Il Sultano e gli illuminati di casa nostra, il Krugen Sailing Project

Editoriale

13/10/2017 - 16:42

Il Sultano e gli illuminati di casa nostra, il Krugen Sailing Project

Sono tantissimi gli appassionati che consultano PressMare perché sulle nostre pagine cercano e trovano tutti gli aggiornamenti della vela sportiva, i nomi delle barche che vincono le regate, le dichiarazioni dei team che le portano al traguardo, le ultime diavolerie che consentono di arrivare primi ecc.

Però la vela non è l’agonismo all’ennesima potenza, la tecnologia spinta ai massimi livelli, gli skipper preparati atleticamente come penthatleti… cioè non è solo questo e meno male, perché altrimenti sarebbe davvero un “gioco per pochi”. Lo spirito decoubertiniano dell’importante è partecipare, piuttosto, dovrebbe essere riscritto, secondo noi, sostituendo la parola importante con un concetto che possibilmente riesca a rendere con la dovuta enfasi aggettivi quali fondamentale, necessario, indispensabile, sempre riferiti alla pratica dello sport in senso lato. Vogliamo parlare del valore educativo dello sport per i giovani? Vogliamo ricordare gli aspetti legati all’integrazione sociale e culturale, al benessere fisico e psichico, alle proprietà terapeutiche ecc.? Si potrebbero scrivere pagine di motivazioni riguardo al perché fare sport fa bene e lo stesso quando si va nello specifico della vela, una disciplina che qualcuno vuol far passare come elitaria e che, invece, almeno per noi italiani affacciati sui nostri splendidi 8000 km di coste, dovrebbe e potrebbe essere realmente uno sport di massa. Come accade già in paesi tipo la Nuova Zelanda o come sta accadendo in Oman, una delle terre più aride del pianeta, aspra, fatta di deserto e montagne, all’estremo Sud-Est della penisola arabica, ma con tanto mare a disposizione.

Qaboos bin Said Al Said, il Sultano reggente in Oman, per molti versi illuminato, ha infatti dato il via a un’iniziativa che agli occhi dei più ha quasi dell’incredibile, cioè avviare i ragazzi omaniti, tutti, maschi e femmine, allo sport della vela, mettendo loro a disposizione le strutture - le scuole di vela disseminate nel paese - i mezzi - derive di tutti i tipi - e gli uomini - tanti istruttori e velisti professionisti anche di fama internazionale, che lavorano oggi in Oman – per dar loro una formazione basata sui principi di un’attività, l’andar per mare, che fonda le proprie origini nella storia - perché gli omaniti vantano una forte tradizione marinaresca - ma che soprattutto guarda al futuro. L’obiettivo del Sultano è quello di fare della vela uno “sport di massa” per trarne benefici culturali e sociali che portino a crescere velocemente un paese fino a pochi anni fa molto chiuso e arretrato; avere un ritorno di visibilità a livello globale dalle vittorie che le barche omanite agoniste stanno già ottenendo, capace di elevare la percezione dell’Oman e del made in Oman a livello globale; valorizzare l’offerta turistica omanita attraverso una disciplina diffusa e caratterizzante per tutte le sue coste, che può attirare flussi di appassionati, di un’utenza potenzialmente di qualità capace di portare soldi, benessere alla nazione tutta e attraverso ciò accrescere le opportunità di lavoro per tutti. Tutto ciò è sintetizzato in Oman Sail, iniziativa governativa nata nel 2008 che si prefigge di portare 70.000 bambini e ragazzi in barca – tutta la popolazione omanita è composta da circa due milioni di persone – e di approntare equipaggi che possano competere ai giochi olimpici di Tokio del 2020, anche femminili (pensare che nella vicina Arabia Saudita le donne nemmeno portano l’auto!).

