienda in una realtà protagonista assoluta della yacht industry internazionale. Oggi Sanlorenzo è una holding quotata alla Borsa di Milano, con linee di yacht e superyacht realizzate in composito e metallo, e con una presenza strategica anche nel settore della vela attraverso Nautor Swan, cantiere finlandese acquisito un anno fa. In occasione di questo importante traguardo, abbiamo intervistato il Cav. Perotti per ripercorrere le tappe salienti del suo progetto industriale e per capire quali scenari si aprono per il futuro del gruppo. Un’occasione per riflettere sull’evoluzione del mercato, sulla transizione sostenibile e sull’identità di un cantiere che ha saputo coniugare artigianalità e visione strategica.

Il cantiere Sanlorenzo a La Spezia

PressMare - Nel 2005 ha rilevato un marchio con una solida reputazione ma bisognoso di un rilancio della propria gamma e di un’internazionalizzazione del prodotto. Qual era la sua visione all’epoca e quali decisioni strategiche ritiene abbiano determinato la crescita di Sanlorenzo?

Massimo Perotti - Avevo già oltre vent’anni di esperienza nel settore. Conoscevo bene Sanlorenzo: un marchio di altissima qualità, con un design curato e una grande attenzione al dettaglio, ma con una impostazione esclusiva ispirata al modello di boutique di nicchia, 40 milioni di fatturato e sette barche all’anno. L’azienda era molto legata al suo fondatore, che però non parlava inglese e distribuiva quasi esclusivamente nel Mediterraneo. Ho visto l’opportunità di rilevare un’eccellenza artigianale e di farla crescere.

PM - Sanlorenzo ha subito cambiato passo…

MP - Dal 2004 al 2008 siamo passati da 40 a 200 milioni di fatturato, espandendo la gamma e aprendo nuovi mercati come Asia-Pacifico, Americhe e Centro Europa. Il prodotto inizialmente non è cambiato molto; abbiamo prima internazionalizzato la distribuzione. Solo in una seconda fase abbiamo adattato il prodotto alle esigenze specifiche dei mercati, come quello americano, che richiede standard e layout dedicati.

Massimo Perotti e a destra Piero Lissoni

PM - Poi è arrivata la crisi del 2008. Come l’avete affrontata?

MP - È stato un momento difficile per tutta la nautica, ma Sanlorenzo  è rimasta stabile a 200 milioni fino al 2013, quando abbiamo deciso di innovare profondamente il prodotto. Abbiamo coinvolto designer come Rodolfo Dordoni, Antonio Citterio, Patricia Urquiola, Christian Liaigre e, dal 2015, Piero Lissoni, che è poi diventato dal 2018 il nostro art director.

Lissoni ha avuto un ruolo determinante anche nel rinnovamento della comunicazione: ci ha spinti ad abbandonare la retorica classica del mare e del sole per un linguaggio più contemporaneo, fatto di tonalità neutre e ambientazioni eleganti. Anche i nostri stand nei saloni nautici hanno seguito questa nuova visione, ispirandosi ai siti industriali e alle architetture storiche.

PM - Il modello di business ha avuto un impatto sulla resilienza di Sanlorenzo?

MP - Assolutamente. Fin dall’inizio ho voluto concentrare la produzione sopra i 24 metri, dove la concorrenza è minore e il mercato è meno ciclico. Vendere barche sotto quella soglia significa rivolgersi a clienti più sensibili ai cicli economici. Noi invece lavoriamo con gli ultra-high net worth individuals: oggi il nostro prezzo medio per unità venduta è di circa 12 milioni di euro. Il core business, Sanlorenzo, rappresenta l’80% del fatturato; Bluegame, che opera nel segmento sotto i 24 metri, pesa  per il 10%, e la neoacquisita Nautor Swan un altro 10%.

PM - I nuovi dazi USA, proprio ieri confermati ufficialmente al 15%, preoccupano Sanlorenzo?

