Diego Michele Deprati, amministratore delegato Baglietto

Diego Michele Deprati, amministratore delegato Baglietto

Deprati, AD Baglietto: per gli yacht di domani puntiamo sull'idrogeno

Superyacht

07/05/2021 - 22:04

Diego Deprati è l’amministratore delegato di Baglietto SpA, uno dei marchi che da quasi 170 anni è simbolo della cantieristica nautica italiana di “haute couture”, quella degli yacht di gran lusso, che oggi realizza solo in metallo. Un’azienda controllata dalla famiglia Gavio assieme a Bertram, iconico brand della nautica made in USA, specializzato nella costruzione di fisherman per la pesca d’altura.

Abbiamo intervistato il CEO di Baglietto all’interno del cantiere Baglietto di La Spezia, dove le attività produttive procedono con grande slancio

PressMare - Diego Deprati, innanzi tutto, quali sensazioni prova nell’avere fra le mani il timone di un cantiere con una storia così importante come quella di Baglietto?

Diego Deprati - Avevo già guidato l’azienda quando era a tutti gli effetti una start-up, nel 2012, al momento in cui la famiglia Gavio rilevò Baglietto dal fallimento. Fu un periodo emozionante, molto stimolante, perché si trattava di prendere in mano un cantiere con tanta storia alle spalle, tanto blasone, ma a tutti gli effetti fermo, in difficoltà, e si doveva farlo ripartire. Esserne chiamato al timone da Beniamino Gavio per avviare quella svolta, fu davvero magico. Oggi sento di nuovo quelle stesse vibrazioni positive perché percepisco che ci sono le condizioni per portare il marchio a vivere un altro momento storico, dove la recente fusione fra Baglietto e CCN è stata solo l’inizio.

PM - Perché la fusione?

DD - Per razionalizzare le risorse, per evitare che le due gamme di prodotto andassero a collidere su dei modelli, per concentrare le responsabilità in un unico management ristretto e coeso, molto preparato e, quindi, in grado di far ulteriormente crescere l’azienda. Luca Ghirlanda, Guido Penco, Fabio Ermetto, Daniele Bellotto sono tutti grandi professionisti della yacht industry, con skill molto solidi, manager di comprovate capacità, insomma è un’ottima squadra sulla quale contare per dare un nuovo impulso al cantiere.

PM - Se dovessimo giudicare dalle barche che avete venduto negli ultimi tempi, due annunciate solo a marzo, sembrerebbe che ci stiate riuscendo…

DD - Vendere va benissimo ma poi il cantiere deve essere in grado di produrre gli yacht con degli standard qualitativi non solo consoni al blasone del marchio ma capaci di renderlo competitivo su un mercato dove molti dei concorrenti producono barche eccellenti. Oggi siamo principalmente focalizzati su questi aspetti, perché sta aumentando il numero delle barche in produzione e noi dobbiamo essere certi di riuscire a dare ai nostri armatori yacht con standard qualitativi mediamente superiori.

PM - Quanti yacht avete in costruzione oggi e quanti ne potreste fare al massimo della produttività?

Tengo innanzi tutto a puntualizzare che non vogliamo raggiungere livelli produttivi numericamente elevati, non è nel DNA del “marchio del gabbiano”, le barche Baglietto sono sempre state per pochi. Fatto salvo ciò, abbiamo attualmente nove unità in costruzione fra i cantieri di La Spezia e di Carrara (ex CCN ndr). Proprio nella zona industriale di Avenza, però, abbiamo acquisito un secondo sito produttivo (finora utilizzato da Persico Marine ndr) dove a breve diverranno operativi altri due slot per costruire navi fino ai 50 metri di lunghezza. In questo modo contiamo di arrivare a poter costruire contemporaneamente fino a 10 unità.

PM - Voi realizzate tutto in casa, compresi scafi e sovrastrutture, giusto?

DD - È una scelta fondamentale per essere certi della qualità del prodotto finito e dei tempi di costruzione, perché i ritardi costano tantissimo, troppo, sia in termini economici che d’immagine…

Nelle realtà della nautica produttiva come la nostra, il ruolo del cantiere è oggi quello di saper scegliere e coordinare tutta una serie di uomini e aziende che all’interno delle nostre strutture partecipano alla realizzazione di una costruzione molto complessa, come è quella di una nave da diporto, dove ognuna delle persone coinvolte deve portare un valore aggiunto.