Peccato che in Italia gli illuminati scarseggino, che certe visioni dello sport, della vela, della motonautica, del kayak o di qualsiasi altra attività sportiva legata al mare, restino appunto tali, dei sogni e nient’altro. Pensare a un progetto come quello ideato dal Sultano, qui da noi è probabilmente utopia anche per via dei numeri in gioco, siamo 30 volte di più, ma troviamo illogico che il supporto dello Stato nella diffusione della cultura nautica e delle discipline legate al mare, sia praticamente assente. Diamo merito alla Lega Navale Italiana di aver fatto il possibile e di adoperarsi ancora per come può, viste le sempre più scarse risorse di cui dispone, nell’avviamento dei giovani al mare, alla vela, ma meriteremmo ben altro, visto che siamo stati un popolo di navigatori e che navigatori. In tanti anni d’immancabili proclami politici ascoltati alla TV o letti sui giornali, ci fosse mai stato un accenno alla nostra cultura marinara e nautica, a come preservarla nella memoria dei nostri ragazzi e tramandarla nel tempo avvicinandoli al mare. Ci fosse mai stata un’istituzione che abbia inserito l’argomento nei programmi scolastici dei bambini, nei libri di scuola dei ragazzi, nei palinsesti culturali della TV pubblica. Da noi se non hai la fortuna di avere un padre, un parente o un amico che ti porta in barca, che ti fa capire cosa vuol dire andar per mare, cose vuol dire rispettarlo, cosa vuol dire praticare uno sport in mare, sei tagliato fuori, non c’è alcuno stimolo, non c’è una strategia o visione che ti aiuti e finisci col vivere il mare sul bagnasciuga, giocando a racchettoni.

Qualche giorno fa ci ha scritto su Facebook un ragazzo di Napoli che fa parte del Krugen Sailing Project, chiedendo visibilità fra le notizie che ogni giorno PressMare pubblica, ovviamente non per sé ma per il suo Gruppo.

“L’A.S.D. Krugen Sailing Project nasce dall'idea di giovani velisti napoletani con l’intento di promuovere e diffondere la vela e la cultura marinaresca. L'idea alla base del nostro progetto sta nel fatto che tutte le iniziative dell'associazione hanno l’intento di avvicinare quante più persone al mare e alla disciplina della vela. Il team svolge durante tutto l'anno un'intensa attività agonistica con partecipazione a regate locali nazionali e internazionali. Per scoprire e seguire il Krugen Sailing Project basta un like alla pagina facebook https://www.facebook.com/krugensailing

Grazie”

Cari amici di Napoli, siamo noi che dobbiamo ringraziare voi e non solo perché seguite quotidianamente l’attività della nostra Agenzia. L’impegno di gruppi e associazioni come la vostra, in Italia, resta purtroppo uno dei pochi modi per dare accesso al mondo della nautica da diporto, a quello delle regate, della vela sportiva, della navigazione. Per questo siamo noi che ci sentiamo in dovere di ringraziarvi per voler condividere la vostra cultura marinara, la vostra passione per lo sport, il vostro tempo libero, la vostra barca con chi non ce l’ha. Grazie per sostituirvi al lavoro di altri, grazie per l’idea e la visione illuminata dello sport e della vela che avete, grazie per la speranza che date a tutti nel veder perpetrata la voglia e la passione dell’andar per mare.

Noi di PressMare ci troviamo spesso coinvolti, sulla rete e lungo le banchine, in discorsi che riguardano la crisi della nautica in Italia, il fatto che si va poco per mare, che si vendono poche barche, che negli ultimi anni l’età media dei proprietari di un natante o di uno yacht si sia notevolmente innalzata. Insomma, del fatto che non ci sia un ricambio generazionale capace portare nuove leve alla nautica e quindi di dare nuova linfa mercato. Il nostro modo di dare le notizie, l’idea di proporre una chiave di lettura nuova e diversa dell’informazione, rendendola più veloce, incalzante e a 360° sul mare, vuole cercare di essere attraente anche per chi ha poco a che fare con le barche e senz’altro cercheremo di impegnarci di più in futuro soprattutto in questo senso. Ma è indubbio che non bastiamo noi come non bastano gli amici del A.S.D. Krugen Sailing Project per poter vincere la battaglia culturale necessaria affinché in Italia si torni a pensare alla nautica, innanzi tutto, e a farlo in senso positivo, per il puro piacere di godere il mare, l’acqua. Gli attacchi demagogici che ha subito il settore, divenuto un esempio negativo per le masse, fatto di personaggi loschi che fregano il prossimo e lo Stato, e poi se la godono in barca alla faccia dei pensionati scannati, ha fatto danni incalcolabili non solo a chi ha lavorato e investito nella nautica, ma a tutti. Aver fermato lo sviluppo di un’economia del mare forte, legata alle barche, al turismo, alle attività sportive che si praticano in acqua, ha impedito alla nazione di crescere economicamente e socialmente, per di più buttando alle ortiche un patrimonio culturale che difficilmente riusciremo e riprenderci. Almeno fino a quando resteranno così le cose, fino a quando non arrivi anche da noi un sultano illuminato.

 

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