Intervista a Vittorio Bissarosulla

Intervista a Vittorio Bissarosulla

Intervista a Vittorio Bissaro sulla sua prima partecipazione olimpica

Sport

13/10/2017 - 17:22

Quali sono le sensazioni che si provano alla vigilia della prima partecipazione olimpica?

Ho voglia di garantire la miglior performance. Non sono particolarmente emotivo di carattere e le mie sensazioni sono simili a quelle provate prima delle altre regate di questo quadriennio. Considero i Giochi come uno degli appuntamenti importanti svolti finora, avverto la stessa pressione di due anni fa. Il risultato dipenderà da noi, il livello medio è altissimo, dovremo cercare di star davanti a tutti, ci sono tantissimi equipaggi forti, a partire dai francesi, i più costanti, ma abbiamo già dimostrato di saperli battere.

Come valuti la situazione a Rio tra inquinamento, virus Zika e criminalità?

Le informazioni che arrivano in Europa e soprattutto in USA dipingono una situazione fuori controllo che francamente non vediamo. Nei quattro mesi che abbiamo complessivamente trascorso laggiù non abbiamo avuto problemi fuori dalla media delle altre trasferte. Le acque sono certamente sporche, tuttavia mi preoccupa più l’aspetto tecnico di quello sanitario: banalmente, un sacchetto di plastica nel timone può mandare a monte il lavoro fatto in questi anni, ma è una variabile per tutti, noi ci stiamo allenando anche per queste evenienze. Del virus Zika parlano in continuazione i mass media, dando istruzioni alla popolazione per prevenirla e combatterla. La criminalità fa parte delle tensioni sociali di quel paese, ma a Niteroi, dove la FIV ha scelto di far base, noi giriamo tranquilli e non abbiamo mai avuto problemi. Bisogna evitare con attenzione le zone a rischio, quello si.

Sei arrivato alla vela relativamente tardi, regatando da subito sui cat. Qual è la tua visione della vela di oggi?

In effetti le mie prime attività agonistiche sono state lo judo e lo sci, la vela è diventata una realtà sportiva solo a 16-17 anni, prima andavo in crociera con la mia famiglia. Capitò che amici comuni con Lamberto (Cesari, il prodiere prima del quadriennio olimpico ndr) ci proponessero di andare su un Hobie 16, da lì sempre avanti sui cat, siamo arrivati a vincere il Mondiale junior Formula 18, classe nella quale abbiamo talvolta battuto grandi nomi dei multiscafi.

Come hai incontrato Silvia (Sicouri)?

Silvia navigava sull’ Hobie 16, ci siamo conosciuti anni fa sui campi di regata. Lei ha continuato in quella classe e ci siamo persi di vista ritrovandoci in università al Politecnico, siamo entrambi ingegneri. Abbiamo regatato assieme in più edizioni della Mille e Una Vela, la regata tra atenei che prevede la partecipazione con uno skiff progettato e costruito dagli studenti. Abbiamo vinto un’edizione con un progetto realizzato dalla facoltà d’ingegneria aerospaziale del Politecnico di Milano, frutto del lavoro di un team di circa venti studenti, di cui facevo parte anche io. I velisti invece non devono necessariamente essere della facoltà, ma noi eravamo già in casa: Silvia ha partecipato solo alle regate, lei è ingegnere gestionale.

Quanto costa una campagna olimpica e quale supporto si riceve dalla FIV?

Tutti i soldi che hai e pure un po’ di più! E’ difficile quantificare alcune voci di costo, come il responsabile della logistica che comunque è a carico della Federazione e condiviso con altri atleti. Non saprei dire qual è il budget finale, ma le maggiori difficoltà le abbiamo incontrate all’inizio del quadriennio. Non eravamo nessuno, i primi 9 mesi di campagna li abbiamo interamente pagati noi, dalle trasferte, al coach, ai materiali. Sono centinaia di migliaia di Euro a stagione, basti pensare all’allenatore che ti segue 200 giorni all’anno. La FIV inizia con le spese per le trasferte e l’allenatore in condivisione con altri, poi via via che i risultati arrivano il budget viene concentrato solo su alcuni atleti. Oggi la FIV paga il nostro coach Ganga Bruni, le trasferte e contribuisce per i materiali che restano per lo più a carico nostro. Qui interviene il Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, il corpo di Polizia Penitenziaria del quale facciamo parte: ci danno un aiuto importante, la barca su cui navighiamo ora è stata acquistata da loro. Nel Nacra olimpico ognuno regata con le proprie barche.

Come hai incontrato PROtect tapes e che materiali usi? Quali vantaggi danno?

Mi ero messo in contatto all’inizio, nell’ottica di gestire direttamente tutti gli aspetti dell’ottimizzazione, PROtect tapes è il riferimento per i nastri protettivi ad alte prestazioni. C’è stato subito feeling ed è nato questo rapporto di collaborazione. Usiamo i nastri in tutti i punti di scorrimento delle cime, per esempio sull’albero nelle aree dove scorrono le drizze. Sono prodotti utili nella preparazione e messa a punto della barca, dal Mask per proteggere le coppiglie e simili al Chafe sull’albero e in coperta. Sempre nel rispetto dei vincoli di stazza, utilizziamo i materiali PROtect a protezione del calettamento delle derive nello scafo, un punto davvero critico.

Programmi futuri sui cat foiling o addirittura in Coppa America?

Non penso che il mio futuro sarà lontano da questo mondo, sicuramente i foiling cat mi attirano molto, ma adesso c’è un obbiettivo concreto da affrontare, non mi sono fatto alcun programma post olimpico.

Pensi che il Nacra andrà subito verso il foiling?

Lo stanno valutando per il 2020, non ho un’opinione formata su questo, mi intrigherebbe. Al contempo penso che una barca olimpica debba essere versatile, come il Laser. La realtà olimpica stressa molto i materiali, oggi il Nacra 17 è tendenzialmente affidabile, sui foil non so come andrebbe, per esempio con onda e soli 17 piedi… Le condizioni di carico sarebbero nuove e si ripresenterebbe un nuovo quadriennio di test, cosa che favorisce l’equipaggio meglio strutturato, non tanto il velista migliore, scopo ultimo delle Olimpiadi.

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