Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, fonte wikimedia

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, fonte wikimedia

La nautica che verrà: rassegnati a una vita protocollata

Editoriale

29/04/2020 - 19:45

Anche noi ieri sera abbiamo assistito alla conferenza stampa del Presidente del Consiglio Conte, che ha annunciato l’inizio della tanto attesa “fase 2”. Dal 4 maggio si riaprono le attività produttive, fra le quali è inclusa anche la cantieristica nautica: evviva.

Un plauso va a Confindustria Nautica, associazione che riunisce la yacht industry, al suo Presidente Saverio Cecchi e a tutto il suo team, per aver ottenuto quello che era il loro obiettivo principale: curare gli interessi dei propri soci, far si che le loro aziende, che i loro dipendenti potessero tornare a lavorare, a produrre barche e ricchezza per il sistema paese.

I cantieri nautici vengono riconosciuti come “attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale che possono continuare l’attività” inclusi perché “orientati in modo prevalente alle esportazioni, il cui prolungamento della sospensione rischierebbe di far perdere al nostro Paese quote di mercato”. Ergo, della nautica ne ha bisogno il Paese, riaprirla è per il bene di tutti. Fin qui ci siamo.

Il Governo Conte, però, è rimasto fermo, guardingo su tutto il resto che a gran voce era chiesto dal settore: poter ripartire anche con le altre attività fondamentali per chi vive di nautica e per chi la nautica la vive come fortissima passione. Porti turistici resteranno ancora chiusi, invece, almeno fino al 18 maggio, e dunque fino a quella data non sarà possibile accedervi e poter andare in barca, e per questo non ripartono l’attività di charter, le gare di pesca, le regate ecc.

Anzi, quantomeno sul discorso dell’andare al porto per vedere in quali condizioni è la propria barca, salire a bordo e fare operazioni di manutenzione, bisogna fare dei distinguo perché, ad esempio, nel Lazio il Governatore Zingaretti ha emanato un’ordinanza che invece consente ai diportisti di farlo. Poi c’è il caso della Campania dove anche il Governatore di ferro, De Luca, anziché incenerire i concittadini diportisti campani con i suoi lanciafiamme, parrebbe aver concesso loro la stessa cosa. Usiamo il condizionale perché l’ordinanza in questione è sibillina, non chiara e dunque necessita di un ulteriore intervento da parte della Regione che spieghi realmente cosa questo benedetto diportista possa fare. Il burocrate di turno ce l’ha incartata ancora una volta, “cose ‘e pazz”!

E tutti gli altri? A parte Venezia, dove l’uso della barca è vita ed è, quindi, stata autorizzato da Brugnaro, che si aspettino i protocolli!

La cantieristica nautica ha potuto aprire perché le attività delle imprese nautiche sono state classificate come a “basso rischio” e a “bassa integrazione sociale” secondo il rapporto redatto dall’Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro. Abbiamo già spiegato come funziona il meccanismo “dell’indice di aggregazione” e dei rischi classificati – linkandoti qui trovi l’articolo – dai quali risulta che questi s’impennano, invece, in presenza di attività libere di utenza privata, che non sono preordinate, organizzate e vincolabili.

Quindi, nel caso delle attività nautiche o quantomeno per alcune di quelle fondamentali, come l’utilizzo del porto turistico da parte degli utenti, per renderle “safe” bisognerà attivare dei protocolli, da quando si arriva alla sbarra con l’auto, a quando si esce in mare ma anche e soprattutto per quando si entra in un approdo, specie quando si fa crociera. Tutto dovrà essere regolato e, speriamo, che sia fatto con un protocollo sensato, fatto da chi sa come funziona una marina.

Stesso dicasi per il charter, servirà un protocollo che garantisca la salute di operatori e clienti per ciò che concerne la sanificazione delle barche, ma che descriva nel dettaglio come accogliere i clienti a bordo, come gestirli durante la crociera e allo sbarco. Per avere un’idea di tali argomenti, consigliamo di guardare l’intervento di ieri sera di Matteo Italo Ratti durante la prima puntata di “PressMare Live” il nostro talk show in streaming pubblicato e disponibile sulla pagina Facebook di PressMare. Il direttore di Marina Cala de’ Medici, ha fatto una chiara disanima di ciò che intendiamo.

Tornando al discorso di Conte ma soprattutto al decreto della “fase 2”, lo abbiamo trovato un atto che, ancora una volta, mette in luce un atteggiamento tipico del politico italiano: piuttosto che fare, sbagliando, meglio non fare, non prendere decisioni. In questo caso meglio aspettare, ancora, rifugiati dietro la schiera di saggi che in realtà prendono le decisioni e che lasciano l’Italia ancora ben stretta dentro la morsa del lockdown. Si poteva fare di più? Secondo noi sì. Siamo a due mesi da quando la pandemia si è conclamata, da quando è stato deciso di bloccare il Paese per motivi di sicurezza. Due mesi nei quali si sarebbe dovuto lavorare da subito per la ripartenza, in cui le strutture tecnico-burocratiche preposte, avrebbero dovuto attivarsi con maggiore efficacia, per avere, se questo deve essere il nostro futuro, i protocolli di cui sopra, per la vita di tutti i giorni, come per andare al ristorante oppure a prendere un aereo, e per tutto il resto.

Ieri sera Conte ha serenamente affermato che l’INPS durante l’emergenza ha lavorato quanto normalmente fa in cinque anni, certificando in pratica che in tempi normali la sua produttività è risibile. Non ci basta più, è l'esempio di cosa nel Paese non va.

A oggi di queste prassi non si sa molto, sembra riguardino chissà quale futuro che, invece, è adesso. Basta chiacchiere, bisogna darsi da fare.

Fabio Petrone

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