PM - Ogni volta che la nautica ha patito una crisi, una delle ripercussioni più penalizzanti per la yacht industry, è stata la perdita di maestranze specializzate. È successo anche dopo il tracollo del settore, all’inizio dello scorso decennio?

DD - Purtroppo sì, e ancora oggi patiamo le conseguenze di quella crisi che ha falcidiato tutta la filiera nautica, soprattutto piccole aziende e artigiani costretti a reinventarsi in altri settori. In un momento positivo di mercato come quello attuale, in cui nei cantieri nautici c’è lavoro per tutti, è invece difficile reperire maestranze specializzate, che sappiano lavorare con qualità. Come le ho detto prima, i nostri cantieri per poter competere sul mercato internazionale devono essere in grado di realizzare yacht eccellenti, inappuntabili, ed è indubbio che in un prodotto dalla forte componente artigianale come quello che facciamo noi, le capacità del singolo, di ogni operaio che partecipa alla costruzione, possano fare la differenza. Paradossalmente abbiamo tanti ingegneri che si propongono, ma pochi, pochissimi operai che abbiano voglia di lavorare in cantiere e soprattutto capacità di lavorare bene. A latitare sono soprattutto gli italiani.

PM - Eppure la disoccupazione giovanile da noi è molto alta…

Lo sa quanto paghiamo un operaio specializzato per saldare l’alluminio? Anche cinquemila euro al mese, ma trovarne uno nel mercato del lavoro è un’impresa e quei pochi reperibili sono tutti rigorosamente stranieri, molto spesso arrivano dall’est.

PM - A parte le considerazioni sulla voglia dei giovani di sporcarsi le mani, comunque serve dar loro formazione per essere avviati a certi tipi di mestieri. Avete fatto presente il problema alle istituzioni ed eventualmente che tipo di risposta avete ottenuto?

DD - Nessuna risposta e ciò aggrava la situazione perché sotto il profilo occupazionale non ci dà prospettiva. Dunque, facciamo da soli, investendo tanto tempo e denaro sui giovani. Un ragazzo che arriva in cantiere senza conoscere nulla del mondo del lavoro, se è sveglio e ha voglia di fare, ha bisogno di almeno un paio d’anni di apprendistato per poter divenire autonomo nella sua attività, per poter iniziare a dare un reale contributo alla produzione.

PM - Nonostante ciò, però, poco fa mi diceva di vivere un momento di vibrazioni positive…

DD - Perché siamo di fronte a una svolta storica. Non possiamo più attendere, il mondo della yacht industry non può più permettersi di stare a guardare, deve puntare sull’innovazione, deve investire su ricerca e sviluppo per arrivare a produrre barche che possano essere davvero compatibili con l’ambiente, e noi con Baglietto vogliamo guidare questo nuovo corso, esserne l’emblema.

PM - Finora il mondo della nautica è sempre stato molto legato alla tradizione…

DD - Direi poco incline a recepire o a ricercare innovazioni se non quelle legate al benessere della vita di bordo, al comfort degli ospiti. Anche se l’inquinamento prodotto dallo yachting rappresenta un numero assolutamente relativo rispetto al resto, è indubbio che ciascuno debba fare la propria parte affrontando il problema in maniera seria. Il green deal europeo, poi, ci mette di fronte a due date fondamentali: il 2030, anno entro il quale bisognerà aver ridotto del 40% le emissioni di CO2, e il 2050, quando il rilascio di anidrite carbonica prodotta dalle attività dell’uomo dovrà essere azzerato. Rispetto ai cicli della storia sono scadenze molto, tremendamente vicine, rappresentano davvero il domani, il che ci obbliga ad agire subito e con il massimo impegno.

PM - Cosa sta facendo di concreto Baglietto in questo senso?

DD – Il nostro approccio a una nautica maggiormente attenta all’ambiente è partito ormai da qualche anno, quando abbiamo realizzato il “Vanadis” con il marchio CCN, il primo motoryacht ibrido costruito in Italia ad aver ottenuto la certificazione “Hybrid Power” dal Lloyd's Register.

