La sede del cantiere CRN ad Ancona

La sede del cantiere CRN ad Ancona

CRN: la fucina dei superyacht “ad libitum”, prima parte

Superyacht

14/01/2018 - 19:12

Il cantiere CRN di Ancona, rappresenta oggi una delle eccellenze della nautica made in Italy. Abbiamo intervistato il direttore del suo Ufficio Tecnico, Ferdinando Pilli

Fondato nel 1963 come Costruzioni e Riparazioni Navali, ad Ancona, è divenuto uno dei più importanti marchi al mondo, protagonista nell’ambito delle costruzioni navali per il diporto col suo acronimo ovvero CRN. Un brand che fa capo al Gruppo Ferretti e che è specializzato nella realizzazione di superyacht in metallo, la cui sede, ancora ad Ancona ma nel tempo cresciuta in termini dimensionali e di strutture, è oggi, a 55 anni dalla nascita, una vera e propria factory per navi di lusso. Qui sono realizzate, infatti, non solo le unità in metallo che fanno parte dell’offerta della holding forlivese – Riva e Pershing, oltre a CRN – ma anche alcuni dei modelli in composito più grandi di Custom Line. Per questo fare di questi tempi un giro all’interno della shipyard di Ancona vuol dire poter percepire, toccare con mano non solo l’offerta del Gruppo nell’ambito delle barche extra lusso, ma la “potenza di fuoco” di una struttura che riesce a gestire costruzioni navali molto diverse fra loro in termini di materiali utilizzati, lunghezze, performance, allestimenti, design, ecc.

Quella che segue e che per lunghezza abbiamo preferito suddividere in due parti, è l’intervista che ci ha rilasciato l’Ing. Ferdinando Pilli, Direttore dell’Ufficio Tecnico di CRN e dei megayacht in acciaio e alluminio per i marchi Riva e Pershing. Grande esperienza accumulata nelle progettazioni navali militari e commerciali, è lui il capo, la persona alla quale, con il suo staff di tecnici e ingegneri, è demandato il compito seguire la costruzione delle navi in metallo, dal foglio bianco in poi, seguendo una filosofia di prodotto di un marchio al quale, nel caleidoscopio di proposte di Ferretti Group, è riservato il compito di realizzare le costruzioni più complesse, grandi e probabilmente difficili. Perché CRN oggi punta tutto sul mercato delle navi da diporto full custom, sulla barca totalmente personalizzata anche per ciò che riguarda gli scafi.

“Si lavora su progetti “ad libitum” dell’armatore, per lunghezza, larghezza e performance – ci racconta l’Ing. Pilli – a tal punto che, compatibilmente con i paletti imposti dal progetto navale, dalla sua ingegnerizzazione e dallo stato di avanzamento dell’insieme, consentiamo modifiche fin quando si può.

PressMare - Questo vuol dire davvero “cucire la barca addosso” a ogni cliente…

F.P. - Esatto, proprio come dal sarto! Tutti parlano della qualità che i cantieri nord europei riescono a proporre sulle loro navi e devo dire che anche in CRN si è lavorato tantissimo per offrire gli stessi standard. Se lei osserva a fondo le nostre ultime costruzioni, se le paragona alle loro, vedrà che il gap di una volta è stato colmato. Quello che invece vorrei sottolineare, dove noi riusciamo a essere unici rispetto al resto del mondo dei costruttori navali, è proprio il livello di personalizzazione che riusciamo a garantire sulle nostre barche. Secondo me in questo il made in Italy e nello specifico CRN non ha paragoni. In Germania o in Olanda lei si accorda col cantiere, firma il contratto e la barca che vedrà il giorno del varo sarà esattamente quella. Da noi questa rigidità non c’è, anzi, delle volte andiamo anche oltre la ragionevolezza pur di accontentare l’armatore – afferma sorridendo Pilli – però alla fine riusciamo a consegnargli davvero la barca dei suoi sogni.

Cosa comporta progettare una nave ex novo, partendo da un foglio bianco?

F.P. - Negli oltre 50 anni di attività nell’ambito delle costruzioni navali CRN ha accumulato una profonda conoscenza, quello che si chiama know-how nella progettazione e ingegnerizzazione di superyacht. Per questo siamo sempre abbondantemente preparati e pronti a rispondere a ogni istanza progettuale. È ovvio che, proprio in virtù di tale pregresso, il foglio non è mai bianco perché si parte da una base consolidata, da molteplici carene conosciute, testate nelle vasche navali, che poi vengono sviluppate e portate a dare delle garanzie in termini strutturali e idrodinamici, qualsiasi sia lo scafo richiesto. Per arrivare a ciò utilizziamo sofisticati quanto affidabili sistemi di Computazione Fluido Dinamica, conosciuti come CFD, dove tutto il lavoro fatto in vasca navale viene ulteriormente ottimizzato per arrivare alla specifica carena di cui abbiamo bisogno.

