L’Hérétique, ovvero il destriero del “pazzo” Alain Bombard

L’Hérétique, ovvero il destriero del “pazzo” Alain Bombard

L’Heretique, ovvero il destriero del “pazzo” Alain Bombard

Storia e Cultura

18/12/2017 - 20:44

Tutti dicevano “è pazzo”, quando nel 1952 il biologo francese Alain Bombard si lanciò nella traversata atlantica con un gommone Zodiac a vela di 4 metri e mezzo, l’Hérétique, senza provviste. Voleva dimostrare che i naufraghi muoiono per cause psicologiche e non per mancanza di cibo e acqua. Ci riuscì, sbarcando alle Barbados (da Tangeri), dopo 65 giorni alla deriva, durante i quali si cibò di plancton e bevve acqua di mare, calcolata per non rischiare di morire.

All’esito del suo viaggio concluse che a spingere i naufraghi verso la morte fossero perlopiù cause psicologiche, quali disperazione e paura, essendo concretamente possibile per il naufrago, in buone condizioni di salute, trarre mezzi di sostentamento dal mare stesso. La preparazione del viaggio e l’intera esperienza sono state narrate in un libro intitolato “Naufrago Volontario”.

Ecco cosa scrisse, qualche tempo fa, Repubblica, per celebrarlo il giorno della sua morte, avvenuta nel 2005:

“Nel 1952 dalla rada di Las Palmas nelle Canarie si lanciò nell’ oceano Atlantico con un gommoncino di 4 metri e una veletta primordiale che alzava su un remo messo in verticale. Un pazzo? Beh, il mondo dei sette mari è sempre stato pieno di pazzi e dunque non ci sarebbe da meravigliarsi. Ma il dottor Alain Bombard non era pazzo. Si stava lanciando in una impresa «impossibile» per dimostrare una cosa: che un naufrago può sopravvivere a lungo in mare nutrendosi di ciò che il mare offre. Le cronache e i naufragi che lui aveva attentamente studiato mentre lavorava come biologo ricercatore all’ Istituto oceanografico di Monaco, gli avevano suggerito l’ idea che un naufrago non avesse bisogno di costose e complicate zattere di sopravvivenza ma piuttosto di una buona conoscenza del funzionamento della macchina umana e del suo rifornimento giornaliero.

Così, partì avendo a bordo ami e lenze, sacchetti di cotone e uno strano apparecchio che sembrava uno spremiagrumi casalingo. Ed era in realtà uno spremiagrumi, solo che lui lo aveva modificato invertendo la parte su cui si poggia la mezza arancia. In questo modo nella fossetta che si era creata lui metteva un pesce squamato e disliscato e poi tagliato a tocchetti. Spremeva e beveva l’ acqua che ne ricavava. Con i sacchetti raccoglieva il plancton, che abbonda negli oceani e di cui si nutrono anche le balene con le loro enormi fauci e che lui ingurgitava con grande piacere del palato. Il pesce crudo era comunque l’ alimento più ricorrente nel menu quotidiano. Di tanto in tanto beveva anche un po’ di acqua di mare. E fu proprio questo a procurargli la fama del pazzo scriteriato perché la medicina considerava l’ acqua di mare un tabù pericolosissimo, specialmente per i reni.

Dieci anni dopo la sua impresa l’ Organizzazione mondiale della sanità ancora ne sconsigliava l’ uso. Ma Bombard se ne infischiò di tutto e di tutti e partì. Con due remi e una veletta c’ era poco da stare allegri. Rimase per gran parte dei 65 giorni del suo viaggio in balìa dei venti e soprattutto delle correnti. Nelle calme equatoriali il suo «Heretique» procedeva, raccontò una volta, come seguendo i contorni dei petali di un fiore, cerchietti su cerchietti percorrendo moltissime miglia ma rimanendo quasi sempre nello stesso posto.

Anche il battello era una novità assoluta per quegli anni: un gommone. In commercio ancora non esistevano ma una ditta francese, la Zodiac, dicentata poi famosa in questo campo, aveva costruto i battellini per i piloti che cadevano in mare. Costruendo l’ Heretique sulle necessità di Bombard finì per costruire quello che poi divenne, con un motore fuoribordo a poppa, il prototipo di tutti i gommoni, la madre di tutti i gommoni. Anche quelli apparvero in Italia più di dieci anni dopo. Dopo 65 giorni, Bombard approdò nelle Antille. Un po’ dimagrito ma sano e salvo. Non avendo a bordo altro al momento della partenza si era cibato davvero di plancton, pesce crudo, spremuta di pesce e acqua di mare. «Bisogna berne poca – ha raccontato poi per anni e anni a chiunque gli poneva la domanda – e senza mai arrivare alla disidratazione». La pesca durante quei due mesi fu una cosa semplice. «Abboccavano sempre» raccontava estasiato. Soprattutto pesci volanti che saltavano nel pozzetto da soli senza bisogno di ami e lenze”.

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