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IMOCA 60, l'evoluzione dei progetti di Verdier per la Vendée Globe

Didattica e tecnica

13/10/2017 - 21:05

Quest'oggi proponiamo ai nostri lettori, attraverso il racconto dell'architetto navale francese Guillaume Verdier, un viaggio nell'affascinante ma altrettanto impegnativo mondo degli Imoca 60 attraverso tre diverse generazioni.

2007-2008: La prima generazione

Nel 2007 ero a Valencia con il design team K Challenge per l’America’s Cup. In collaborazione con Bernard Nivelt, progettammo carene molto ampie alle estremità e con murate molto verticali. Allo stesso tempo studiammo il compromesso tra la rigidità dello scafo, la superfice bagnata e la lunghezza dell'onda di carena e alla fine una prua con più volume si dimostrò essere la più efficiente, dal momento che estendeva l’onda creata dalla barca.

Nel medesimo periodo iniziai la mia collaborazione con il design team di VPLP. Insieme lavorammo sulla progettazione della barca Safran di Marc Guillemot (ora Queguiner di Yann Elies) e Groupe Bel di Kito de Pavant (ora Souffle Nord di Thomas Ruyant). I nostri progetti segnavano un netto punto di rottura con gli scafi IMOCA precedenti e avevano le seguenti caratteristiche:


- Lo spigolo sulla carena era uno dei suoi punti caratterizzanti e si allungava per l’intera lunghezza dello scafo largo 5 metri e mezzo. Per la prima volta sulle barche di 60 piedi avevamo una minor superficie bagnata con murate molto verticali. Con volume isgnificativo a prua, le linee d’acqua a barca sbandata risultavano molto tese, al contrario di quanto avveniva in precedenza.

- La chiglia era in posizione molto arretrata e inclinata sul suo asse verso l’alto permettendo alla parte anteriore della pinna di lavorare in linea con la carena sbandata.

- Per quanto riguarda la coperta, decidemmo di centrare i pesi ed abbassare il baricentro. L'albero era classico, con tre crocette (mentre Bel Group optava per l'albero alare) e situato in posizione molto arretrata favorendo così l’andatura di lasco e la riduzione della vela. La randa era molto slanciata e presentava una struttura piuttosto originale, molto ramificata (come le foglie di un ramo di albero) e resistente in caso di danni.

Per sperimentare le novità introdotte furono utilizzati software CFD (Computational Fluid Dynamics) molto elaborati e precisi che ci permisero di comprendere appieno i compromessi tra una scelta e l’altra. Allo stesso modo furono condotti dei test in vasca per valutarne le performance. Ne risultarono barche molto stabili, nonostante le dimensioni relativamente ridotte, con un comportamento ottimale con onda formata nella quale non avevano tendenza a ingavonare.

2009-2010: La seconda generazione

Tra il 2009 e il 2011, in collaborazione con VPLP progettammo quattro nuovi 60 piedi: PRB di Vincent Riou, Virbac-Paprec 3 di Jean-Pierre Dick (ora Bastide-Otio di Kito de Pavant), Banque Populaire di Armel Le Cléach (ora Maitre Coq di Jérémie Bayou) e Macif di François Gabart (ora SMA di Paul Meilhat). Prendemmo come riferimento il progetto iniziale di Safran, che si dimostrò essere molto efficace. La sfida ora era quella di spingersi oltre i limiti considerando anche il riscontro oggettivo degli skipper. La teoria e la pratica devono sempre andare “a braccetto”.

Per PRB, l’intenzione di Vincent Riou era di avere una barca snella e infatti ogni fazzoletto di carbonio veniva valutato in modo tale da ottenere una struttura sempre più leggera. Infine, dopo un alleggerimento della parte meccanica raggiungemmo un risultato inimmaginabile. La carena e lo spigolo che si protendeva per 5 metri e mezzo verso prua erano identici a Safran, mentre il piano di coperta fu modificato secondo le esigenze di Vincent Riou, come pure l’albero alare con gli outriggers.

Per Virbac-Paprec 3 sviluppammo le carene di seconda generazione. Fu incrementato il volume anteriore per compensare la spinta delle vele ed anche in questo caso per le misurazioni ci affidammo a strumenti sofisticati. I test in vasca furono condotti presso la Woolfson Unit (Southampton), permettendoci così di certificare in toto le qualità della barca. Allo stesso modo furono condotti sempre in vasca i test di simulazione del moto ondoso. Fu utilizzato il software CFD per verificare dove fossero i punti di maggior carico della carena e grazie a questi strumenti riuscimmo nell’intento di progettare una barca con una carena molto rigida che non flettesse al lasco stretto.

