Barche all'ormeggio

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Nautica: la vicenda dei Marina Resort. Assurda, letale, una cazzata!

Editoriale

13/10/2017 - 15:56

L’aliquota iva massima per la portualità turistica nell’Unione europea è del 10%, solo in Italia è del 22%. Questo allontana da anni dai nostri porti e darsene importanti e ricche correnti di turismo nautico che specie nel loro transito verso il Mediterraneo orientale preferiscono evitare soste in Italia. La legge quadro del turismo del 2001, che stabilisce per le attività del settore l’Iva al 10%, riconosce espressamente come tale anche la portualità turistica, che però è rimasta diabolicamente esclusa da tale aliquota e paga così più del doppio, penalizzando le nostre infrastrutture rispetto alla concorrenza mediterranea. E’ evidente che perdiamo così stupidamente da decenni preziose entrate e posti di lavoro.

Accogliendo le richieste del comparto, il Governo Renzi, nel decreto legislativo 133/2014, aveva corretto questo assurdo che ci penalizzava pesantemente e stabilito che nei marina resort previsti nel DL finalmente si applicasse l’Iva al 10%.

Tuttavia, come al solito in Italia, la mano sinistra ha cercato di distruggere quello che fa la destra e la Regione Campania ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale per una mera, ma per gli organismi regionali importantissima, questione di principio, giudicando scavalcata la sua competenza in merito.  Speriamo che dietro tale richiesta ci sia solo la volontà di difendere le proprie prerogative e non una motivazione politica contro le barche, perché il danno economico causato dalla demagogica politica applicata prima del Governo Renzi contro la nautica, nei vari anni ha causato allo Stato la perdita di decine e decine di miliardi d’entrate. La Corte - i cui componenti evidentemente non capiscono nulla di barche e di turismo nautico, e probabilmente lieti di dar torto a Renzi che vuole farli lavorare di più -  ha respinto il motivo fondamentale del ricorso, dichiarando che il Decreto Legislativo trattando il problema dal punto di vista fiscale era legittimo, ma accolto il prurito regionale campano, con il motivo che lo Stato non aveva concordato il provvedimento con la Conferenza delle Regioni.

E la validità produttiva e commerciale della nautica - che sopravvive esclusivamente con le esportazioni perché un governo precedente gli ha bruciato il mercato interno - viene un’altra volta punita. A questo punto, per salvare il salvabile non resta che la via politica e giustamente UCINA Confindustria Nautica e le associazioni professionali della portualità, Assomarinas e Assonat, hanno chiesto un incontro urgente con il ministro competente, quello delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Del Rio, il proponente della nuova normativa, che forse potrebbe concordare con Stefano Bonacini, Presidente della Conferenza Stato-Regioni, l’adesione al provvedimento, fondamentale per avviare la ripresa delle regioni marittime e lacuali. Ma subito, senza tentennamenti perniciosi.

L’auspicio è che attorno a questa assurda decisione, che fa un danno a tutti coloro che in Italia vivono di nautica, di barche e del turismo collegato, il comparto cioè tutte le associazioni di categoria in esso coinvolte, possa tornare a fare fronte comune, forte, per poter porre rimedio a questa decisione suicida per lo Stato.

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