Alessandro 'Dado' Castelli, sail designer in Doyle Italia

Alessandro 'Dado' Castelli, sail designer in Doyle Italia

Doyle Italia, l’ingegnere-velista Dado Castelli, sail designer

Editoriale

10/02/2020 - 18:01

Continuano le interviste di Pressmare per conoscere il capitale umano di Doyle Italia, veleria che vanta sia una grande tradizione ed esperienza che un forte spinta all’innovazione e all’investimento sul capitale umano dato dalla sua giovane dirigenza.

Per chi volesse rileggere la precedente intervista, a Dario Motta, questo è il link: https://www.pressmare.it/it/comunicazione/press-mare/2020-01-28/doyle-italia-valore-aggiunto-dario-motta-il-neozelandese-25119

Alessandro Castelli, conosciuto da tutti con il suo nickname Dado, 51 anni, è sail designer in Doyle dove è entrato da poco più di un anno portando competenze che vanno dall’ingegneria aeronautica alla vela praticata con grande passione su ogni tipo di barca, in particolare sulla deriva più diffusa al mondo, il Laser del quale è campione italiano in carica nella sua categoria.

Dado, come hai iniziato con la vela?
In maniera molto classica, da bambino sull’ Optimist, per poi passare a 14 anni sul Laser, deriva che amo visceralmente e sulla quale continuo a regatare. A 17 anni ho iniziato a vincere regate importanti, 2 campionati italiani juniores e 3 Europei, un titolo italiano e una campagna di selezione Olimpica per i giochi del ’96. Attualmente sono campione italiano categoria Master e a bordo del mio Laser ho stabilito il Record del Lario, da Gera Lario a Como.

Per la cronaca questo record porta il nome del padre di Dado, Pino Castelli, fondatore del Circolo della Vela Bellano e inventore, assieme ai suoi cugini, del magnetofono che venne commercializzato in Italia dalla Geloso. Un DNA da inventore che Dado ha ereditato e in un certo qual modo riportato nell’ingegneria applicata alla progettazione di vele.

Cosa ti ha spinto a entrare in Doyle Sails Italia?
In occasione del campionato mondiale J/70 a Porto Cervo, nel 2018, Checco Bruni era appena diventato socio della veleria e mi ha proposto di entrare “in famiglia” suo fratello Marco e Salvo D’Amico sono amici quasi d’infanzia, con l’Optimit prima e il Laser poi regatavo contro di loro a Palermo. Ma soprattutto Doyle è una realtà primaria a livello internazionale, grazie alla qualità dei disegni e delle membrane le nostre vele armano progetti molto significativi nei settori Racing e Grand Prix, offrendo valide alternative tecniche. Detto questo la differenza è fatta dalle persone, in Doyle mi trovo particolarmente bene e credo che questa stessa positività la ritrovino anche i clienti.

Qual è il tuo principale apporto come sail designer?
Certamente le competenze di ingegnere aereonautico e l’esperienza come sail designer in America’s Cup presso il Lausanne Institute of Technology dove entrai proprio grazie a un software che avevo progettato per la mia tesi di laurea sull’aeroelasticità. Una disciplina che è oggi è data per assodata, ma vent’anni fa era l’avanguardia. A questo aggiungiamo una discreta esperienza come velista, questo mi consente di trasferire in modo particolarmente efficace la teoria in pratica e anche gestire il percorso inverso.

Ci vuoi parlare di come si utilzza al meglio il software di disegno per le vele Doyle?
Il modello aeroelastico usato da Doyle è una versione customizzata del Sailpack, ovviamente non è più il mio software del tempo. La cosa più importante è chi usa e come usa il tool, se conosci bene sia la struttura informatica che la fisica che c’è dietro riesci a interpretare in maniera corretta i risultati e ad accorgerti se c’è qualcosa che non quadra. Se la simulazione numerica mi dà risultati strani, grazie alla conoscenza del fenomeno riesco a comprendere dove potrebbe esserci a il bug e produrre un risultato molto coerente con il comportamento reale del flusso d’aria.

Qual ritieni sia la nuova frontiera nella progettazione di vele?
La nuova frontiera, o meglio la più utilizzabile, è l’accoppiamento dell’aerodinamica complessa alla struttura, soprattutto per le andature portanti. Si sta lavorando con ottimi risultati al miglioramento delle simulazioni aeroelastiche alle andature portanti, quindi quando il flusso si stacca dalle vele (spi, gennaker).

Che trasferimento di tecnologia ed esperienza c’è tra la ricerca per le regate e la crociera?
Moltissimo, non solo sui materiali ma anche sul disegno del profilo. Per esempio una randa per un 40’ piedi da crociera può beneficiare in fase di progetto di un’ottimizzazione che ne garantisce un rendimento superiore. I nostri clienti sono molto attenti alle performance, questo significa magari poter andare a vela anche con aria più leggera. Questo è un valore aggiunto che vale ampiamente la differenza di costo con vele standard più economiche.

Hai parlato di materiali, ci sono novità per i vostri clienti?
Lo Stratis ICE, già ampiamente testato sui racer e in particolare sull’IMOCA 60 Hugo Boss del solitario Alex Thomson è ora utilizzato con risultati eccellenti e unici su altre barche, decisamente più “umane”. Si tratta di un polimero UHMWPE ad alto modulo, con caratteristiche analoghe al carbonio ma con una durabilità simile allo Spectra. Un materiale ideale per chi fa i giri del mondo, se viene usato sulle barche da crociera permette una maggior leggerezza e soprattutto maggior durata. Sono membrane sottilissime che non si delaminano mai, abbinate alle fibre ICE sono certamente il prodotto migliore in questo campo. Lo Stratis viene continuamente aggiornato, con membrane di qualità estremamente superiore.

Giuliano Luzzatto
@gluzzatto

 

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