Questo fu un bel passo avanti, un’ottimizzazione significativa della nuova generazione di 60 piedi. Lo spigolo si allungava ora fino a 5,70 metri verso prua. Venne scelto un albero convenzionale molto leggero e compatto, progettato e costruito da Southern Spars.
Banque Populaire e Macif sono barche gemelle e le caratteristiche salienti di entrambe sono: uno scafo potente con spigolo lungo 5,70m, albero alare, daggerboard dritto, pinna della chiglia in carbonio per Banque Populaire e d'acciaio, invece, per Macif, e la coperta a forma di ala di gabbiano. Quest’ultima fu un’idea di Michel Desjoyeaux, che ne vide un vantaggio sia strutturale che pratico, per lo stoccaggio delle vele al centro. Su sua richiesta venne inoltre creata una rete strutturale complessa sottocoperta. Macif e il suo lo skipper François Gabart vinsero la Vendée-Globe 2012-2013.

2015-2016: La nuova generazione

Per l’edizione 2016-2017 della Vendée Globe, sono cambiate alcune regole di classe e relativi standard. Sono stati imposti albero alare e chiglia uguale per tutti. Con VPLP veniamo contattati per progettare sei nuove barche: Safran II di Morgan Lagravière, Banque Populaire di Armel Le Cléach, Gitana di Sébastien Josse, St Michel-Virbac di Jean-Pierre Dick, Hugo Boss di Alex Thomson e in ultimo No Way Back di Andrea Mura, poi ceduta a Pieter Heerema. A questo punto l’unica possibilità per migliorare le prestazioni erano proprio i foil.

In prima battuta, abbiamo testato le nostre precedenti filosofie progettuali con i software aggiornati ma già utilizzati per i progetti della generazione prima. Successivamente, forti della nostra esperienza nella progettazione dell’AC72 del Team New Zealand per la Coppa America del 2013, abbiamo deciso di introdurre i foil nella progettazione dei nuovi 60 piedi. Questi foil innovativi sono costituiti da tre parti: l’asse, la curva a gomito e la punta. La curva a gomito produce la spinta verticale e la punta la spinta laterale. Li abbiamo denominati Dalì in onore ai baffi del famoso pittore.

In tutta la fase di progettazione dei foil abbiamo collaborato con Len Imas, con il quale avevo già lavorato al progetto ETNZ, e con Romain Garo, per il calcolo in simulazione digitale della portanza e della resistenza. Per ottenere un buon compromesso abbiamo usato il VPP (Velocity Prediction Programme) sviluppato da Dan Bernasconi, mentre in contemporanea VPLP ha iniziato con gli studi nella galleria del vento. Inoltre io, insieme a Benjamin Muyl, abbiamo sviluppato un software a elementi finiti per valutare la solidità della barca.

Il nostro intento era di rendere la barca il più omogenea possibile cercando di prevedere l’incrementata violenza dell’impatto con le onde. Albero e chiglia sono state sistemate in una posizione più arretrata e la parte anteriore presenta un volume maggiore per compensare la spinta delle vele. I foils sollevano quasi totalmente la barca, abbiamo successivamente migliorato la performance rendendoli più sottili e meno impattanti con la superfice dell’acqua, sono le punte a fare la maggior parte del lavoro.
Gitana e St.Michel-Virbac si sono associate per la progettazione delle loro barche. Il piano di coperta è diverso dalla precedenti versioni, le attrezzature sono state abbassate e il pozzetto è quasi interamente al coperto. La nuova carena sfrutta al massimo la lunghezza perché non sempre viene sollevata dai foil, per esempio nelle andature di bolina. I nuovi standard IMOCA hanno inoltre diminuito il volume dei ballast, quindi la quantità di acqua imbarcata è diminuita.

Hugo Boss è stata progettata seguendo un programma estremo su indicazioni di Alex Thomson. I foil spingono la maggior parte del peso della barca. Quest’ultima risulta un po’ più stretta e quindi è necessario un maggiore impegno per trarre beneficio dal bilanciamento dinamico. Lo skipper deve essere sempre molto attento nel condurre la barca nel miglior modo (vele, angolo della chiglia, daggerboard). Le conclusioni, all’arrivo.

Ndr. In attesa della seconda parte con le conclusioni di Verdier, ormai tutti sanno che ha vinto Banque Populaire, ma la configurazione con i foil DSS (Dinamic Stability System, sono diversi da “quelli dei francesi”) uniti a una carena leggermente più stretta hanno dato la sensazione di essere più performanti. Ricordiamo infatti che Hugo Boss ha rotto il foil di dritta contro un oggetto non identificato (questo tipo di collisioni sono state la causa della maggior parte dei ritiri, anche di barche senza foil, su questo torneremo) dalla parti di Capo di Buona Speranza, navigando a performance ridotte mure a sinistra, percentualmente per buona parte della Vendée Globe.

A. M.

 

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