L’antipatia per la nautica da diporto che ha fatto fuggire all’estero gli armatori delle barche più importanti, che però battendo bandiera italiana sono comunque giustamente oggetto dell’attenzione del Fisco, è tangibile anche per i diportisti stranieri, che man mano che avanzano lungo le nostre coste devono rispettare normative regionali e locali diverse. Pensate che per agevolare agli stessi la visita delle aree marine protette è stata necessaria un’apposita circolare interpretativa condivisa da Capitanerie di porto, ministero dell’Ambiente e ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il comando Generale ha colto l’opportunità dei troppi controlli da svolgere per chiedere una distinzione tra unità da diporto, superyacht e megayacht compresi, dalle navi da crociera con migliaia di persone. Sotto costa, a una distanza minima di 500 metri (meno di 0,3 miglia marine) ora possono arrivare anche le navi da diporto con a bordo tra 12 e massimo 36 persone complessive. Tutto giustamente, vista la fonte, per la salvaguardia dei limiti ambientali e di sicurezza. Anche questa invece è una testimonianza dell’oscurità in cui si muove la politica italiana a tutti i livelli. La visita di diportisti e turisti italiani ed esteri dovrebbe essere la fonte di sussistenza di parchi e aree marine protette, che invece pur godendo di stanziamenti pubblici si sono in gran parte trasformate in privatizzazioni delle coste a favore degli enti locali, che decidono secondo il loro tornaconto. E l’interesse nazionale? Battere un colpo se esiste ancora.