PM – Barca varata nel 2019, è stata una sorta di pietra miliare per voi e per la nautica…

DD – Una barca che ci ha dato grande soddisfazione costruire perché ha dato modo ai nostri tecnici di cimentarsi con un mondo che non conoscevano, quasi sperimentale, ma che ha anche avuto il merito di farci crescere, di aprire la nostra mente al futuro. I sistemi ibridi che proponiamo oggi sulle nostre barche si basano su una parte termica tradizionale, con motori e linee d’asse, i generatori collegati al motore elettrico, sulla gear box, e alle batterie. Penso che questo tipo di soluzioni oltre che per i risvolti ambientali, prenderanno sempre più piede perché consentono un migliore uso della barca, rendono possibile un maggiore comfort. Fare il bagno a mare oppure trascorrere una notte in rada avvalendosi solo dell’energia accumulata nei pacchi batteria, vuol dire accrescere in quei momenti il livello di comfort in maniera netta.

PM - Cioè accresce anche la percezione di lusso, di esclusività per l’armatore…

DD - Indubbiamente! Tenga anche presente che in futuro parchi e riserve marine aumenteranno e con esse le restrizioni alla navigazione, per cui dovremo essere in grado di dare ai nostri armatori yacht capaci di navigare anche a emissioni zero, pur se per brevi tratti. Anche questo è un aspetto che enfatizza l’esclusività dello yacht. Poi c’è anche una questione legata ai consumi: pensi che una nostra nave dislocante di 52 metri, grazie ai nostri sistemi ibridi e quindi con i soli generatori e i motori elettrici accesi, può navigare a nove nodi consumando 49 litri/ora, un risultato straordinario.

PM – Questo è lo stato dell’arte della tecnologia sugli yacht Baglietto. Guardando al futuro a cosa state lavorando?

DD – La nostra nuova frontiera sarà il ricorso all’idrogeno per produrre energia. Abbiamo avviato da tempo studi con partner italiani per dotare sia i nostri yacht sia il nostro cantiere di sistemi in grado di produrre autonomamente l’idrogeno, quindi senza dover ricorrere ad alcun approvvigionamento, di conservarlo in un sistema di stoccaggio assolutamente sicuro, per poi poterlo utilizzare per produrre energia grazie alle fuel cell.

PM - Quanto tempo ci vorrà per vedere in acqua il primo Baglietto in grado di navigare con l’energia prodotta dalle celle a idrogeno?

DD – Per una nave in grado di navigare utilizzando un sistema a idrogeno per la propulsione, realisticamente credo che avremo bisogno di una decina d’anni, sperando che si possa raggiungere questo traguardo anche in meno. Per quel che riguarda l’utilizzo di un energy pack a idrogeno in grado di soddisfare il fabbisogno energetico necessario a tenere in piedi i servizi di hotellerie di bordo, molto meno. Spero di poter darvi maggiori dettagli già durante la nostra annuale conferenza stampa che terremo come al solito in settembre, durante il Monaco Yacht Show.

Ricordiamo che oggi Baglietto produce motoryacht fra i 38 e i 65 metri – attualmente ne ha nove in costruzione nei due cantieri di La Spezia e Massa - declinati in una decina di modelli diversi, suddivisi in tre distinte gamme firmate da Francesco Paszkowski e la linea DOM disegnata da Stefano Vafiadis. La  TLine  è la linea dislocante e comprende scafi che vanno da 52 a 65 metri. Si tratta di unità, con scafo in acciaio e sovrastrutture alluminio, “tradizionali” nel senso di modelli che puntano su valori quali l’eleganza senza tempo, la disponibilità di volumi, l’attitudine a rimanere a lungo lontane dai porti e dunque adatte alle lunghe crociere.

Ci sono poi altre due gamme di navi assolutamente in continuità con la caratterizzazione tecnologica e performante che ha reso famosi certi motoryacht Baglietto del passato, le Fast e Superfast, realizzate totalmente alluminio, in grado di accontentare gli armatori che preferiscono andare veloci oppure velocissimi.

Differiscono fra loro nel target di velocità, a seconda della motorizzazione scelta: i modelli Fast sono yacht con propulsioni in linea d’asse che raggiungono velocità attorno ai 20-23 nodi. La linea Superfast annovera modelli con velocità attorno ai 30 nodi, per i quali è necessario ricorrere a sistemi di propulsione diversi, anche misti linee d’asse/jet propeller. La linea DOM, invece, include cruiser in alluminio di medie dimensioni, che si contraddistinguono per linee esterne contemporanee e da generosi volumi interni oltre ad ampi spazi all'aperto.

Fabio Petrone

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