MP - L’impatto è minimo: il 20% del nostro business riguarda il continente americano, ma solo la metà di queste barche finisce effettivamente negli Stati Uniti, e ancora meno sono sotto i 30 metri, quindi soggette a dazi. Parliamo quindi di un’esposizione reale del 5%. Inoltre, molte barche di grandi dimensioni acquistate da clienti americani sono registrate con bandiere estere e utilizzate prevalentemente nel Mediterraneo o nei Caraibi.  I produttori storici di yacht negli USA sopra i 30 metri sono quasi scomparsi e il cliente americano oggi si rivolge a cantieri europei, con l’Italia che è sempre più leader di mercato.

PM - Qual è l’approccio industriale per gestire materiali e segmenti diversi, tra composito e metallo?

MP - Gestiamo la complessità con strutture e risorse dedicate. Le barche in composito (24-40 metri) sono prodotte in stabilimenti specifici tra Ameglia, Massa e Viareggio, con personale tecnico e operativo distinto. I superyacht in metallo (44-74 metri) sono gestiti tra Pisa e La Spezia, con una supply chain centralizzata dove possibile, ma con organizzazioni separate. Questo ci consente di mantenere efficienza e personalizzazione, coerentemente con il nostro approccio “made to measure”.

Bluegame BG74

PM - La quotazione in Borsa ha cambiato il modo di fare impresa?

MP - Sì, ha portato rigore, trasparenza e una reputazione più solida verso clienti, fornitori, dipendenti, shareholder e istituzioni finanziarie. La Borsa obbliga a presentare risultati trimestrali, quindi impone un controllo costante della gestione. Ha anche rafforzato la retention dei manager grazie a strumenti come le stock option, che legano la performance dell’azienda alla valorizzazione delle persone. Questo è diventato un fattore cruciale per attrarre e trattenere talenti.

PM - Lei ha parlato anche di successione. Come si riflette questo nella governance dell’azienda?

MP - Essere quotati significa garantire continuità senza vincoli familiari. I miei figli lavorano in azienda, ma non sono obbligati a farlo. Se un giorno volessero fare solo gli azionisti, l’azienda potrebbe essere gestita da manager professionisti. È un equilibrio virtuoso: chi vuole restare dovrà meritarselo.

Sanlorenzo SL110A

PM - Sanlorenzo ha ampliato il proprio perimetro strategico con l’acquisizione di Bluegame e poi di Nautor Swan. Si stanno concretizzando sinergie industriali tra queste realtà e quali benefici ne derivano?

MP - Assolutamente sì, soprattutto tra Bluegame e Nautor Swan, per la divisione motore. Stiamo costruendo a Brescia un nuovo stabilimento da 11.000 mq: metà sarà dedicata ai modelli Bluegame, l’altra metà ai modelli Nautor  Swan a motore. Questo progetto rappresenta la prima vera collaborazione operativa tra i tre marchi. Il sito è situato in un’area ad alta vocazione produttiva per la nautica: tra Brescia e Bergamo hanno sede storica numerose aziende del settore, come ad esempio Riva e Cranchi, per citarne alcuni.

PM - Quali sono i motivi alla base della scelta di Brescia?

MP - Brescia e Bergamo offrono un contesto produttivo eccezionale. Pur avendo costi leggermente superiori alla media italiana, garantiscono vantaggi logistici importanti: la vicinanza a Milano, alle principali arterie di trasporto e un’alta efficienza industriale. Per la nautica, dove il valore risiede più in innovazione, design e servizio che nel risparmio sul costo del lavoro, questo territorio è perfetto. Il nostro segmento non si gioca sul prezzo del singolo componente, ma sull’unicità e qualità del prodotto.

Sanlorenzo SX120

PM - Ci sono già attività produttive in quell’area?

MP - Sì, abbiamo acquisito due anni fa il 60% di I.C. Yacht, una piccola azienda bresciana specializzata nei tender. Lavorano in modo eccellente: hanno vinto anche il premio per il miglior tender al mondo per un superyacht Lürssen. Il nuovo stabilimento sorgerà proprio di fronte a I.C. Yacht, su un’area di 22.000 mq. Entro fine anno prevediamo l’inizio dei lavori per la realizzazione del nuovo stabilimento, che sarà la base produttiva per i nuovi modelli Bluegame e Nautor Swan a motore.

