La ricerca e lo sviluppo delle forme della carena - parte 4

Didattica e tecnica

29/09/2017 - 19:10

Se a una nave oltre a dare una svasatura trasversale all’opera morta prodiera, mettiamo un bulbo  (Figura 14) anche piccolo, ma con una forma tale da creare una resistenza ad uscire dall’acqua, si avrà che la svasatura man mano che entra nell’acqua, con l’aumento rapido del volume, frenerà la penetrazione in acqua. Questi due effetti ridurranno l’angolo di beccheggio, quindi le accelerazioni, e, conseguentemente, gli eventuali imbarchi d’acqua  (Figura 12).

Figura 12- Figura 14
Figura 12- Figura 14

Tuttavia si può affermare che, solitamente, una buona forma idrodinamica di una carena con moderata formazione ondosa non richiede la presenza del bulbo, mentre questa è necessaria alla presenza di una notevole formazione ondosa dovuta alla distribuzione del volume o al tipo di “avviamento” delle forme di carena. Una buona forma idrodinamica vuol dire che, con la ricerca di carena, sono stati trovati dei validi coefficienti idrodinamici della carena. Infatti, la Figura 15 mette in evidenza come il coefficiente prismatico

Figura 15
Figura 15

 \(C_{p}= {\frac{\nabla}{A_{x}\cdot L_{WL} } }\)                  

 

AX = area della sezione maestra immersa

 

 

LWL = lunghezza al galleggiamento

 

 

 \(\nabla\)  = volume della carena

determina la distribuzione delle aree sulla lunghezza della carena e conseguentemente condiziona la forma della carena. Ovviamente per “avviamento” non s’intende quello geometrico ma quello idrodinamico. Infatti, se l’avviamento geometrico bastasse, il computer, con i programmi di avviamento delle carene, risolverebbe tutti i problemi. Purtroppo un buon avviamento idrodinamico dipende dalla bravura e dall’esperienza del progettista o dello specialista in architettura  navale (materia che riguarda lo studio della statica e dinamica di un galleggiante). Infatti, l’avviamento delle forme crea delle componenti di pressione e depressione agenti sulla carena, che generano un innalzamento oppure un abbassamento del livello dell’acqua, quando il valore della pressione subisce una variazione positiva oppure negativa.

Come già precedente detto, se i dati del problema-progetto (volume, peso, velocità) sono tali da indicare, da un punto di vista idrodinamico, la scelta della carena tonda, il progettista di una nave deve avere i seguenti fondamentali obiettivi:

  1.  far raggiungere alla nave una certa velocità, posta tra i dati di partenza del progetto, con la minima “spesa” di potenza possibile;
  2.  assicurare alla nave buone qualità di tenuta di mare (seakeeping);
  3.  assicurare alla nave una buona stabilità statica e di rotta oltre ad una buona manovrabilità.

Lo scopo che si deve perseguire nel determinare le caratteristiche geometriche della carena di una nave è quello di soddisfare le richieste del tema del progetto con il minore dislocamento (peso) possibile. Si deve fare attenzione a non equivocare e/o ritenere almeno ovvia, se non oziosa, la precedente affermazione. “Soddisfare la richiesta” significa procedere con equilibrio, proporzionare con giusto respiro, calcolare con i dovuti margini di sicurezza.

“Minore dislocamento possibile” è il compromesso tra le varie esigenze, spesso contrastanti, poste dal tema, senza che da questo compromesso risulti un impegno di volumi e di macchinari che male, o nulla, servono a soddisfare le richieste del tema stesso. Limitare il dislocamento non vuol dire “risparmiare” nella realizzazione del progetto, ma non “sprecare” volumi, aree e pesi, ovviamente senza ridurre la sicurezza, qualità fondamentale in mare. Infatti, per ridurre il peso di un’imbarcazione, ai fini della resistenza all’avanzamento (velocità) e/o ai fini dei costi, a volte si diminuiscono gli spessori del fasciame o delle strutture, pur rimanendo vicini o, addirittura, raggiungendo il limite massimo delle sollecitazioni ammissibili, si ha di conseguenza un minore margine di sicurezza strutturale, cosa molto più grave che avere un poco di peso in più, il che non è sinonimo di “spreco”. Quindi, stabilito il peso ed il volume, il progettista deve ottimizzare gli elementi da cui dipende il comportamento idrodinamico della nave, cioè la carena (scafo nudo ed appendici) e l’elica, rendendo la loro combinazione la migliore possibile.

