Daniele De Tullio, Italia Yachts

Daniele De Tullio, Italia Yachts

Daniele De Tullio: Italia Yachts, di lusso e maledettamente veloci

Editoriale

27/01/2020 - 10:47

“Andare in barca a vela e per mare è una tradizione, una forte passione che ho ereditato dalla mia famiglia”. Chi parla è Daniele De Tullio, 39 anni, nella nautica da 31, quando si è avvicinato alla vela cominciando a regatare sugli optimist. Poi una lunga militanza nelle classi olimpiche quindi, nelle classi One Design IMS-ORC e Maxi. Oggi è il sales manager di Italia Yachts, cantiere nato nel 2011 a Chioggia, brand identificato come costruttore di barche a vela eleganti e veloci – i modelli oggi in produzione sono nove, dal più piccolo 9.98 al più grande 15.98, nella versione da crociera “Bellissima” e tre, 9.98, 11.98 e 14.98, con allestimento “Fuoriserie” da racer  – accomunate da un segno distintivo: sono tutte basate su scafi maledettamente performanti, tanto da riuscire a imporsi nel 2015, 2016 e nel 2019 ai campionati mondiali ORC e in diverse altre importanti regate.

Dallo sport all’imprenditoria nautica: Daniele De Tullio, quando è avvenuto il passaggio?

Ho iniziato a lavorare come professionista nel mondo della vela in uno scenario completamente diverso da oggi, prima della grande crisi del 2008. All’inizio come velista, poi ho lavorato nelle velerie - Banks, North Sails e Quantum ndr - quindi ho aperto una mia azienda lavorando per grandi gruppi dell'industria nautica e pian piano ho cercato di crescere.

Quali differenze sostanziali trova fra quel periodo pre-crisi e oggi?

A quel tempo le aziende lavoravano per soddisfare le richieste dei clienti, oggi i cantieri lavorano per creare i presupposti, la necessità di possedere una barca…

Oggi bisogna far venire la voglia di barca…

Esattamente, bisogna essere quasi dei mood maker, è necessario far venire fuori quella voglia di mare e di vela, che altrimenti resta sopita tra gli altri tanti interessi che spesso coinvolgono il potenziale armatore, e poi fare in modo che questi scelga la tua barca.

Perché la sua famiglia ha scelto d’investire proprio su Italia Yachts?

Non è stata una scelta di pancia, bensì molto ponderata. Da qualche anno stavamo pensando di creare un nostro brand, di fare impresa nella cantieristica nautica. L’intenzione era quella di costruire barche riconoscibili come prodotti made in Italy, realizzate in serie, curate sotto il profilo del progetto navale e quindi veloci, ma curate anche negli allestimenti, dal design "made in Italy", seguite da vicino, meticolosamente, in ogni fase della costruzione.

Insomma, il concept Italia Yachts…

Me ne sono reso conto quando con mio cognato sono diventato armatore di un Italia Yachts 12.98, una barca che sposava perfettamente le nostre idee. Ne avevo sentito parlare, ero curioso di provarla, per cui un giorno sono andato a Chioggia per un’uscita e ne sono rimasto molto colpito. Poi ho approfondito la conoscenza di Franco Corazza, il deus ex machina cui si deve la fondazione del cantiere, un uomo di grandissima esperienza di barche e di vela sportiva.

Il marchio ha sempre goduto di ottima reputazione, la percezione è che avesse successo, che vendesse bene le sue barche.

Quando siamo entrati nell’azionariato del cantiere lo abbiamo fatto in un momento in cui stava lavorando bene, ma era al massimo delle sue possibilità. Franco era molto concentrato sul prodotto, le sue barche erano ottime, ma per far crescere Italia Yachts serviva una nuova organizzazione, una struttura più ampia e per questo ci siamo legati.

Mi spiega meglio?

