Fiart Forty

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Il Codice della Nautica dovrebbe eliminare il superfluo e, se non incentivare, almeno non ostacolare un possibile rilancio delle attività nautiche

Editoriale

13/10/2017 - 15:43

Riportare in barca i diportisti

La crisi che in questi anni ha colpito il settore nautico in maniera sicuramente più drammatica di altri comparti produttivi e commerciali, sotto la spinta della globalità ha generato anche un nuovo diportismo, più europeo che nazionale, pronto ad avvalersi delle normative più vantaggiose nei vari paesi della Comunità. Ci sono regole costruttive eguali per tutti, ma non leggi fiscali comuni né titoli professionali, patenti e formazioni univoche, che invece esisterebbero se al posto dell’Europa delle nazioni ci fosse quella federativa degli Stati uniti europei. La nautica, però, proprio per esigenze produttive e commerciali, è riuscita a crescere con una marcia in più rispetto ad altri settori e ora è frenata soltanto da normative decrepite ancora concettualmente legate al dominio dei mari e alla difesa delle coste, valori che oggi sono stati dissolti dal progresso tecnologico, specialmente militare. Se si guardasse al settore nautico con un’ottica adeguata ai tempi e meno burocratica, esso potrebbe contribuire al rilancio dell’economia europea ma specialmente italiana in maniera più importante di quanto si supponga. Per questo il Governo, e per esso il Ministero dei Trasporti chiamato ad aggiornare il Codice della Nautica, dovrebbe eliminare il superfluo e, se non incentivare, almeno non ostacolare un possibile rilancio delle attività nautiche, il che al momento può avvenire solo realizzando iniziative che riportino i diportisti sulle barche.

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