Pardo 43: il test in mare del primo motoryacht dei Cantieri del Pardo

Pardo 43: il test in mare del primo motoryacht dei Cantieri del Pardo

Pardo 43: il test in mare del primo motoryacht dei Cantieri del Pardo

Barca a motore

01/01/2018 - 01:00

Pardo 43: il primo motoryacht dei Cantieri del Pardo

La prova in mare

Abbiamo avuto la possibilità di provare la barca al mattino presto, proprio fuori il porto di Cannes, orario che avrebbe dovuto garantire condizioni di mare calmo. Invece, proprio al momento di mettere la prua fuori dalla diga foranea, un improvviso colpo di vento ha iniziato dapprima a muovere e poi ad agitare le acque, con raffiche fino a 30 nodi che sembravano provenire da direzioni differenti, per dichiararsi poi come Scirocco, con creste bianche ovunque. Serrato a dovere ogni oggetto a bordo, siamo partiti per il test. Lo scafo è stato realizzato in infusione di resina vinilestere con fondo e chiglia monolitici, che disegnano una carena a V profondo, molto stretta a prua, 50°, con angolo di 16° a poppa. La spinta è affidata a due IPS 600 della Volvo Penta, con unità termiche da 435 HP ciascuna, la configurazione più potente disponibile. Per chi lo desiderasse c’è anche l’alternativa di due IPS 500, con motori da 740 HP complessivi.

Iniziamo con la prova di velocità, accelerando da 600 giri/min, il minimo a marcia innestata, con l’obiettivo di riuscire a toccare la massima che ci è stata dichiarata, cioè 40 nodi, dopo aver segnato tutte le velocità intermedie, ogni 500 giri/min del motore.

Tutto bene, la barca obbedisce tranquilla, la prua resta sempre ben alta sull’acqua fino alla crociera dei 2.500 giri/min, quando la velocità supera i 20 nodi, 22,4 per l’esattezza. Da quel momento l’onda corta e ripida che si è venuta a creare davanti a Cannes, inizia a farsi sentire sotto la carena che continua ad aprire bene e confortevolmente il mare senza che lo spray riesca a salire in coperta. Cercando ridosso e dunque condizioni di mare migliori, che ci consentano di fare velocità, puntiamo a Sud-Est, oltre Mandelieu La Napoule, dirigendo la prua verso l’alta costa di Saint Hubert, proprio da dove proviene il vento. A poco meno di 30 nodi, raggiunti a circa 3.000 giri le onde sembrano essere diventate trampolini e la barca più di una volta esce per più di metà fuori dall’acqua, ricadendo pesantemente e suggerendo buonsenso fino a farci togliere gas. Tornati a 25 nodi anche la barca torna a essere padrona del mare, confortevole, asciutta; navighiamo così fin quando non arriviamo quasi sotto costa, dove il mare finalmente spiana. Lo spazio non è molto, perché non vogliamo avvicinarci di più alla riva – non è periodo di balneazione, ma non si sa mai - però ci sembra sufficiente per andare sicuramente più a fondo con le manette, fino ad arrivare al massimo.