Nel mondo della nautica a un certo punto ti scontri con due realtà. In primis quella del mercato, rispetto al quale più cresci più hai bisogno di allargarlo, di trovare nuovi clienti. Quando si inizia l’impresa il mercato è molto circoscritto locale, regionale, poi però gli orizzonti si devono per forza espandere prima a livello nazionale e poi internazionale. Man mano che diventi più bravo più determinato, cerchi sempre delle opportunità che ti possano far allargare il giro d’affari. Ciò porta come conseguenza a scontrarti con scenari totalmente diversi, più ambiziosi, per i quali serve però maggiore organizzazione, una struttura aziendale di grande respiro, dove vengano inserite delle figure professionali di livello, ma anche un cantiere in grado di produrre di più. Bisogna fare le cose nel modo giusto, bisogna trovare un equilibrio, con la giusta pazienza e mentalità, altrimenti l’azienda in qualche modo soffre e non riesce a decollare.

La filosofia del prodotto Italia Yachts è rimasta però inalterata…

Assolutamente sì. Anche se il design Italia Yachts si è molto evoluto, i valori delle nostre barche sono sempre gli stessi, la base sulla quale abbiamo lavorato e continueremo a sviluppare mantenendo la nostra identità: vogliamo continuare a realizzare belle barche a vela fatte per navigare sicuri e veloci.

Alla luce delle recenti attività che avete intrapreso nel mondo, come la partecipazione ai saloni nautici d’oltreoceano, possiamo dire che in questo momento siete più interessati alla crescita del vostro mercato internazionale che a quella in Italia?

Assolutamente no. Noi ci chiamiamo Italia Yachts e il mercato domestico resta sempre e comunque fondamentale nelle nostre strategie. Un cantiere moderno oggi deve però saper avere una visione globale, realmente senza frontiere della propria attività, poi deve essere capace di agire nel migliore dei modi a livello locale. Ogni specifico mercato che affrontiamo cerchiamo quindi di studiarlo al meglio, per poter intervenire con strategie mirate, investendo e soprattutto cercando di farlo bene, senza buttare soldi al vento. Fortunatamente nella mia attività sono supportato da un team forte e coeso, degli ottimi professionisti che sentono molto l’appartenenza al marchio e questo è un valore aggiunto per il raggiungimento degli obiettivi.

Quali sono le differenze che ha rilevato fra il mercato Italiano e, ad esempio, quello americano?

È una differenza soprattutto culturale. Soprattutto in Italia lo yacht è uno status symbol, ritengo che quasi il 50% dei clienti comprino una certa barca perché vogliono possedere un marchio, a prescindere dalla qualità di quel modello. Per il cliente americano, invece, l’acquisto della barca è vissuto come l’appagamento di una necessità, deve rispondere esattamente alla sua istanza di come andar per mare, dell’uso che ne fa. È sicuramente un approccio diverso, culturalmente più pragmatico.

Il cliente statunitense, sicuramente, ha gusti e necessità diverse. Siete quindi in grado di fornire a ciascun mercato la propria barca?

Italia Yachts non si può certo definire un cantiere industriale, che fornisce una barca standard e assolutamente seriale. Oggi quando mettiamo in produzione uno scafo sappiamo esattamente dove andrà. Se ad esempio la sua destinazione sono gli USA, la barca verrà approntata direttamente con gli impianti per quel mercato e anche con un allestimento dedicato, più affine ai loro gusti. Hanno una cultura nautica che con il passare del tempo abbiamo imparato a conoscere meglio, anticipando ed evitando così le eventuali richieste di modifiche. Devo poi dire che gli armatori, anche se lontani, ci sentono vicinissimi, perché quando consegniamo loro una barca in loco c’è il nostro dealer, strutture e uomini in grado di erogare un servizio ottimale, perché formati da noi con la massima dedizione. Ciò li aiuta a divenire realmente padroni del mezzo. Diamo un supporto molto forte al quale loro rispondono con feedback molto costruttivi, che ci mettono appunto in grado di migliorare la nostra sensibilità verso la loro cultura. Ciò è accaduto con i nostri clienti americani, ma anche in Australia e in Giappone, dove abbiamo portato le nostre barche aprendo di fatto nuovi fronti per il mercato di Italia Yachts.

Sono numerosi i vostri armatori che acquistano le barche Italia Yachts perché hanno intenzione di partecipare a regate e soprattutto vincerle: che tipo di supporto date loro?