La previsione del comportamento idrodinamico di una nave presenta ancora oggi notevoli difficoltà. Diversi metodi sono utilizzabili dal progettista:

  • uso di dati in vera grandezza relativi a navi similari già costruite;
  • uso di sistemi di calcolo matematici;
  • uso di modelli da sperimentare in vasca.

Figura 16
Figura 16

Precedentemente si è accennato alle condizioni di stabilità, alla necessaria stabilità metacentrica o stabilità statica che sono sintetizzati dall’altezza metacentrica trasversale che definisce la quantità  ( r-a ). La stabilità di una nave è la capacità di conservare la sua posizione di equilibrio, che è quella di nave diritta Possiamo dire che il valore di  ( r-a ) definisce la capacità della nave di resistere alle forze inclinanti e quindi di ritornare alla posizione diritta al termine delle forze inclinanti. Questo valore dipende dalla figura di galleggiamento, dalla disposizione dei pesi imbarcati e dalla posizione verticale del centro di carena Z(Figura 14). Infatti, il valore di  a  è determinato dalla differenza tra la posizione verticale del centro di gravità e quella del centro di carena (Figura 16). Perciò il coefficiente di finezza della sezione maestra, poiché influenza la posizione verticale del centro di carena Z(Figura 14), incide sulla stabilità statica della nave. Come si può appurare dalla formula, il coefficiente di finezza della sezione maestra

 \(C_{X}= {\frac{A_{x}}{B_{WL}\cdot T } }\)                  

 

AX = area della sezione maestra immersa

 

 

\(B_{WL}\) = lunghezza al galleggiamento

 

 

 \(T\) = immersione

determina la forma della sezione maestra bagnata. 

Figura 17
Figura 17

La Figura 17 mette in evidenza tre sezioni di carena tipiche estremizzate, dove

- la sezione S1 avrà un coefficiente di finezza CX = 1;

- la sezione S2 , realizzata con un arco di cerchio avrà un coefficiente di finezza CX = 0,78;

- la sezione S3 avrà un coefficiente di finezza CX = 0,5;

La carena delle imbarcazioni a vela che hanno sezioni simili a quella della sezione  S2  navigano con un beccheggio e rollio ridotto perché ci sono due forze contrapposte, quella della spinta del vento sulla vela e il peso della zavorra sotto la carena, forza che si oppone a quella del vento, che condizionano la navigazione dell’imbarcazione a vela quasi sempre abbattuta su un fianco  (Figura 18). Per questo penso che una simile carena, anche per altre cause che per motivi di spazio non elenco, non sia adatta ad una imbarcazione a motore.

Figura 18
Figura 18

 

 

 

 

   LEGENDA

 

\(A_{X}\)   = Area della sezione maestra immersa   

                        

   

 a     = Differenza tra la posizione verticale del centro di gravità e quella del centro di carena 

 
 

 \(B_{WL}\)= Larghezza al galleggiamento

 

 

 \(C_{p}\) = Coefficiente prismatico

   \( =\nabla / (A_{x}\cdot L_{WL} )\)

 

\(C_{X}\) = Coefficiente di finezza della sezione maestra

   \( =A_{x} / (B_{WL}\cdot T )\)

 

\(M\) = Metacentro

   

     

r = Raggio metacentrico trasversale

   

   

( r-a ) = Altezza metacentrico trasversale 

 

 

T = Immersione

  

 

\(Z_{C}\)= Ordinata centro di carena

  

 

\(Z_{C}\) = Ordinata centro di gravità

 

 

\(\nabla\) = Volume della carena

 

 

Le forme di carena e la posizione del centro di gravità quanto incidono sulla stabilità statica e conseguentemente sul rollio? Nella prossima parte dell’articolo si parlerà del periodo di rollio e della distribuzione delle masse.

Angelo Sinisi

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