Nautica: trascurare l'economia del mare è una bella cazzata

Nautica: trascurare l'economia del mare è una bella cazzata

La nautica deve essere un asset strategico per l'Azienda Italia, come accade ad esempio in Florida, ma anche nel resto dei paesi Mediterranei

Editoriale

13/10/2017 - 15:46

Chi ci segue ricorderà certamente la nostra affermazione sul positivo contributo che la nautica da diporto può dare alla ripresa e allo sviluppo dell’economia nazionale. In un recente passato, dopo i rapporti commissionati da Ucina a importanti istituti di ricerca, alcune università italiane, anche su nostro impulso, si sono dedicate allo studio del settore. E’ stato un passo importante, perché queste fonti non dipendenti da operatori e perciò al di sopra di ogni sospetto, sono state in grado di fornire dati eclatanti sulle potenzialità economiche del cluster nautico. Nel 2005-2006, infatti, fu stabilito e confermato che ogni euro investito nella nautica ne generava quasi cinque. Fu un momento importante: finalmente il valore della nautica non era più un dato astratto, era stato materializzato. La nostra più grande soddisfazione – noi sostenitori da sempre dell’economia del mare in un paese sempre più industrializzato - fu l’aver aperto la strada a considerazioni più vaste, che andavano al di là delle attività diportistiche, ma illustravano proprio il contributo che il settore dava in maniera significativa alle economie locali e, addirittura, più di 6 miliardi di euro di contributo al PIL. L’unico rammarico fu il ritardo e la parzialità di tale riconoscimento, perché, di fatto, si perseverò in una politica di contrasto anziché avviare quel riscatto amministrativo e programmatico, necessario per usufruire finalmente a vantaggio del paese delle potenzialità di crescita insite nella passione nautica, se ben indirizzata. Nel secondo dopoguerra, tutte le nazioni mediterranee avevano immediatamente individuato, nelle attività nautiche un mezzo di crescita sociale ed economica. Sarebbe bastato seguire l’esempio vicino e lampante della Francia, che aveva costruito porti turistici a tutto spiano e sostenuto gli investitori privati con opportune leggi, specialmente i costruttori di barche, aggirando con i suoi territori oltremare le normative fiscali europee. Fior di commissioni si recarono in Costa Azzurra e in Dalmazia a visitare le nuove infrastrutture, ma poi fu dato spazio, come al solito, soltanto ad alcuni investimenti immobiliari per benestanti, porti inavvicinabili per i comuni mortali, tanto che in genere tali costruzioni nazionali risultarono invise all’opinione pubblica. E qualcuno furbescamente ne ha approfittato, proponendo le barche come capro espiatorio ogni qual volta si sono toccate al ribasso le pensioni, il solito corollario che ancora perdura. Ma al di la del contributo al PIL, evidentemente oggi assai ridottosi rispetto all’inizio del nuovo millennio, la nautica offre tuttora notevoli opportunità, specie nella creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani, da parte dell’imprenditoria privata. La validità di questa nostra affermazione è testimoniata da un recente dato statistico riguardante l’occupazione elaborato dal Censis, su fonte Istat, e riferito da Confindustria Nautica al recente Salone di Genova: il moltiplicatore occupazionale della nautica da diporto è di 2,04, ma con l’indotto turistico che genera, sale a 7,90, il più alto di tutto il cluster marittimo. E quando si parla di turismo nautico, oltre che l'aspetto occupazionale, va anche sottolineato che si tratta di turismo di qualità, che porta soldi veri, tanti. Non vogliamo offendere nessuno ma puntare sul turismo pellegrino, quello dei torpedoni che invadono le nostre città, quello che riempirà Roma nell’inaspettato Giubileo che ci ha regalato Papa Francesco, quello legato alle organizzazioni ecclesiali, che spesso danno ospitalità in alberghi mascherati da convitti che manco pagano l'IMU, e non orientarsi sul turismo che arriverebbe in un'Italia strutturata "tipo Florida", dove la nautica è uno dei principali asset produttivi dello stato, ci pare una bella cazzata!

Caro Matteo Renzi non sarebbe ora di aprire gli occhi e agevolare almeno fiscalmente gli eventuali volenterosi investitori? Sono decenni che quando si parla di nautica la classe politica italiana colpevolmente sonnecchia o si gira dall'altra parte. Il tuo Governo ha l'occasione di dimostrare di essere diverso, quel Governo del fare di cui ci hai parlato ma che per quel che ci riguarda, per la nautica, ancora stentiamo a vedere.

Sono tanti i progetti potenzialmente utili per il nostro futuro e uno di essi, ripetiamo, è il rilancio, la reale valorizzazione delle nostre coste, iniziando dalla messa in sicurezza idrogeologica e ambientale, che già attirerà investitori e appassionati delle attività nautiche da tutto il mondo. Tanto è effettivo l’apporto economico della nautica che negli Stati Uniti d’America esiste addirittura un organo amministrativo federale che potenzia le infrastrutture costiere in funzione dell’evolversi della richiesta turistica e sportiva nei vari Stati. Ma là c’è la certezza delle norme e dei tempi, Pensate alle coste della Toscana, del Lazio, della Campania, del Veneto, già vocate alla nautica, se l’ente pubblico avesse semplicemente consentito all’investitore privato di operare, di investire.

L.P.

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