Le ultime unità varate dal cantiere CRN

Le ultime unità varate dal cantiere CRN

CRN: la fucina dei superyacht “ad libitum”, seconda parte

Superyacht

15/01/2018 - 12:35

Continua il nostro viaggio nella realtà del mondo CRN di Ancona, accompagnati dall’Ing. Ferdinando Pilli, direttore dell’Ufficio Tecnico del Cantiere

Vai alla prima parte dell'intervista

PressMare - Qual è la nave più “difficile” che avete costruito?

F.P. - Dal punto di vista tecnico una delle sfide più difficili da affrontare è stata la realizzazione di J’Ade, costruzione numero 125 di CRN, uno yacht di 60 metri dotato di garage allagabile. Una soluzione che ovviamente agevola la movimentazione del tender di bordo – nello specifico si trattava di un runabout Riva Iseo, di 8 metri di lunghezza, ndr – perché non richiede l’uso di gru per le operazioni di varo e alaggio, ma che ha anche il pregio di nobilitare una zona altrimenti solo tecnica della nave, facendola divenire elemento caratterizzante per il pieno godimento dello scafo. Il garage di J’Ade, che ha l’apertura laterale, infatti, è integrato alla zona lounge del beach club, caratterizzato dalla grande spiaggia a pelo d’acqua che si viene a creare con l’apertura del portellone di poppa. In questo modo le sezioni poppiere dello yacht divengono un unico caratteristico e godibilissimo ambiente per l’armatore e i suoi ospiti. Tale soluzione la stiamo adottando anche sulla nuova unità di 50 metri attualmente in costruzione in CRN, il SuperConero, che ha un garage allagabile addirittura più complesso rispetto al precedente, un progetto ripensato completamente per poter essere inserito su uno scafo più piccolo rispetto al precedente.

PressMare - La barca che invece le ha dato più soddisfazione veder varata?

F.P. - Ogni varo fa effetto, perché la costruzione di una nave, il vederla venir su dal nulla, è una vera e propria gestazione di due, tre o addirittura quattro anni, durante i quali tutto il cantiere è spinto a dare il massimo. È un difficilissimo puzzle dove dobbiamo riuscire a porre ogni tessera al punto giusto e nel momento giusto, mettendo massima attenzione e qualità nel lavoro. Aver visto andare in acqua navi come Yalla (73 metri), Chopi Chopi (80 metri) o la più recente Cloud 9 (74 metri), le navi più grandi finora costruite da CRN, è stata indubbiamente una grande soddisfazione. Non le nascondo, però, che ogni unità ha una sua storia e, per quel che mi riguarda, una sua “anima” dettata dalla complessità del progetto ma anche dagli uomini che hanno lavorato con me fino al momento in cui tutto si conclude, quello del varo, ogni volta unico, molto bello da vivere.

PressMare - Ha citato le navi più grandi finora mai costruite da CRN: ne farete di più grandi oppure il mercato sta richiedendo anche unità più piccole?

F.P. – Sulla tendenza del mercato le potrebbero rispondere meglio i miei colleghi che si occupano della vendita delle unità CRN. La mia personale opinione è che ci sia ancora tanto spazio per lavorare bene su dimensioni attorno ai 50 metri, ma è ovvio che un cantiere come il nostro, in grado di realizzare navi fino a 100 metri di lunghezza, entro tale limite è aperto a qualsiasi richiesta. Non a un caso il progetto più recente che abbiamo presentato è quello di un 86 metri Explorer Yacht, disegnato dallo studio Harrison Eidsgaard, ma attualmente abbiamo in costruzione un 62 metri firmato da Nuvolari & Lenard, il citato 50m SuperConero dello studio Zuccon International Project che firma anche il 79 metri, l’unità più grande oggi in lavorazione ad Ancona. Bisogna poi aggiungere altre due navi in metallo molto importanti che stiamo realizzando per altri brand del Gruppo Ferretti: il Riva 50 metri e il Pershing 140’. Se osserva i disegni di queste barche che le ho citato o quelli di altri yacht che stiamo in questo momento proponendo al mercato, sono tutte barche diverse, diversissime fra loro anche dal punto di vista tecnico oltre che estetico, che testimoniano ancora una volta quanto CRN sia davvero in grado di realizzare unità “ad libitum”.