C’è innanzi tutto da dire che le nostre barche, anche nelle versioni “Fuoriserie”, più performanti, sono state progettate per dare subito il massimo feeling a timoniere ed equipaggio. La nostra Italia Yachts 11.98 che nel 2019 ha vinto il mondiale RORC a Sebenico, “Shugar 3”, ha sfoderato la sua straordinaria prestazione a pochi giorni dal varo, dopo una fase di messa a punto che per forza di cose è stata davvero breve. Questo grazie alla validità e preparazione dei nostri uomini, un team di professionisti che è stato creato per seguire da vicino la barca e il suo armatore, affinché il “tuning” complessivo possa far subito esprimere tutte le potenzialità a ogni scafo.

Ciò accade anche per le barche che vendete all’estero?

Abbiamo recentemente inviato una barca a un nostro cliente in Australia, non un professionista della vela sportiva ma un vero appassionato, che nelle sue intenzioni ha quella di partecipare anche alla Rolex Sydney-Hobart, magari alla prossima edizione, sperando di ben figurare. Lo stesso stiamo facendo con due clienti negli Stati Uniti, che parteciperanno al prossimo mondiale ORC e alla Newport/Bermuda. Anche se le barche sono dall’altra parte del mondo oppure oltre oceano, stiamo dando loro il massimo del supporto sin dal momento in cui gli scafi sono arrivati a destinazione.

Quanto conta a livello commerciale proporre barche che hanno le performance nel loro DNA?

È indubbiamente un grande fattore di distinzione che attrae molti armatori, anche quando scelgono le nostre barche nella versione “Bellissima” ovvero quelle dedicate alla crociera. Stessi scafi e quindi un livello di performance sempre di rilievo, ma interni da barca capace di esprimere pienamente le qualità tipiche del made in Italy.

Quelle delle barche belle e ben fatte…

Ogni esemplare viene seguito con la massima attenzione nella costruzione e nell’allestimento. Le barche Italia Yachts di oggi, nella visione che ho del brand, devono essere sempre più identificabili come prodotti d’eccellenza, performanti, accoglienti, eleganti, esclusivi. Lavoro ogni giorno affinché questo messaggio venga recepito in maniera inequivocabile, non a chiacchiere ma grazie al prodotto. L’accostamento che a me piace rispetto al mondo delle auto, è quello di riuscire a dare ai nostri clienti delle “Bentley del mare”, in grado di regalare emozioni al timone ma anche di coccolare gli ospiti che si trovino a bordo.

Quali sono i saloni nautici che ritenete maggiormente strategici nell’internazionalizzazione di Italia Yachts?

Di saloni nautici ce ne sono tanti, a mio giudizio troppi, per cui bisogna scegliere bene su quali investire anche perché la partecipazione a queste manifestazioni implica investimenti cospicui. Cannes è sicuramente un ottimo boat show, anche alla luce della nuova logistica con un’esposizione distinta fra barche a vela e a motore. Negli Stati Uniti abbiamo scelto Annapolis, sicuramente molto interessante per chi produce barche a vela, mentre in Australia andiamo al Sydney Boat Show.

Poi Genova e qui a Dusseldorf: mi dice qualcosa in più della vostra partecipazione al “boot” 2020? Avete esposto l’11.98: com’è stata accolta dal pubblico tedesco?

Innanzi tutto devo precisare che il “boot” è un salone assolutamente internazionale dove arrivano appassionati da ogni parte del mondo, per cui è diventato forse il più completo e interessante dei saloni. La nostra barca ha catalizzato l’attenzione di molti armatori che sono venuti a Dusseldorf ed è stata indubbiamente una cosa premiante per tutti noi, specie perché non è stato l’unico modello a riscuotere successo. Anche le barche più grandi della nostra attuale gamma, la 14.98 e la 15.98 sono state oggetto di trattative molto interessanti che ci rendono molto confidenti per il futuro.

Come vede il mercato del 2020?

Sostanzialmente allineato con quello dell’anno scorso, dovremo essere bravi noi a migliorare le nostre quote in un mercato dove la competizione si conferma essere molto alta.

 

 

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