Ripartiamo dai 2.500 giri, dunque, che stavolta corrispondono a 22,8 nodi grazie al mare più favorevole. Il consumo è di 70 litri/ora per motore. Lo step seguente ci riporta ai 3.000 giri cioè 29,4 nodi e 208 litri/ora complessivi di consumo. Eleggiamo questa come velocità di crociera con condizioni di mare calmo: un bell’andare. La barca ha un bell’assetto sempre con la prua alta sull’acqua, scia di altezza contenuta, tuga perfettamente asciutta, poche le vibrazioni, elevato il comfort anche per chi resta sdraiato sul prendisole poppiero. Saliamo di altri 500 giri e l’accelerazione si fa sentire decisa, nonostante siamo ormai prossimi al regime massimo di rotazione dei motori e lo scafo si trovi in una condizione di carico significativa: pieno di acqua e carburante, ma anche pieno di accessori: dal generatore allo stabilizzatore giroscopico, dalla plancia poppiera up/down alla passerella elettroidraulica. I dati che arrivano dal GPS di bordo dicono che siamo a 36,7 nodi; sullo schermo dedicato ai motori leggiamo un consumo di 162 litri/ora per motore. Vorremmo arrivare con le manette a fondo corsa, manca poco, ma siamo ormai fuori dal poco ridosso che ci ha dato la costa, per cui siamo costretti a invertire la rotta per trovare di nuovo mare calmo. Togliamo un po’ di gas e viriamo a sinistra a 30 nodi in mezzo a un mare di nuovo spumoso. La barca esegue la manovra inclinandosi il giusto, senza dare mai la sensazione di derapare con la poppa e senza lasciare mai che la prua si abbassi. La buona disposizione di tientibene lungo le murate, su tuga e hard top, offre un appiglio sicuro a chi si trovi a bordo, per cui continuiamo a stringere la virata, stimata in sei/sette lunghezze barca, e poi compiamo un 8, per vedere come si comporta lo scafo accostando anche a dritta. Nulla da eccepire, anche il riallineamento su rotta rettilinea è senza indugi. Torniamo dunque ad accelerare e lo scafo reagisce ancora una volta pronto a dare soddisfazione. I numeri comunicati dal GPS salgono veloci, poi più lenti in prossimità del limite da noi registrato: 39,2 nodi a 3.600 giri/min. Probabilmente qualche decimo di nodo in più la barca avrebbe potuto prenderlo, ma a quasi 40 nodi il ridosso naturale dietro al quale ci siamo rifugiati è diventato ancora più breve, per cui col mare di nuovo spumoso siamo costretti a togliere manetta. Rientriamo col mare di poppa verso il porto di Cannes e ci accorgiamo che sul nostro parabrezza l’acqua, nonostante la tanta spuma, non è ancora arrivata. Viaggiamo col classico filo di gas, gestendo la planata attorno ai 17-18 nodi fino davanti al faro verde del porto, poi via motore, al minimo, e timone, perché da lì in poi manovriamo col joystick. Lo diciamo una volta di più: sbaglia chi pensa che il joystick sia un ausilio per chi non è capace a fare le manovre. Almeno, ha ragione ma solo in parte. Secondo noi utilizzarlo è una gran bella comodità, punto e basta, un’esperienza che consigliamo anche a chi sbaglia una manovra su mille, perché così, magari, non sbaglierebbe più nemmeno quella. Un ausilio che consigliamo certamente a chi spesso esce in mare con equipaggi poco o affatto dal piede marino – in caso di propria impossibilità al comando, col joystick a bordo ci sono molte più chance che qualcuno riesca a riportare la barca all’ormeggio – ma anche a chi usa la barca come un lupo di mare, perché si tratta di un’esperienza diversa, divertente, ma soprattutto efficace e oltremodo comoda di portare la barca. Così, nonostante il vento che negli ultimi minuti sembra essere addirittura aumentato, ormeggiamo la barca senza incertezze e in breve siamo pronti a scendere.

Facciamo ancora un giro dentro, sotto coperta, per vedere se, dopo il nostro giro sul toboga che ci ha proposto quel giorno il mare, ci sia qualcosa fuori posto, sganciato o smontano. Nulla di tutto ciò. Il modo di costruire, la qualità mutuata dalla produzione a vela, quella del Cantiere del Pardo, dei Grand Soleil, è perfettamente tangibile e sicuramente continuerà ad esserlo nella futura gamma di cui Pardo 43 è capostipite. La sua evoluzione dovrebbe vedere la nascita di un modello più grande, attorno ai 50 piedi, ma anche uno più piccolo di 36’, novità che probabilmente, visto il successo commerciale del 43’, vedremo in acqua ben presto.

La prova prosegue con la seconda parte

Il Pardo 43 è stato provato da Fabio Petrone.

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