PressMare - Qual è il futuro delle propulsioni? Pensate anche voi che il sistema diesel elettrico, con pod in carena, sarà la soluzione giusta per i superyacht?

F.P. - I sistemi diesel elettrici sono già ampiamente utilizzati nell’ambito delle navi commerciali, dove hanno dimostrato la loro efficacia specie quando applicati su grandi unità. Tuttavia ciò non vuol dire che prenderanno velocemente piede anche nell’ambito dello yachting, perché si tratta di una tecnologia complessa, da conoscere. Molti comandanti di navi da diporto amano avvalersi di tecnologie consolidate, che non creino problemi di alcun tipo, che siano facilmente gestibili dagli equipaggi, sicure, affidabili. Il diesel elettrico necessita invece di competenze specifiche per poter essere utilizzato al meglio, col massimo in termini di sicurezza e affidabilità. Prima di tutto vanno quindi formati gli ingegneri, gli specialisti di macchina che si trovano a bordo ma andrebbero formati anche i comandanti, perché ne sappiano sfruttare a pieno le potenzialità.

PressMare - Lo stesso scarso “sentimento” lo registra anche per le soluzioni green?  Le motorizzazioni ibride rappresentano il presente per i superyacht oppure potrebbero intervenire altre soluzioni da qui a breve?

F.P. - Oggi assistiamo a un crescente interesse nei confronti delle barche “green” e l’ibrido allo stato dell’arte, declinato dai costruttori di sistemi in vari modi, è la soluzione più impiegata. L’aspetto che lo rende più interessante agli occhi degli armatori è quello della possibilità che dà di poter navigare a emissioni zero all’interno di riserve e parchi naturali, altrimenti inaccessibili, e poi quello di poter vivere la barca, ad esempio di notte, senza dover attingere energia dai generatori. Nello shipping si sta lavorando molto a un’altra possibile soluzione che è quella di utilizzare il gas come combustibile per i motori. Per l’esattezza si tratta di GNL, acronimo che sta per Gas Naturale Liquefatto, ma è una tecnologia abbastanza nuova anche per le navi commerciali per le quali stanno entrando ora in vigore standard e certificazioni. Anche in questo caso, però, ci sono degli aspetti tecnici complessi che ne rallentano l’adozione su vasta scala nel diporto, come, innanzi tutto, la mancanza di una rete di distribuzione che dia la possibilità di fare rifornimento nelle marine.

Sistemi di stabilizzazione: si può farne a meno?

Non si potrà assolutamente più fare a meno dei sistemi di stabilizzazione, anzi gli armatori sono sempre più sensibili alla loro presenza ed efficienza, non tanto durante la navigazione ma quando la nave è alla fonda, momento in cui sfruttano maggiormente lo yacht. Per imbarcazioni come le nostre, dai 40 ai 100 metri, la soluzione elettro-idraulica garantisce risultati ottimali. Al contrario per le barche di dimensioni inferiori è sufficiente una soluzione elettrica in modo da non gravare sul bilancio energetico di bordo con un conseguente aumento della taglia elettrica dei generatori così come del livello d’inquinamento.

PressMare - Qual è l’aspetto che tecnicamente, dal punto di vista progettuale sta maggiormente caratterizzando l’attuale generazione di navi da diporto?

Il progetto di una nave oggi è sempre più condizionato dalla ricerca di spazio in genere, ma soprattutto quello dedicato ad accogliere i toy di bordo. L’armatore ne vuole sempre di più al seguito, dalle moto d’acqua ai sottomarini, dalle barche a vela ai diving, come richiede tender sempre più grandi, comodi, ben motorizzati per essere veloci. Per contenere tutto ciò serve spazio, servono soluzioni ingegnose come quella di J’Ade o del SuperConero, per poterlo sfruttare al meglio.

 

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