Il trasporto eccezionale di uno yacht, foto archivio Tecno Trasporti

Il trasporto eccezionale di uno yacht, foto archivio Tecno Trasporti

No ai trasporti eccezionali in Liguria: cantieri nautici in difficoltà

Editoriale

15/07/2019 - 11:08

A26 e A10 vietate ai trasporti eccezionali. La notizia di questi giorni ha messo in subbuglio il mondo dei trasportatori, di tutte quelle aziende che si avvalgono dei loro servizi per movimentare ciò che producono, ma anche dei porti, Genova e Savona soprattutto, punti nevralgici della logistica del nord ovest d’Italia da dove le merci prendono il mare per raggiungere chi le ha ordinate, chi le paga. Una mazzata per il triangolo industriale Milano-Torino-Genova, anzi per ciò che resta di esso, dopo il lento ma inesorabile declino vissuto proprio per colpa della cronica carenza di infrastrutture. Una rete ferroviaria obsoleta, autostrade pensate e costruite talvolta male in un’altra epoca, sono il grave limite di un'area ma anche di un Paese fra i più industrializzati al mondo.

A bloccare il traffico dei trasporti eccezionali a tempo indeterminato è stata la necessità di lavori di manutenzione su alcuni viadotti: A26 tra Masone e Ovada e tra Alessandria Sud e l’allacciamento con la A7. Interdetto anche un tratto di A10, tra Celle e l’allacciamento con la A6. Dopo ciò che è successo al Ponte Morandi l’anno scorso, ben vengano controlli e manutenzioni, ma sono sicuramente i tempi e i modi a lasciare perplessi, visto che la decisione è stata presa da Autostrade per l’Italia senza avvertire nessuno, il giorno 3 luglio con effetto immediato. Anzi, in alcuni casi anche retroattivo, perché il divieto è stato applicato anche per quei trasporti già programmati da tempo per i quali erano stati ottenuti i permessi, organizzate le scorte, pagati i pedaggi… senza fornire deroghe e, soprattutto, percorsi alternativi che consentano alle merci di arrivare alla costa ligure.

Questa situazione di totale fermo dei trasporti eccezionali mette in difficoltà tante aziende che operano in diversi settori, ad esempio quello dei grandi impianti, e tutte quelle dove il lavoro di tante persone produce pochi oggetti ma complessi, grandi e di grande qualità, come quello nautico, il nostro, dove siamo leader mondiali. A peggiorare la situazione per la cantieristica nautica è proprio il periodo nel quale sono stati fermati i trasporti, quello delle consegne delle barche ai loro armatori, regolate da ferrei contratti d’acquisto dove i ritardi si pagano a caro prezzo. Se una mancata consegna è un problema, quando a essere coinvolte nei ritardi sono diverse barche, le penali a carico del cantiere diventano devastanti. La chiusura per sicurezza è il giusto primo atto di fronte a problemi del genere, ma non può essere l’unico. Dare come unica alternativa l’attraversamento dell’Italia al trasporto di una barca che deve andare in acqua, visti i tempi e i costi necessari, avrebbe comunque l’effetto di una pesante penale.

Il crollo del ponte Morandi, a Genova, è stato una sorpresa amarissima, ma in quel caso per non far morire Genova, sono stati immediatamente creati percorsi alternativi. Questa deve essere una certezza per tutte le infrastrutture dalle più semplici alle più sofisticate, perché le aziende non possono andare in crisi o addirittura morire per l’improvvisa cedevolezza di strade, per la mancanza di itinerari alternativi a ciascuna struttura. Va bene chiudere in nome della sicurezza ma c’è anche la sicurezza del lavoro e della socialità che va difesa, specie in questi anni così difficili per l’economia e il mondo del lavoro.

 

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