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La ricerca e lo sviluppo delle forme della carena - parte 3

Didattica e tecnica

29/09/2017 - 19:15

Grafico tipico delle resistenze di una carena dislocante
Figura 8

Nella scelta di una carena è importante non solo la resistenza totale ma, anche, e forse più di tutti, quegli accorgimenti, dettati dall’esperienza, che condizionano in modo particolare il comportamento di una nave in navigazione.

Fino a ora abbiamo studiato le resistenze che incontra la carena durante il suo moto; vediamo ora le forme che meglio rispondono alle varie esigenze. Le forme, come già detto nelle precedenti parti dell’articolo, che una carena può assumere sono essenzialmente due: tonda o a spigolo. La carena tonda, detta carena dislocante, con l’aumentare della velocità, ha una resistenza d’onda superiore a quella di attrito (Figura 8).

Grafico tipico delle resistenze di una carena planante
Grafico tipico delle resistenze di una carena planante

Infatti, la curva caratteristica della resistenza d’onda, superata una certa velocità, presenta un andamento quasi verticale. In queste condizioni la carena tonda per guadagnare un nodo ha uno spreco enorme di potenza, per cui si adatta meglio alle basse e medie velocità. Viceversa, la carena a spigolo, raggiunte determinate velocità, ha una resistenza d’attrito che supera in modo sensibile quella d’onda (Figura 9). 

L’azione di una superficie planante è simile a quella di un cuneo forzato sotto un peso allo scopo di alzarlo. Una superficie planante inclina il suo piano forzando l’acqua in basso, e questa forza crea un campo di pressione che fa aumentare il livello dell’acqua ai lati della superficie stessa. Quindi, come il cuneo, la spinta dinamica, ad alta velocità, sostiene quasi l’intero peso delle barche plananti. In una carena a fondo piatto (Figura 10),

Schema della distribuzione della pressione sul fondo piatto di una carena planante
Schema della distribuzione della pressione sul fondo piatto di una carena planante

come su una piastra investita da un flusso d’acqua, l’andamento longitudinale delle pressioni spiega il naturale assetto appoppato degli scafi plananti. Il punto di ristagno, dove la pressione raggiunge il suo massimo valore, si trova subito dopo l’intersezione della superficie dell’acqua con il fondo. Mentre a poppavia del suddetto punto la pressione va via via diminuendo fino a raggiungere lo zero, a proravia una piccola quantità di liquido si muove in avanti formando il “baffo di prora”. Detto baffo allontanandosi dalla zona in cui è generato si trasforma in spruzzo.

La componente delle pressioni che si sviluppano sotto il fondo della carena planante, prima e dopo la linea di ristagno, è quella che si chiama generalmente spinta dinamica. Mentre lo scorrere via di una superficie planante in acqua tranquilla non può considerarsi un fenomeno d’urto, viceversa la caduta verso il basso della stessa, a seconda della velocità, può essere anche molto dannoso. Infatti, la superficie liquida è caricata così rapidamente che le forze di reazione che si sviluppano sotto la superficie planante sono molto grandi al punto da raggiungere il valore di forze d’urto che sarebbero oltremodo dannose alla struttura dello scafo. Per ridurre questo fenomeno si rende il fondo, particolarmente nella zona di prora, obliquo, in modo da avere sezioni trasversali aventi l’aspetto di una V.

Schema della distribuzione della pressione sul fondo a V di una carena planante
Schema della distribuzione della pressione sul fondo a V di una carena planante

La forma di carena bagnata di un’imbarcazione di questo tipo, schematizzata nella  Figura 11  e che si vede chiaramente nella  Figura 7, che naviga con un piccolo angolo di asseto longitudinale, incontra l’acqua con un punto della chiglia, che è il vertice della V del fondo. In questa zona si forma un’onda di prora di piccola entità. L’intersezione del livello dell’acqua calma con il fondo dello scafo si estende più o meno diagonalmente, secondo l’angolo della V del fondo, verso i lati e verso poppa, piuttosto che trasversalmente come nel caso del fondo piatto.

Da quanto premesso è possibile sommariamente dire che i fattori in gioco sono: peso, velocità, spinta dinamica e statica, angolo d’assetto longitudinale, superficie bagnata e resistenza al moto. Tutti questi fattori sono molto interdipendenti tra loro, e l’angolo d’assetto a sua volta dipende dalla posizione relativa, in senso longitudinale, del centro di gravità e del centro di pressione dinamica.

Per cui operando sulla dimensione e forma della superficie bagnata, che scivola sull’acqua, si ha la possibilità di aumentare la potenza e quindi la velocità. Quest’ultimo tipo di carena, detta carena planante, risulta perciò adatto alle alte velocità. Per i mezzi che per peso, lunghezza e velocità hanno caratteristiche intermedie tra una carena tonda e una planante, si adotta la carena semi-planante o semi-dislocante. Quest’ultimo compromesso, usato nei mezzi di piccolo tonnellaggio, comincia a essere preso in considerazione anche per le navi di grande tonnellaggio e la carena è definita DEEP-V. Tuttavia indipendentemente dalle forme di carena una nave deve mantenere la capacità operativa in condizioni di mare mosso. Tecniche sperimentali e teoriche sui movimenti della nave sono state sviluppate e applicate.

Il risultato di questo sviluppo della tecnologia del seakeeping è un più razionale approccio al progetto di una carena. Il termine seakeeping è usato per descrivere i movimenti e i fenomeni a essi correlati che interessano la nave in mare agitato. Un’imbarcazione per avere una buona capacità operativa, oltre a quanto detto, deve avere una buona manovrabilità e stabilità di rotta.

Una prua penetrante certamente fenderà l’onda con facilità ma non ha nessun freno sia a uscire dall’acqua sia a entrare, quindi nel beccheggio con altrettanta facilità aumenterà sempre più l’escursione dell’angolo longitudinale, per cui aumenteranno gli imbarchi d’acqua (Figura 12) e le accelerazioni a prora, che, certamente, non renderanno molto gradevole la navigazione. Questo fenomeno sarà molto più esasperato quando la lunghezza dell’onda è uguale a quella della nave. Infatti, nella Figura 13 si può notare che la nave nella posizione 2 si trova con la cresta dell’onda  A sulla poppa, per cui aumenta la spinta idrostatica verso l’alto sulla poppa e di conseguenza la prua scende mentre arriva la cresta  B. Nella posizione  3  la spinta verticale aumenta sulla prora mentre a poppa giunge il cavo (posizione  4) dell’onda con una spinta verticale in giù che aiuta la prua ad uscire dall’acqua e trovarsi nella posizione  1.

Prua con imbarco d'acqua (SAUNDERS). Grafico schematico del beccheggio.
Prua con imbarco d'acqua (SAUNDERS). Grafico schematico del beccheggio.

Cosa si può fare alle forme di prora per ridurre gli effetti negativi del beccheggio? Nella prossima parte dell’articolo si parlerà dei coefficienti di carena e della stabilità.

Angelo Sinisi

 

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