PM - Per quanto riguarda la vela, quali sviluppi avete in programma?

MP - Stiamo cercando di migliorare la produttività in Finlandia, dove Nautor Swan costruisce le barche a vela. Vogliamo mantenere la qualità finlandese, ma riducendo i costi per migliorare la redditività.

Swan 128

PM - Dal punto di vista progettuale, quali sono le sinergie tra barche a vela e barche a motore?

MP - Ad oggi le sinergie sono di gestione, acquisti e condivisione di Know-how, processi e tecnologie, nonché finanziarie.

PM - Può dirci qualcosa di più sul nuovo progetto di Swan Alloy?

MP - Il progetto è partito. Si tratta di un 44 metri disegnato da Malcolm McKeon, uno dei migliori designer nel mondo della vela. Sarà il primo Maxi Swan costruito in Italia, con lo scafo in alluminio realizzato in Olanda da un cantiere top-level, in grado di garantire tolleranze di superficie inferiori a 0,3 mm su 6 metri di lunghezza. Il livello qualitativo sarà altissimo. Gli interni saranno completati a Viareggio, grazie alle maestranze ex-Perini che conoscono perfettamente il mondo della vela di alta gamma. Il varo è previsto per l’estate 2028.

PM - Perché non costruirlo in Finlandia, come gli altri Swan?

MP - Non sarebbe stato possibile. In Finlandia produciamo in materiali compositi fino a 40 metri, oltre quella misura si entra nel mondo delle costruzioni one-off, dove l’alluminio è più adatto. Inoltre, Nautor Swan non ha esperienza con l’alluminio. Abbiamo quindi deciso di avviare una nuova divisione chiamata Swan Alloy, con i primi modelli da 44, 50 e 56 metri.

Sanlorenzo 50m "Almax"

PM - Passiamo al tema della sostenibilità. Quali soluzioni avete già adottato e quali sono le prospettive future?

MP - Nel 2024 siamo stati i primi al mondo a varare un 50 metri con celle a combustibile, che trasformano metanolo in idrogeno e poi in elettricità. È stata un’esperienza formativa. In parallelo abbiamo sviluppato un tender foil per l’America’s Cup, anch’esso alimentato a idrogeno. Stiamo ora lavorando ad un motore bi-fuel (metanolo e diesel) in partnership con MAN da installare su un 50 metri, ma stiamo valutando di posticipare l’installazione a bordo al 2029-2030 a causa dell’incertezza sulla distribuzione del metanolo green.

PM - Quindi il problema non è la tecnologia, ma la logistica?

MP - Esatto. La tecnologia è pronta, ma manca la rete distributiva per il metanolo green, cioè prodotto da fonti rinnovabili. Senza una distribuzione capillare nessuno acquisterà queste barche. Per questo stiamo valutando di attendere 12-24 mesi e capire se il mondo occidentale darà la spinta necessaria. Trump, dopo la sua rielezione, ha rallentato l’impegno USA verso la transizione energetica.

PM - Qual è la visione di Sanlorenzo per la nautica del 2045?

MP - La visione per una nautica del futuro è coerente con lo sviluppo tecnologico del prodotto. Dal momento dell’acquisto di Sanlorenzo ci siamo focalizzati sull’innovazione del prodotto esistente, dal 2012 al 2022 ci siamo concentrati su design e arte. Dal 2021 abbiamo iniziato un nuovo ciclo decennale dedicato alla sostenibilità, che chiamiamo “Road to 2030”. Anche l’acquisizione di Nautor Swan nel 2024 fa parte di questa strategia;  è un investimento per essere pronti, con le nuove gamme, a rispondere alla domanda di un mercato più sensibile all’ambiente. 

PM - Crede che i giovani saranno la chiave di questa trasformazione?

MP - Sì, i giovani di oggi – i trentenni di oggi, quarantenni di domani – sono attenti al climate change, ai consumi, alla sostenibilità anche nei piccoli gesti. Sono loro il futuro del nostro mercato. E noi dobbiamo essere pronti.

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