Maestri d’ascia cercasi: la tavola rotonda AIVE per il futuro della cantieristica tradizionale in legno
La cantieristica italiana vive una stagione paradossale e il futuro non sembra essere migliore: le barche da restaurare non mancano, i cantieri hanno liste d’attesa sempre più lunghe, ma il capitale umano necessario per portare avanti competenze antiche e raffinate scarseggia. Chi si prenderà cura, chi restaurerà le vecchie signore del mare tra vent’anni? È questo il tema portato alla luce dall’Associazione Italiana Vele d’Epoca nel confronto serrato fra maestri d’ascia, giovani artigiani e cantieri storici. L’emergenza è reale: «C’è tantissimo lavoro, ma non sappiamo a chi farlo fare» è stata una delle frasi più frequentemente ripetute. Il nodo è noto da anni, ma oggi diventa urgente: senza un ricambio generazionale e un percorso formativo credibile, l’arte della costruzione e del restauro navale rischia di spegnersi. Del resto una indagine delle Heritage Craft Association aveva indicato le attività di costruzione di barche in legno e tutte quelle legate alla nautica, nella lista rossa, tra quelle in via di estinzione dal 2023. Ma come si può estinguere un’attività che si basa su un patrimonio nazionale ed internazionale costituito da un parco molto vasto di barche tradizionali in legno, e dove difficilmente il lavoro potrà essere eseguito dall’intelligenza artificiale?
Dove la tradizione diventa sistema Molti relatori hanno richiamato esempi virtuosi all’estero. Il più citato è quello dell’International Boatbuilding Training College nel Regno Unito, un modello di scuola totalmente finanziata che forma professionisti del legno, del metallo e dei materiali compositi. Il metodo è semplice ed efficace: corsi annuali gratuiti, cantieri scolastici aperti, barche reali messe a disposizione dai proprietari e studenti impegnati da subito su casi concreti. Un sistema che ha funzionato per cinquant’anni, creando nuove generazioni di tecnici specializzati. Un modello che molti relatori evocano come esempio da cui l’Italia potrebbe trarre ispirazione. Il valore inestimabile del lavoro del college non è bastato per tenerlo in vita e all’inizio del 2025, per motivi legati all’aumento dei costi dei materiali e dei costi generali, alla Brexit e al calo degli studenti, dopo 50 anni ha chiuso i battenti. La stessa sorte è toccata nel 2023 all’IBTC di Portsmouth. Il caso basco: un cantiere che diventa museo vivo Altro esempio citato è il progetto Albaola, nei Paesi Baschi in Spagna: un vecchio cantiere recuperato grazie al programma europeo Leonardo 2013, trasformato in un centro formativo, un museo vivente e un’officina culturale che produce barche tradizionali e turismo. Gli studenti imparano mentre lavorano guidati dai maestri locali. Il progetto si auto sostiene, dopo un finanziamento iniziale, e oggi è un attrattore internazionale. Un modello difficilmente replicabile in Italia, hanno osservato alcuni relatori, per questioni culturali e territoriali, ma non per questo meno stimolante. Difficoltà strutturali e segnali incoraggianti. Il panorama nazionale, raccontato dai protagonisti presenti, è complesso. Il titolo di maestro d’ascia esiste ma è percepito come poco rappresentativo; i cantieri faticano a investire in apprendistati onerosi; avviare un’attività autonoma richiede strutture e costi difficilmente sostenibili; la formazione pubblica è frammentata e spesso inefficace. Eppure, segnali positivi non mancano. Il caso Monfalcone: 700 iscritti a un corso online. Un corso divulgativo di 20 ore, nato per promuovere la figura del maestro d’ascia, ha raccolto oltre 700 iscrizioni, con una partecipazione media di 250 persone per sessione, anche dall’estero. Un risultato inatteso che conferma una verità spesso ignorata: l’interesse c’è, e non solo da parte degli addetti ai lavori. I giovani che tornano all’artigianato. Dalle testimonianze dei cantieri emergono storie incoraggianti: a Monfalcone e nel Golfo dei Poeti alcuni cantieri hanno già assunto più giovani. Alcuni gruppi familiari come gli Aprea o i Bonacina raccontano di ragazzi attratti dalla tradizione di famiglia o dal fascino del mestiere. Fenomeno incoraggiante si, ma spesso legato al solo ambito familiare per ‘passione infusa’. D’altro canto, i giovani, non discendenti da culture navali lamentano di non riuscire ad approcciare i cantieri dove, tra l’altro l’apprendimento però richiede tempo: «per diventare un buon ebanista o un mastro servono 10-15 anni», ricordano i maestri. L’esperienza Valdettaro: quando la formazione funziona. Una delle testimonianze più concrete arriva da Valdettaro, gruppo che negli ultimi anni ha avviato un progetto strutturato con scuole ITS e Confindustria. Il modello prevede: formazione teorica in aula, tirocini pratici da 500–600 ore l’anno nei cantieri, percorsi triennali che permettono un vero apprendimento progressivo. Il risultato? Sei giovani assunti, tra i quali i discendenti di storici maestri e alcuni ragazzi migranti che hanno trovato nella nautica un percorso professionale e umano di rinascita. Una dimostrazione che la collaborazione fra aziende, enti e territorio può produrre risultati concreti. Un centro unico nazionale. Il tema che emerge con più forza è la necessità di un centro unico italiano, stabile, finanziato, dedicato alla formazione di: maestri d’ascia, carpentieri navali, ebanisti, operatori nautici specializzati (movimentazione, logistica, refit). Un luogo capace di coniugare: pratica quotidiana, cultura marittima, preservazione della tradizione, e inserimento lavorativo reale. Un modello che unisca scuola, cantiere, museo e comunità, come già avviene all’estero. Il messaggio finale è unanime: la cantieristica tradizionale non è solo un settore economico, ma un pezzo fondamentale dell’identità marittima italiana. Senza un ricambio generazionale consapevole, intere competenze rischiano di scomparire. E la domanda, a margine della tavola rotonda, resta aperta e cruciale: riuscirà l’Italia a creare un sistema di formazione nazionale all’altezza del suo patrimonio marittimo? La volontà degli operatori del settore non manca: ora servono visione, infrastrutture e politiche capaci di trasformare l’emergenza in un’opportunità. E mentre il mondo corre verso processi sempre più affidati all’intelligenza artificiale, le attività della cantieristica tradizionale continueranno a richiedere, più di altre, la competenza insostituibile dell’uomo.
I partecipanti alla Tavola Rotonda moderata da Emiliano Parenti: Nino e Cataldo Aprea da Sorrento, Marco ed Eva Bonacina dalla Sardegna, Adriano Del Carlo e Massimo Pezzini da Viareggio, Fabio Tosi e Stefano Carlini col figlio Lorenzo da Rimini, Federico Lenardon, e Odilio Simonit da Monfalcone, Alessio Donno del Gruppo Valdettaro di La Spezia, Mario Quaranta col figlio Andrea da Imperia e Chicco Zaccagni.
Emanuela Di Mundo