Bertazzoni Ascensori, un must per i superyacht Made in Italy

Bertazzoni Ascensori, un must per i superyacht Made in Italy

Bertazzoni, gli ascensori e i superyacht: una storia da raccontare

Accessorio

13/06/2021 - 21:18

Oggi gli ascensori per yacht che la Bertazzoni Lift Marine installa, di per sé non sono più una notizia. Oramai vengono collocati su qualsiasi barca sopra i 35 metri, richiesti anche da armatori per il loro 30 metri, mentre ancora nel 2010 si varavano megayacht di 75 metri che di ascensori ne prevedevano affatto e anzi, solo 19 anni fa questi “accessori da barca” si può dire che non esistevano proprio. Incredibile constatare come, in così poco tempo, si sia spalancato un mercato. Eppure tutto è cominciato da un montavivande.

A riassumere la veloce storia evolutiva del "sali-scendi" in barca è Gianluca Bertazzoni, amministratore delegato dell'azienda che oggi copre l'80% del mercato nazionale. Gianluca è figlio d'arte. Il padre Ezio, fondatore della Bertazzoni Ascensori e ancora elemento cardine in azienda, ha iniziato a lavorare in ambito civile negli Anni 70 come dipendente della Falconi, allora la più nota azienda di elevatori in Italia: per dire, gli ascensori del Pirellone, a Milano, li installò lui.

Trasferitosi in Versilia, ha continuato la sua attività nel settore abitativo e residenziale, attività che ancora oggi rappresenta il core business della società e può contare su circa 2.000 ascensori in attività.

Nel 2002 arriva la possibilità di entrare nel marine e, come spesso succede, l'opportunità nasce fuori dagli uffici. In questo caso in un campo da calcio.

Trovandosi a Viareggio è normale che chi ti passa davanti durante il giorno sia qualcuno che ha a che fare con la nautica. In questo caso, per Ezio Bertazzoni si è trattato dell'allora direttore dell'ufficio tecnico del cantiere Benetti, che doveva installare un montavivande, anzi quel montavivande che ha dato origine a tutto.

«Poi il destino degli ascensori marini Bertazzoni ha seguito le orme della crescita Benetti. L'anno successivo il Dott. Vitelli compra il cantiere Orlando e si pensa a installare un ascensore, evoluzione della piattaforma terrestre, sul 56 metri Galaxy FB 232. E da lì sono poi arrivati tutti gli altri: Sanlorenzo, Rossi Navi, Codecasa, Baglietto…», racconta Gianluca che ci accompagna in questa scoperta. Che si nasconde quasi dietro ogni aspetto del movimento verticale. Per esempio, a differenza di quanto succede a terra, l'ascensore in barca ha una forte componente nazionalistica: gli italiani scelgono gli italiani, gli olandesi gli olandesi e i tedeschi i tedeschi, perché «sono progetti lunghi, ci vuole sinergia tra cantiere e fornitore, si lavora bene se si è vicini a casa e se si pensa nello stesso modo».

Il primo cliente della Bertazzoni Lift Marine è il cantiere, «perché ci siamo educati insieme a mettere le cose che servono per fare su e giù in barca, perché insieme abbiamo iniziato a studiare soluzioni custom: fino al nostro arrivo non si montavano». Rimane un evento raro che possa arrivare una richiesta da un armatore o dal suo rappresentante. «Più probabile che sia uno studio di architettura o di design, che ha visto ciò che realizziamo e vuole inserire un ascensore in uno spazio che ha a disposizione».

