200 anni fa il dramma della baleniera Essex che ispirò Moby Dick

200 anni fa il dramma della baleniera Essex che ispirò Moby Dick

200 anni fa il dramma della baleniera Essex che ispirò Moby Dick

Barca a vela

19/11/2020 - 12:56

Artemare Club ricorda che in questi giorni di due secoli fa nel cuore dell’Oceano Pacifico si consumò la tragedia della baleniera Essex, vero fatto di mare raccontato recentemente nello spettacolare film “In the Heart of the Sea” diretto da Ron Howard e che costituì la genesi del racconto di Melville “Moby Bick” uno tra i romanzi più letti al mondo che ha ispirato tanti film e serie televisive da rivedere nei tanti canali televisivi a disposizione specialmente in questi giorni di lockdown per l’emergenza Covid, dovendo stare più possibile a casa.

La pratica della caccia alle balene, che  purtroppo persiste al giorno d’oggi nonostante i divieti internazionali e l’estenuante battaglia condotta dalle grandi organizzazioni ambientaliste intente a garantire la salvaguardia della specie, ebbe un ruolo di grande importanza nella storia dei commerci marittimi, a partire dal XV secolo i pescatori baschi furono i primi a cacciare le balene con agili scialuppe e in seguito alla scelta dei cetacei di rotte più lontane per evitare gli agguati sotto costa i pescatori diventarono “marinai d’altomare” per poterle inseguire utilizzando imbarcazioni della lunghezza di 20 metri, sostituite più tardi dalle Caravelle dotate di maggiore manovrabilità e capacità di stivaggio. Tra il XVIII e il XIX secolo la caccia ai cetacei raggiunse il suo apogeo le zone di caccia si estesero in tutti gli oceani e la tipica nave baleniera era armata a tre alberi per superare le insidie del passaggio a Capo Horn e una capacità di stivaggio idonea per affrontare campagne di pesca della durata di diversi anni.

La baleniera Essex, costruita nel 1799 27 metri di lunghezza e circa 300 tonnellate di peso, nell'agosto del 1819 partì da Nantucket agli ordini del comandante George Pollard,  fece scalo su delle isole a Ovest delle coste africane e dopo aver preso una tempesta nell'Oceano Atlantico  doppiò Capo Horn e si spinse al largo dell'Oceano Pacifico verso rotte inesplorate. Il 16 novembre 1820 la vedetta, annunciò la vista di alcuni capodogli e il comandante fece calare tre lance che si gettarono subito all'inseguimento del branco dei capodogli entrati, in quel periodo, nella loro stagione degli amori ma un maschio enorme, preso subito di mira dagli uomini della Essex e capovolse una delle lance. Il 20 novembre, in un momento di calma il capodoglio si scagliò contro la stessa Essex, la nave duramente colpita, non affondò subito e gli uomini sulle lance e sul ponte ebbero un momento d'indecisione che si rivelò fatale, l'enorme cetaceo riemerse, colpendo di nuovo la nave già danneggiata dal precedente impatto che iniziò ad affondare. Rimasero in venti dell’equipaggio della Essex e su tre lance  approdarono sull'isola di Henderson, abitato da uccelli marini e con una vena di acqua. Decisero di ripartire il 27 dicembre, lasciando sul piccolo atollo tre naufraghi in attesa di aiuti, i tre saranno soccorsi più di tre mesi dopo. Nel Pacifico, oceano considerato calmo ma letale nelle vaste aree dove è di fatto impossibile ottenere cibo dal mare, le lance andarono alla deriva e gli uomini cominciarono a morire di sete e fame. Una delle lance con a bordo il secondo e 5 marinai scomparve in una notte di tempesta. Senza viveri, i marinai sulle altre lance si spinsero al cannibalismo dei compagni morti, ma presto anche questa fonte di cibo si esaurì. Della terraferma non vi era nessuna traccia, ed erano passati già 78 giorni dal naufragio. A questo punto i marinai si persuasero che fosse rimasta loro un'unica risorsa, uccidere un compagno, estratto a sorte, e mangiarne il corpo. Tale pratica venne messa in atto pur con grandi rimorsi da parte di tutti, finché a 650 km dalle coste del Cile  una nave salvò due sopravvissuti, il primo ufficiale Owen Chase ed un marinaio e, dopo una settimana, un'altra nave avvistò la seconda lancia con a bordo il comandante Pollard e un marinaio, ridotti allo stremo.

Il rimorso per il cannibalismo avrebbe segnato il resto della vita degli uomini sopravvissuti, il comandante, alla ripresa del mare, naufragò nuovamente su un banco di scogli e si ritirò a Nantucket senza più navigare. Il primo ufficiale Owen dopo alcuni anni prese il comando di altre navi e navigò per parecchie campagne di caccia alle balene, ma in vecchiaia fu dichiarato malato di mente. I marinai superstiti non navigarono più.

Nonostante un resoconto del primo ufficiale Chase, gli studi e l’ampia produzione cinematografica, Artemare Club rappresenta che mai sarà possibile concepire quale sofferenza psicofisica patirono i navigatori della Essex, così come quella di tutti gli sfortunati naufraghi che nei secoli precedenti si ritrovarono in analoghe situazioni durante le loro esplorazioni ai confini del mondo conosciuto. Parola di marinai!

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