Mentre l’industria nautica italiana raggiunge livelli record in termini di esportazione e personalizzazione dei superyacht, un tema resta sotto i riflettori: la gestione etica e normativa del subappalto. La discussione non è solo tecnica, ma tocca trasparenza, responsabilità sociale e reputazione internazionale.
Nautica e moda
È lecito chiedersi: come si confronta la nautica con altri settori del lusso, in primis la moda? Pochi giorni fa, il tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria per il noto brand di moda Loro Piana a seguito di un’indagine sulla catena di subappalto. Le accuse riguardano la presunta esternalizzazione di produzioni a laboratori operanti in contesti di sfruttamento e caporalato. Per i giudici la società - che ha come presidente del Cda Antoine Arnault, gruppo Lvmh, azionista di maggioranza dell’azienda - non ha messo in atto uno sfruttamento diretto, ma è stata colpevolmente carente nell’applicazione di meccanismi di vigilanza adeguati a verificare le reali capacità tecniche e le reali condizioni di lavoro delle aziende appaltatrici. Il caso Loro Piana non è isolato e negli ultimi due anni provvedimenti simili sono stati applicati per Dior, Armani, Alviero Martini Spa (in questi casi l’amministrazione è poi stata revocata in anticipo) e Valentino.
Capi che l’azienda paga al produttore o alla catena di produttori 50 euro sono poi proposti per migliaia di euro nelle boutique. A pensar male, si può sospettare che gli indici di redditività altissimi del comparto moda (ben diversi da quelli dell’industria nautica) siano dovuti anche questo sistema di subappalti selvaggi.
Vero è che il valore intrinseco di un prodotto della moda di lusso, a volte, è difficile da definire. Quanto vale veramente una borsetta? Difficile dirlo, si entra nel mondo della percezione più che dell’oggettività. Sta di fatto che le lavorazioni di questi prodotti spesso non richiedono elevati investimenti in tecnologia, né sembrano necessitare di manodopera altamente qualificata, quanto meno a giudicare dalle recenti inchieste.
E la nautica?
Oggi i cantieri sono sempre più assemblatori e ricorrono al subappalto per una percentuale che può arrivare all’80% delle lavorazioni. Nel settore nautico, il subappalto è quindi una pratica ordinaria e strutturata: i cantieri navali affidano a terzi le lavorazioni specialistiche come carpenteria metallica, impiantistica, verniciatura, arredamento, elettronica, motorizzazione ecc. Queste attività realizzate da ditte esterne rappresentano la maggior parte del valore costruttivo di uno yacht.
Il rischio? Se non monitorati, i subappalti a cascata possono nascondere fenomeni di sfruttamento, evasione contributiva o violazione ambientale. Da qui l’importanza di controlli sostanziali. Importanza che non è certo sottovalutata del comparto nautico italiano che proprio nel valore della catena di fornitura individua una delle principali ragioni del suo successo internazionale.
Il caso Fincantieri: un campanello d’allarme nello shipbuilding.
Nel 2019, le indagini presso i cantieri di Porto Marghera (Fincantieri) hanno rivelato uno schema strutturato di sfruttamento della manodopera straniera tramite subappaltatori. Oltre 2.000 lavoratori venivano retribuiti con stipendi fittizi, privati di ferie e contributi, con l’utilizzo sistemico della cosiddetta “paga globale”.
Esito? Quattro procedimenti penali, decine di indagati, coinvolgimento dell’antiriciclaggio e riforma delle norme sul subappalto nel 2024.
E nella nautica di lusso? Nessun procedimento analogo è stato registrato contro i principali costruttori di superyacht.
Confronto settoriale: nautica da diporto vs moda in Italia
In sintesi, nel mondo del superlusso possiamo delineare un confronto tra i due comparti, in cui traspare una netta differenza.
Filiera evoluta e normativa robusta
Dati alla mano, la nautica si distingue per una filiera tecnica più visibile e certificata; una normativa più robusta e la realizzazione del prodotto è sottoposta a rigide regole da parte di organismi internazionali.
Un altro aspetto che distingue le due filiere è sicuramente il luogo in cui si realizza l’opera e il bene. Nel caso delle navi da diporto, le principali fasi realizzative e l’assemblaggio avvengono all’interno dei cantieri che hanno obblighi giuridici, contrattuali e di sicurezza da rispettare. Un cantiere è facilmente individuabile, rintracciabile e controllabile. Tanto per chiarire, quando un’azienda subappaltatrice opera all’interno dello stabilimento, il cantiere committente assume una serie di responsabilità specifiche, sia sotto il profilo giuridico che in materia di sicurezza sul lavoro. Dal punto di vista normativo, il riferimento principale è l’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003, che stabilisce la responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore.
In caso di omissione nel pagamento delle retribuzioni, dei contributi previdenziali o assicurativi, o nel versamento del TFR, il cantiere può essere chiamato a rispondere insieme agli altri soggetti coinvolti. Questa responsabilità si estende per un periodo di due anni dalla conclusione del contratto, mentre per i contributi previdenziali la prescrizione può avere una durata più lunga. In materia di sicurezza del lavoro, il D.Lgs. 81/2008 impone al cantiere committente l’obbligo di tutelare i lavoratori esterni che operano all’interno dei propri spazi. Tra gli adempimenti fondamentali rientra la valutazione dei rischi interferenziali, da effettuarsi attraverso la redazione del DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze). È inoltre necessario predisporre un’adeguata formazione e informazione rivolta ai lavoratori esterni in merito ai rischi specifici presenti nel sito e alle relative procedure di sicurezza da seguire. Dall’anno scorso, inoltre, il Decreto Legge 19/2024 ha rafforzato e chiarito ulteriormente le responsabilità in materia di gestione della manodopera lungo tutta la filiera produttiva.
Il fatto che esista un luogo fisico principale e ben individuabile in cui viene svolta la lavorazione e/o assemblata la componentistica di una nave da diporto rende il processo molto più trasparente e facile da controllare.
Ma oltre a questo, alcuni tra i principali cantieri italiani – tra cui Benetti, Sanlorenzo, Ferretti Group, Baglietto e Tankoa – adottano spesso strumenti ancora più avanzati per presidiare la filiera.
Quali sono?
Esistono probabilmente zone grigie nella filiera, soprattutto negli ingranaggi meno visibili e tecnici della catena di produzione: ditte delle pulizie, vigilanza, magazzini, trasporti, logistica, ditte fornitrici di prodotti finiti (arredi, complementi di arredo, accessori).
Tuttavia, in generale l’industria nautica nazionale dà prova di grande maturità anche sotto questo aspetto. I principali operatori stanno sempre più integrando i sistemi di sostenibilità ambientale con quelli sociali, introducendo audit volontari e clausole contrattuali anti-caporalato. In questo sono accompagnati da un paritetico processo da parte delle ditte che forniscono loro beni e servizi.
Cristina Bernardini