Proprio la gestione dello spazio, soggetto a metà tra l'alleato e l'avversario, per quanto è necessario e scarso allo stesso tempo, è uno degli elementi che costituisce la forza della Bertazzoni. Un cantiere sa di avere bisogno di un ascensore ed è l'azienda versiliese a gestire quel "buco" e tutto ciò che ne consegue: vani tecnici, cosa serve sopra e sotto, come va predisposto, quanto lavoro di customizzazione spinta deve essere previsto per forma, dimensioni e materiali. E con la crescita degli yacht si cominciano anche a prendere in considerazione cose che nel terrestre sono scontate, tipo le barriere architettoniche, mentre in barca no. Oggi è normale pensare a cabine ascensori poste nel vano scale con diametri da 1,40 o 1,60 metri. «Ma abbiamo realizzato ascensori circolari con diametro da un metro e oggi i montavivande si riescono a installare anche su un 50'». Ma sono comunque oggetti complessi: in un ascensore serve lo spazio per il motore e per il pistone (quelli installati a bordo sono tutti idraulici), almeno 80 centimetri sotto il piano di carico. Servono poi gli spazi tecnici per il quadro e la centralina, che sono sì piccoli, ma servono: addirittura dei cantieri hanno messo questi elementi dentro le cabine ospiti perché non era possibile trovare altre soluzioni.

«Noi però andiamo incontro il più possibile alle necessità del cantiere: il nostro manufatto è indipendente e spesso forniamo anche il vano corsa, con strutture autoportanti autonome. Così come la rete di assistenza per l'after sale e per la garanzia. Assistiamo e formiamo l'equipaggio, garantiamo la manutenzione periodiche, abbiamo service point in giro per il mondo. Diamo i pezzi di ricambio per risolvere eventuali emergenze di modo che nessuno rimanga dentro l'ascensore. Forniamo assistenza telefonica da remoto e spesso il danno si ripara anche a distanza, a volta con una soluzione già prevista, a volte con una soluzione all'occorrenza e poi assistenza world wide e intervento garantito in 48 ore».

L'ascensore si installa perché è comodo, ovviamente, ma è anche elemento di arredo, come quando diventa parte del design per esempio all'interno della tromba delle scale. «Spesso si deve litigare con falegnami o con i marmisti, ma raggiungiamo risultati talvolta inaspettati. Arriviamo quando c'è ancora una parte di progetto da realizzare e riusciamo a installare un ascensore anche in spazi piccoli, inferiori a ciò che i cantieri o i progettisti pensavano fosse il minimo. Ci chiamano per un montacarichi e finisce che ottengono un ascensore. Spesso capita anche sui refit che un montavivande di 1x1 metri, diventi un ascensore».

Talvolta gli ascensori Bertazzoni sono dei propri effetti scenici, come quello voluto dall'armatore del Diamonds are forever, che ha chiesto un modello pop-up che apparisse dal centro del tavolo sul fly bridge. «È piaciuto così tanto che oggi sui Benetti Vision di ascensori che escono dai mobili ne abbiamo realizzati una decina».

Rispetto al terrestre il mondo della salita automatizzata in barca ha costi e impegni quintuplicati. Un ascensore di forma regolare con tre fermate costa dai 100mila euro in su. La differenza si ha nella progettazione, non ci sono spazi comodi, è tutto custom, c'è da tenere conto dell'inclinazione della barca, da usare acciai speciali contro la corrosione (Aisi 316). Gli stessi tempi di montaggio sono decuplicati. «A terra una settimana, in mare due mesi: è tutto molto più complicato. Se in terra tra cabina e vano ascensore hai 10 centimetri, in barca talvolta ne hai uno e se lo spazio è superiore in cantiere non se lo fanno scappare e lo usano per far passare cavi, tubi e tutto quanto possa avere bisogno di una sede...».

L'abilità della Bertazzoni Lift Marine è poi anche estetica, oltre che funzionale. Deve rendere una macchina sacrificata per posizione e poco attraente per natura, piacevole da usare anche per l'occhio. «In terra come in mare l'ascensore vale sempre lo “zerovirgola” della struttura che lo ospita, però è spesso la prima cosa con cui prende contatto chi entra in quella struttura, diventa molto distintivo. Non per nulla i designer in barca si sbizzarriscono, ci sono pervenute proposte per realizzare ascensori praticamente con ogni soluzione possibile: vetro, acciaio, legno, pelle, persino un mosaico che riprende il decor del salone o la lamina d'oro…»

Insomma da quando a bordo ci sono gli ascensori Bertazzoni, la fantasia non ha mai smesso di salire a un livello sempre più alto.

Giacomo Giulietti

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