PressMare - Utilizzate una vasca navale specifica per i vostri studi?

F.P. - Nel tempo abbiamo realizzato studi in tutte le principali vasche navali europee, con le quali abbiamo instaurato ottimi rapporti di collaborazione. Dunque, non abbiamo preferenze.

Osservando il mercato si percepisce quanto le navi da diporto tendano a divenire sempre più larghe, per rispondere alla richiesta di volumi sempre maggiori. Quello che oggi è il baglio massimo di un superyacht un tempo sarebbe stato considerato ardito…

F.P. - È una giusta osservazione che mette in risalto il modo diverso col quale si progetta oggi una nave o un mega yacht, più organico rispetto al passato. A dire il vero il mondo dell’ingegneria navale è uno di quegli ambiti dove, rispetto ad altri, nel tempo si è innovato di meno, ma l’adozione dei computer per il calcolo delle strutture e del corretto bilanciamento dei pesi a bordo, dei citati sistemi CFD per le linee d’acqua, ha di fatto reso estremamente più veloce, affidabile e integrato il processo che porta all’esatta determinazione di un progetto totalmente efficiente e affidabile. Questo comprende e dunque sfrutta al massimo le forme dell’opera viva, di propulsioni e appendici, compresi i sistemi di pinne che servono a stabilizzare un’unità. Così, ciò che un tempo sembrava ardito oggi è divenuto norma, ma senza ricorrere a rivoluzioni.

PressMare - Sulle forme dei bulbi però qualcosa s’è fatto, oggi su certe carene se ne vedono di forme molto più strette, delle volte simili a vere e proprie lame.

F.P. - I progettisti CRN stanno dedicando grande attenzione al bulbo e allo studio di nuove forme, proprio in funzione delle nuove tipologie di prore che ci vengono richieste. Recentemente, infatti, stiamo assistendo ad un abbandono delle prue classiche, slanciate in avanti, a favore di linee estetiche con prore verticali o addirittura “reverse bow”, inclinate all’indietro, che obbligano ad adattare i bulbi, le loro forme. Il bulbo è un elemento fondamentale per il contenimento dei consumi di una nave. La sua forma classica, tondeggiante, che vediamo caratterizzare le carene delle navi dislocanti, nasce per ridurre la resistenza dello scafo in acqua. Semplificando al massimo possiamo dire che giocando con dimensioni, forma e posizionamento, si riesce a creare una depressione proprio davanti alla prua della nave, capace di annullare l’onda generata dal moto, inducendo l’acqua a scivolare lateralmente lungo lo scafo. Grazie a un bulbo ben progettato il risparmio di carburante raggiunge il 12-15%. Il bulbo ha quindi un impatto notevole sui costi di gestione specie quando parliamo di navi che non stanno mai ferme, come quelle commerciali o da crociera. Ma è importante anche per le navi da diporto che vengono richieste con autonomia oceanica. Consumare di meno, infatti, vuol dire accrescere il numero di miglia percorribili senza scalo. I bulbi di cui accennava lei, dalla forma molto più slanciata, vedono invece la loro applicazione soprattutto per le carene semi-dislocanti utilizzate nello yachting, applicate quando l’armatore per la propria barca richiede velocità superiori rispetto a quelle garantite da un’opera viva dislocante.

PressMare - In termini di materiali ci sono novità?

F.P. - Dal punto di vista costruttivo i materiali classici si confermano essere sempre quelli più utilizzati. Il composito risulta essere un materiale conveniente fino ad un massimo di 48metri. I progetti di imbarcazioni dalla metratura superiore, invece, si caratterizzano per raggiungere livelli di personalizzazione molto elevati e la vetroresina non è più conveniente in termini economici, lasciando spazio all’utilizzo del metallo. Qualche input diverso arriva invece dalla realizzazione degli interni ma è sempre legato a particolari dettagli richiesti dall’architetto.

PressMare - Il rapporto con i designer: qual è il punto d’incontro fra il vostro e il loro lavoro?

F.P. - Collaboriamo sempre a stretto contatto con i designer, rendendo concreta un’idea creativa. Il nostro compito è, infatti, quello di ingegnerizzare la “visione” dei designer, trasformando il progetto in uno yacht unico. Ogni unità costruita nel corso degli anni ha presentato sfide e complicazioni dal punto di vista architettonico che abbiamo affrontato e risolto, accrescendo il nostro bagaglio d’esperienza e proponendo CRN sempre più come realtà all’avanguardia della cantieristica nautica. Solitamente, quando si lavora con designer che hanno esperienza del mondo della vetroresina, i progetti spesso si caratterizzano per particolari dettagli e curvature che non sono facili da realizzare utilizzando il metallo. Il nostro lavoro diventa più semplice quando collaboriamo con designer che hanno quella che potremmo definire come “mano da acciaio”, che hanno cioè sviluppato conoscenza, intesa come potenzialità e limiti, delle costruzioni in metallo.

L'intervista prosegue nella seconda puntata

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