L'Italia sempre più in alto nella yacht industry

L'Italia sempre più in alto nella yacht industry

Momento d'oro dell'Italia nautica, dalle Olimpiadi alla nostra industria

Editoriale

13/08/2021 - 20:07

La medaglia d’oro olimpica di Ruggero Tita e Caterina Banti, nella funambolica Classe Nacra 17, è indubbiamente storica. Gli italiani, benché popolo di navigatori che nella vela sportiva hanno espresso sempre grandi interpreti, alle Olimpiadi non sono quasi mai riusciti a cogliere le soddisfazioni meritate. Le freschissime vicende di Mattia Camboni, che a Tokio 2020, nella tavola a vela RS:X, ha perso per una questione di centimetri una strameritata medaglia, ne sono l’emblema.

 “È un oro che premia tutta la FIV – ha dichiarato a caldo a PressMare il coach della Federvela nei Nacra 17, Ganga Bruni - oltre ovviamente a consacrare Ruggero e Caterina, velisti fortissimi.”

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Il preludio a questo momento favorevole dell’Italia velica, lo avevamo avuto a marzo di quest’anno, andando mai così tanto vicini a un’altra impresa che sarebbe potuta essere addirittura epica, la conquista dell’America’s Cup con il Team Luna Rossa Prada Pirelli: arrivare in finale e averla contesa con onore al Defender, i fuoriclasse di Emirates Team New Zealand, è un’impresa che rimarrà comunque negli annali. Anche in quel caso patron Patrizio Bertelli e lo skipper Max Sirena, mettendo assieme il meglio dei velisti e aziende hi-tech, sono riusciti a dimostrare che l’Italia, programmando bene e lavorando al meglio, può arrivare sul tetto del mondo: alcun sogno ci è precluso, anche quello di portare a casa la Vecchia Brocca, il più antico trofeo al mondo. Luna Rossa va considerata un vanto, l’emblema del miglior Made in Italy, del nostro modo di fare bene le cose.

Sul tetto del mondo, nel settore nautico, quello che produce barche da competizione ma soprattutto da diporto, d’altronde già ci siamo stabilmente da un po’. La nautica italiana, dopo aver scritto pagine indelebili grazie a uomini che hanno saputo tramandare l’arte di costruire barche dalla notte dei tempi, quando è divenuta yacht industry, specie nel terzo millennio, ha saputo tirare fuori il meglio di sé. Siamo stabilmente primi nelle classifiche dei maggiori costruttori di grandi yacht, primi nella costruzione di unità semirigide, che i britannici chiamano RIB e noi, più semplicemente, gommoni, ma non ci sentiamo idealmente secondi a nessuno anche negli altri settori della nautica produttiva, quantomeno per le idee, la qualità e il buon gusto che caratterizza le produzioni dei nostri cantieri. Stiamo vivendo un momento magico, il 2021 verrà ricordato da molti come l’anno del sold out: sono mesi che non c’è più una barca nuova da vendere, non c’è più un motore in stock da poter montare a bordo.

Quale sia il trend delle aziende impegnate nel settore, d’altronde, ce lo ha fatto capire Confindustria Nautica con i numeri diffusi qualche settimana fa durante l’ultima Convention SATEC, relativi al trend del fatturato della cantieristica nautica nel 2021 rispetto al 2020: quattro costruttori associati su 10 hanno dichiarato per il 2021 una crescita del fatturato di oltre il 20%. Per tre su dieci il il balzo sarà superiore al 10%, per il 24% resterà entro il 10%, mentre solo il 3% ha previsto un risultato in linea con l’anno passato e altrettanti un dato negativo. Una fotografia che, pur non potendo avere il conforto di numeri certi, quelli dei bilanci – l’anno nautico termina al 31 agosto - sintetizza il momento d’oro, che va probabilmente al di là di ogni ottimistica previsione. Una crescita per lo più sostenuta dall’export che, con percentuali simili, riguarda anche il settore degli accessori: anche in questo caso solo il 3% delle aziende prevede una riduzione del fatturato per il 2021. Stentiamo a trovare un altro comparto produttivo che in Italia, in un momento così complesso come quello indotto dalla pandemia, abbia mostrato tale vitalità.

Altre due cose, infine, ci sentiamo di sottolineare, sempre sul momento d’oro dell’Italia nautica. L’edizione 2021 del Salone Nautico di Genova, la numero 61, che si svolgerà dal 16 al 21 settembre, viene annunciata come la più grande degli ultimi anni. 1.000 barche esposte, 1.000 aziende partecipanti, comprendendo oltre a cantieri e importatori, anche produttori di motori, accessoristi, fornitori di servizi, porti e approdi turistici, ecc. Erano anni che non si vedeva una tale grandeur per il nostro evento nautico, che inizia a beneficiare di quei lavori, la cui fine è prevista per il 2023, capaci non solo di cambiare faccia e dimensioni al Salone Nautico, ma anche il waterfront e quindi il volto della città di Genova. L’obiettivo di portarla a essere la capitale della nautica internazionale, si avvicina.

Quattro cantieri, infine, sono entrati a far parte della Superyacht Builders Association (SYBAss). Oltre a Gulf Craft, che ha sede a Umm Al Quwain, negli Emirati Arabi Uniti, nel novero troviamo The Italian Sea Group, Cantiere delle Marche e Nautor's Swan che, benché produca in Finlandia, a Pietarsaari, ha proprietà e quartier generale italianissimi. Altri tre brand che vanno ad aggiungersi ad Abeking & Rasmussen, Baglietto, Benetti, Bilgin Yachts, Burger Boat, CRN, Damen Yachting, Delta Marine, Feadship, Heesen, Horizon, Lurssen, Nobiskrug, Oceanco, Sanlorenzo, SilverYachts, Tankoa Yachts, Turquoise Yachts e Vitters.

In tutto si arriva a 23 associati, 24 se includiamo Fincantieri, altro produttore italiano in procinto di essere ammesso a questo particolarissimo club: l'insieme dei membri costruisce il 60% delle unità da diporto oltre i 40 metri di lunghezza, detenendo, insomma, il mercato. Una SYBAss dove, a conti fatti, oltre 1/3 degli iscritti oggi è composto da aziende italiane, ben otto (a breve saliranno a nove) contro le cinque olandesi, tre tedesche, tre americane, due turche, una australiana e una EAU. Aver conquistato tale leadership, in un ambito dove a contare sono stati storicamente sempre gli altri, dà il metro di quanto sia cresciuta la nostra cantieristica in termini industriali, produttivi e di credibilità. Siamo sul tetto del mondo e vogliamo restarci.

Fabio Petrone

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